Attualità

La storia si ripete

Può sembrare paradossale introdurre in ambito economico il parametro temporale. Tuttavia talvolta questo può risultare indicatore delle dinamiche di crescita economica o di altri fattori. Seguendo questa approccio si consideri il tempo necessario per bere un caffè: in un bar mediamente affollato il tempo medio risulta di due minuti. Il prezzo pagato va da 1,10 a 1,30 euro, a seconda della località come della centralità del bar stesso. Risulta però illusorio credere che questo realmente sia il prezzo pagato in quel frangente di tempo dal consumatore italiano. Dal momento dell’ordinazione al momento della consumazione del caffè infatti il debito pubblico è aumentato di 252.000 euro, ad una cifra quindi di 2.100 euro al secondo. Quindi il fattore temporale, al di là delle cifre, ci dimostra come la questione debito pubblico risulti assolutamente la problematica principale ignorata da tutti i programmi politici elettorali che i partiti stanno presentando in queste settimane dimostrandosi assolutamente incapaci di affrontare la questione.

La storia ci insegna poi che questa situazione per molti fattori è simile a quella degli anni ’80, che culminò con il terribile quinquennio ‘87/’92 nel quale si assistette all’esplosione debito pubblico grazie all’intesa politica che prevedeva  per tutti i deficit degli enti locali e delle aziende a loro collegate la copertura finanziaria dello Stato. Una situazione talmente disastrosa finanziariamente e  politicamente che portò il governo amato nel 1992 ad un prelievo forzoso su tutti i conti correnti del 6×1000 al fine di cercare una nuova fonte di liquidità e che venne definito una “rapina di Stato”.

Può sembrare incredibile ora per i sostenitori dell’inflazione fiscale, come i ministri economici dell’attuale governo o gli economisti che incitano ad un uscita dell’Italia dall’euro – ed in questo ricordiamo gli esponenti della Lega e del Movimento 5 Stelle – come l’ancora di salvezza attuale del nostro sistema finanziario rappresentato da una massa debitoria che macina 181 milioni al giorno  sia rappresentato proprio dall’euro stesso. In questo contesto economico e valutario infatti l’unico modo nel quale la componente finanziaria mondiale può manifestare la propria mancanza di fiducia nel controllo dei conti statali italiani è rappresentato da un aumento dello spread esattamente come avvenne nel novembre 2011.

Un’azione assolutamente legittima e che non deve far credere a qualche tipo di complotto nei confronti dell’Italia in quanto si ricorda per l’ennesima volta che le regole le fanno i creditori e mai i debitori, che siano privati cittadini o stati nel loro complesso. Viceversa, se l’Italia dovesse rinnovare il proprio debito e pagare gli interessi con una valuta diversa dall’euro, la lira, nel giro di tre mesi si avvierebbe una spirale inflazionistica rispetto alla quale quella legata al mondo dell’economia jugoslava dominata da Tito e dell’America Latina, Argentina in particolare, risulterebbero assolutamente risibili.

Tornando quindi all’unione terribile dell’elemento economico a quello temporale è evidente come il debito venga percepito dall’intera classe politica come un fattore ma soprattutto come un elemento i cui costi non verranno assolutamente pagati dalla stessa classe politica ma semplicemente dai contribuenti elettori.

Il fatto poi che in nessuno di questi programmi elettorali esista un vero e proprio approccio allo sviluppo delle nostre PMI e tantomeno nessuna politica che faciliti gli investimenti, come del resto l’uscita da ogni classifica di attrattività di investimenti dell’Italia dimostra, testimonia e certifica l’assoluta miopia delle politiche economiche degli ultimi trent’anni, espressione di governi assolutamente incompetenti.

Il debito si può ridurre in molti modi: attraverso l’inflazione, che determina automaticamente una perdita di capacità di acquisto dei contribuenti molto cara, e ministri tecnici dell’attuale governo (paradossale poi se questa risulti legata ad un aumento della pressione fiscale), oppure attraverso l’introduzione di una valuta debole la quale nel giro di sei mesi annullerebbe tutti i risparmi della classe media italiana.

L’unica soluzione è quella di ridare sviluppo e slancio all’unico fattore che crei valore aggiunto,

cioè il settore industriale ed in particolare quello delle PMI, molto forti nel prodotto e probabilmente un po’ meno per quanto riguarda la propria internazionalizzazione e la gestione manageriale. Un settore comunque che nella sua articolata complessità, composto da piccole, medie e grandi aziende, deve ritrovare dal canto proprio una nuova capacità di liberarsi dai giochi politici nei quali troppo spesso i vertici di Confindustria si sono avventurati e tornare all’orgoglio di essere industriali. Le politiche fiscali e monetarie possono o potrebbero ottenere un qualche risultato solo ed esclusivamente se successive ad un rinnovato controllo della spesa pubblica e di conseguenza della creazione nuovo debito pubblico.

Negli anni ‘80 si diceva che la politica rappresentava una tassa occulta dell’attività delle imprese.

Ora probabilmente la stessa politica rappresenta una delle cause dell’incapacità di trovare nuovo slancio per un settore come quello del made in Italy che presenta delle potenzialità inespresse assolutamente incredibili.

N.B. Una piccola nota aggiuntiva di colore: nei tre minuti che a voi avete gentilmente dedicato alla lettura di questo mio intervento il debito risulta aumentato di 378.000 euro.

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