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Bitumificio del Parco del Trebbia atto II: ricorso al Consiglio di Stato contro il verdetto del Tar

I cittadini di Gossolengo che aderiscono al comitato No al bitumificio, sì al Parco del Trebbia faranno ricorso al Consiglio di Stato per provare a rovesciare la sentenza del Tar di Parma che a gennaio ha dato loro torto.  Fattisi i conti in tasca in un’apposita riunione (il primo ricorso ha comportato esborsi per circa 19mila euro, a fronte di una raccolta fondi di circa 20mila euro, il verdetto di primo grado comporta il pagamento di spese anticipate dalla controparte per oltre 7mila euro) hanno deciso che il gioco vale la candela. Soccombere anche in secondo grado comporterebbe un ulteriore costo di 20-25mila euro, ma lasciar spirare il termine del 13 aprile senza proporre appello significherebbe rassegnarsi alla perdita di valore dei propri immobili e a un degrado ambientale nocivo per la propria salute. Ipotesi queste di fronte alle quali è maturata appunto la decisione di continuare il percorso giudiziario affidato agli avvocati Soncini e Sironi.

Presa la decisione, il conseguente ricorso sarà accompagnato dalla diffida alla Provincia di Piacenza a controllare che venga effettivamente implementato il PSQA, il piano di riqualificazione ambientale che sosteneva le ragioni del bitumificio si è affrettato a predisporre e presentare in pendenza del giudizio davanti al Tar così da ottenere (come è stato) un verdetto favorevole al bitumificio stesso. Davanti al Consiglio di Stato, quanti si oppongono al bitumificio sosterranno anzitutto che la sentenza del Tar vada riformata proprio perché troppo accondiscendente verso la controparte, sosterranno cioè che aver predisposto quel PSQA, l’unico a essere stato predisposto tra 36 analoghi piani che dovevano essere approntati, senza averlo però implementato rappresenta di per sé, contrariamente a quanto deciso dal Tar, motivo sufficiente per decretare l’alt al completamento e all’entrata in funzione dell’impianto in via di realizzazione.

L’appello peraltro riproporrà in toto le contestazioni già avanzate in primo grado, lamentando che il Tar abbia dato un’erronea valutazione ad esse (e che in un caso si sia proprio scordato di prendere in considerazione quanto evidenziato dai ricorrenti). In parallelo all’obiezione sul PSQA verrà quindi ribadito che i dati dell’Arpae non possono giustificare l’impianto non perché in sé fasulli (nessuno obietta questo) ma perché rilevati troppo lontani dal luogo ove il bitumificio è ubicato (ciò che, si lamenta, il Tar ha dimenticato di prendere in considerazione), che la cava accessoria al bitumificio è stata autorizzata prima dell’impianto stesso (e non viceversa, come si evince dalle motivazioni data dal Tar alla propria sentenza), che il rischio idrogeologico legato alla struttura è tutt’altro che fugato (anche su questo il Tar ha deliberato in maniera opposta). Infine, ciò che può consentire come extrema ratio di adire la Corte di giustizia europea, il comitato contesterà di fronte al Consiglio di Stato l’interpretazione che il Tar ha dato, anzitutto in termini di gerarchia delle fonti normative, del decreto ministeriale e delle direttive europee applicabili alla vicenda.

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