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I PIR: conoscerli per investire in modo consapevole

Approdati sulla scena italiana con la legge di bilancio per il 2017, i PIR possono rappresentare una valida alternativa per i piccoli risparmiatori italiani. A più di un anno dal loro varo, ai più sono ancora sconosciuti in tutto o in parte comportando potenziali distorsioni nel loro utilizzo. Cercheremo, con questo breve intervento, di colmare tale lacuna tratteggiandone i caratteri salienti, evidenziandone le opportunità e i rischi.

Innanzitutto, sebbene per il nostro Paese rappresentino una novità, lo stesso non può dirsi in termini assoluti avendo noi mutuato l’istituto da Paesi stranieri quali la Francia e il Regno Unito dove strumenti analoghi hanno visto la luce parecchi anni or sono. I Piani Individuali di Risparmio, da cui l’acronimo PIR, dovrebbero consentire di veicolare una parte del risparmio delle famiglie verso le aziende a media capitalizzazione operanti in Italia con un duplice obiettivo: incentivare il risparmio e garantire risorse finanziarie alle PMI italiane, notoriamente sottocapitalizzate e dipendenti dal sistema bancario, che sono state particolarmente sferzate dagli anni di crisi e dal protrarsi dei fenomeni di credit crunch che hanno caratterizzato l’ultimo lustro.

I PIR sono quindi un “contenitore” che raccoglie al suo interno investimenti in strumenti finanziari qualificati. Il contenitore può assumere svariate configurazioni: OICR, fondo comune, assicurazione…; gli strumenti finanziari raccolti al loro interno vengono definiti “qualificati” se rispettano determinati parametri. A questo punto l’algoritmo è completo e discendono importanti agevolazioni fiscali: detassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria.

I soggetti beneficiari della disciplina di favore sono le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato italiano che detengono le partecipazioni nel PIR non in regime di impresa (detto in altri termini: i risparmiatori italiani).

Quanto agli aspetti oggettivi, il PIR per essere “conformi” alla normativa e garantire i benefici fiscali deve rispettare i seguenti parametri:

  1. L’importo che il risparmiatore destina al PIR non può eccedere i 30.000 euro annui fino alla somma complessiva di euro 150.000;
  2. L’investimento deve essere mantenuto per almeno 5 anni. E’ possibile disinvestire durante l’holding period purchè si proceda a reinvestire in uno strumento qualificato entro i successivi 90 giorni;
  3. Il patrimonio complessivamente investito dal PIR per almeno 2/3 dell’anno deve rispettare i seguenti vincoli di destinazione:
    1. Almeno il 49% in strumenti finanziari qualificati (equity o debt) di imprese residenti in Italia o in stati membri UE o in Stati SEE con stabili organizzazioni italiane;
    2. Almeno il 21% in strumenti qualificati di imprese italiane non negoziate nel FTSE MIB (o indici esteri equivalenti) o di imprese estere (UE o SEE) con stabili organizzazioni in Italia;
    3. Il restante 30% può essere investito anche in strumenti non qualificati di imprese estere (UE o SEE) anche senza stabile organizzazione in Italia.
  4. Le somme o i valori destinati nel piano non possono essere investiti per una quota superiore al 10% del totale in strumenti finanziari di uno stesso emittente o stipulati con la stessa controparte o con altra società appartenente al medesimo gruppo emittente.

Da un punto di vista squisitamente pratico, il risparmiatore, per investire in PIR dovrà rivolgersi ad un intermediario abilitato (banche, assicurazioni, OICR) che possa garantire l’applicazione del regime fiscale del risparmio amministrato. Tipicamente le somme saranno segregate e investite nel rispetto dei vincoli illustrati. A questo punto, essendo il PIR conforme, consentirà, alla maturazione del quinquennio, di conseguire l’esenzione dalle imposte sui redditi di capitale o sui redditi diversi realizzati (l’eventuale decesso del risparmiatore durante l’holding period non comporta la tassazione dei redditi maturati sino alla data di apertura della successione).

Non di poco conto sono quindi le agevolazioni concesse considerando che l’imposta sostitutiva su questo tipo di redditi è del 26%. Se ciò è vero, per valutare attentamente la reddittività con strumenti alternativi, occorre contrapporre i rendimenti (netti per definizione essendo esclusi da imposte) ai costi complessivi di gestione che possono raggiungere soglie significative (i valori medi sono: commissione di gestione 1.5%, commissione di ingresso del 2.5% – fonte sole 24 ore 12 febbraio 2018) per non parlare delle commissioni di performance che, laddove previste, si attestano in un range compreso tra il 10% e il 20%.

Un altro aspetto che il risparmiatore deve attentamente ponderare è il circoscritto perimetro di investimento del PIR che comporta un’elevata concentrazione del rischio in una circoscritta area geografica. A tale proposito, per una corretta diversificazione del rischio del proprio portafoglio, sarà opportuno affiancare altri strumenti finanziari in grado di bilanciare opportunamente l’esposizione.

Si segnala ancora come non sia imposto dalla legge nessun obbligo di disclosure alle aziende target con riferimento ai propri programmi di investimento. Lacuna, questa, che sarà necessariamente colmata dal mercato che, efficientemente, privilegerà gli investimenti nelle realtà sane, maggiormente competitive, che garantiscano visibilità sui propri programmi di investimento, sui propri budget e sui relativi scostamenti con i risultati conseguiti. In pratica sarà verosimile che i gestori dei PIR analizzeranno con attenzione le prospettive delle varie aziende privilegiando gli investimenti in quelle con maggiori rendimenti attesi.

Anche le aziende di medie dimensioni dovranno quindi aggiornarsi per poter beneficiare dei capitali esterni che i PIR potranno apportare realizzando, in maniera compiuta e definitiva, quel salto di qualità “manageriale” che, ancora oggi, in alcune realtà del nostro Paese manca.

Per concludere: bene i PIR che consentono di convogliare risorse alle PMI, opportunità per i risparmiatori che possono beneficiare di risparmi di imposta, ma non si lascino, questi ultimi, abbagliare e confrontino i rendimenti attesi con i costi e soprattutto non dimentichino il rischio, più o meno elevato, insito in questi strumenti finanziari.

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