In attesa di Giustizia

In attesa di Giustizia: Buon Compleanno

In chiusura del 2017 vanno sostanzialmente a sovrapporsi due ricorrenze, tra di loro complementari: il settantesimo anniversario della Costituzione e lo scioglimento delle Camere.

Ce n’è d’avanzo per festeggiare: intanto per il termine di una legislatura caratterizzata da un mezzo migliaio di “cambi di casacca” (come dire, grosso modo, che un parlamentare su due ha tradito il mandato degli elettori) e da una patologica forma di “premierato supplente”, visto che nessuno dei Presidenti del Consiglio succedutisi nel quinquennio risulta essere stato indicato dalle urne.
Se questo, in estrema sintesi e a tacer d’altro, era il quadro c’era poco da star sereni  e, in effetti, in materia di Giustizia non ci siamo fatti mancare nulla: dalle modifiche al processo penale contenute nel d.l. Orlando, approvato a colpi di maggioranza, alle norme sul cosiddetto omicidio stradale che rendono – tra l’altro –  preferibile confessare la volontà di investire un pedone per spezzargli i femori piuttosto che ammettere una distrazione alla guida; per fortuna qualche iniziativa dal sapore populista si è persa per strada e viene da pensare al disegno di legge sul reato di negazionismo o a quello per la modifica sulla legittima difesa.
Soprattutto – ed ecco dove si registra la complementarietà degli eventi – la riforma della Costituzione non ha superato lo scoglio del referendum ed oggi, grazie al buon senso dei cittadini, ne possiamo celebrare un compleanno importante coevo alla fine del mandato di coloro che ne avevano tentato una modifica tanto sostanziale quanto irragionevole.
“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, recita l’articolo 1 con terminologia da Patto di Varsavia, mitigato dagli articoli 41 e 42 che trattano della iniziativa economica e della tutela della proprietà privata di impronta chiaramente liberale; si riconosce Cesare Beccaria nell’articolo 27 che tratta delle finalità rieducative della pena e Camillo Cavour nell’articolo 7 dedicato alla “libera Chiesa in libero Stato”; la nostra Carta Fondamentale costituisce un perfetto paradigma di compromesso storico: le due anime dell’Assemblea, quella liberale-cattolica e quella comunista raggiunsero punte di straordinario equilibrio dando vita ad un elaborato che, a distanza di decenni, è ancora attuale e può – forse – richiedere qualche aggiustamento ma non merita di essere stravolto.
E non lo è stato: gaudeamus, igitur! La legislatura si è conclusa, la Costituzione (almeno quella, per ora) è salva: un punto a favore della Giustizia, perché tutti i diritti fondamentali del cittadino di fronte alla legge vi sono racchiusi e lo sono in canoni di chiarezza esemplare.
Ora si entra in campagna elettorale e  proprio la Giustizia (o il suo falso alter ego: la sicurezza) reciterà un ruolo di primo piano nei diversi programmi: vedremo come andrà a finire e, per quanto un livello molto basso della politica sia già stato toccato al peggio – purtroppo – non c’è limite.

Sfortunatamente, non sembra neppure che tra i candidati prossimi futuri vi saranno personalità come Einaudi, Croce, Calamandrei o Terracini ma, a prescindere dall’effettivo margine di scelta offerto dalla legge elettorale, il voto espresso consapevolmente e l’abbattimento del tasso di astensionismo costituiranno un passaggio democratico cruciale altrimenti di una classe dirigente inetta non saremmo ancora una volta vittime ma complici.

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