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Angela Merkel di nuovo cancelliere per il sì dei socialdemocratici alla «grande coalizione»

Il sì degli iscritti all’SPD (socialdemocratici) è finalmente arrivato: si farà la «grande coalizione» e Angela Merkel sarà cancelliere per la quarta volta. Non era scontata questa soluzione. Subito dopo le elezioni del settembre 2017, dalle quali tanto la CDU quanto l’SPD sono usciti scornati, perdendo quasi 15 punti percentuali, a favore del partito nazionalista di destra, l’ipotesi dell’alleanza socialisti-democratici cristiani era da scartare perché l’SPD riteneva che la sua sconfitta fosse da addebitarsi proprio al fatto d’aver governato con la Merkel. Schulz era stato categorico: mai più con la Merkel! (Mai dire mai in politica!) Ma dopo il fallimento del tentativo di formare il governo con i liberali ed i Verdi, anche per le pressioni esercitate sull’SPD dal presidente della Repubblica Steinmeier, contrario all’instabilità e a nuove elezioni, l’ipotesi di un ritorno alla grande coalizione si è ripresentata. I negoziati tra SPD e CDU hanno faticosamente ripreso, tra lo scetticismo di una parte importante degli iscritti all’SPD, capeggiata dal presidente del movimento giovanile. Il negoziato è stato faticoso, ma produttivo. Si è giunti ad un accordo, contenuto in 177 pagine, che ha conferito all’SPD il ministero delle Finanze, regno incontrastato ed austero fino ad allora del ministro CDU Schauble, e il ministero degli Affari Esteri. Due ministeri chiave che potrebbero permettere ai socialdemocatici di caratterizzare a loro favore la politica tedesca. Il merito di questo successo, bisogna riconoscerlo, va a Schulz, che è diventato invece la sola vittima di questa situazione. Era previsto come ministro degli Esteri nel nuovo governo, data la competenza acquisita nello svolgere la funzione di presidente del Parlamento europeo per ben due mandati, era presidente dell’SPD, eletto un anno fa all’unanimità, è stato il firmatario del difficile accordo con la Merkel, ma proprio per questo, paradossalmente, ha pagato il prezzo più alto: essere escluso da ogni incarico e uscire umilmente di scena. Se si farà il nuovo governo, come è certo, espressione della Grande coalizione, quindi dell’accordo firmato con Schulz, il successo andrà a beneficio del nuovo commissario dell’SPD, Olaf Scholz, già borgomastro di Amburgo e ministro del lavoro, ora designato come nuovo ministro delle Finanze al posto di Schauble. A lui l’onere di garantire capacità e visibilità all’SPD all’interno della Grande coalizione, onde evitargli una perdita di identità e ridurre ancora di più il consenso da parte degli elettori, come temono gli iscritti che hanno votato «no» al referendum sull’accordo, che oltretutto ha anche il merito di aver evitato un secondo turno elettorale e di garantire la stabilità, tema sacro per i tedeschi. La Merkel sarà cancelliere per la quarta volta, anche se la sua immagine e la sua credibilità sono state intaccate dal fallimento del primo negoziato con i Liberali e i Verdi e dalle concessioni, quasi obbligate, fatte all’SPD nel secondo. Oltre alla politica interna, la Merkel deve salvaguardare i rapporti con il presidente francese Macron, per assicurare che Francia e Germania possano operare di comune accordo per realizzare le riforme europee, o parte di esse, già enumerate da Macron nell’ormai famoso discorso della Sorbona del 26 settembre dell’anno scorso. Una nuova Europa è necessaria. Si tratta di mettere nuovamente in moto quella che c’è e di realizzare quei nuovi indirizzi che incontrino il consenso degli europei e battano sulla breccia quei movimenti populisti che s’affermano un po’ dovunque in Europa e che si prefiggono di far uscire dall’Euro i loro Paesi, se avessero la ventura di giungere al governo. Una Merkel forse indebolita in Germania, ma che ha tutti i numeri per rafforzarsi in Europa se anche l’SPD sarà d’accordo. Questa conferma della Grande coalizione è anche una garanzia di stabilità, dunque, non solo per la Germania, ma anche per l’Europa. Una Germania debole ed instabile è una minaccia per il processo d’integrazione europea e mai come ora, invece, l’Europa ha bisogno d’essere presente e protagonista sulla scena mondiale.

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