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Il sorpasso

Una strategia economica suicida che non ha mai posto al centro della ripresa economica lo sviluppo dell’economia industriale ha conseguito, purtroppo,come inevitabile risultato il sorpasso della  Spagna nel calcolo del Pil e del reddito pro capite. In questo senso infatti andava interpretato il differenziare di spread tra l’Italia e la Spagna (ormai consolidato da molte stagioni) il quale invece in Italia dai dotti economisti, sia liberisti che conservatori o massimalisti, veniva interpretato come una mossa speculativa della perfida Finanza. Come non ricordare la contesa mediatica che vedeva anni addietro il primo ministro Prodi guerreggiare con Zapatero quando il secondo affermava di aver superato il PIL italiano. A distanza di una ventina d’anni purtroppo l’inefficienza come i limiti culturali di una classe politica incompetente unita ad una politica fiscale suicida senza una minima visione strategica espressa da tutti i governi degli ultimi vent’anni hanno portato a questo terribile risultato.

Un “traguardo” attribuibile ad  un ceto politico che ha sempre favorito le clientele, i gruppi elettorali e di appoggio penalizzando professionalità, competenze esterne ed interne alla pubblica amministrazione. Ancora oggi infatti si continua a intravedere dal recupero dell’evasione fiscale la leva per riportare in equilibrio i conti finanziari e soprattutto del debito pubblico quando invece tutti gli studi economici individuano nella inefficienza della pubblica amministrazione la ragione principale del nostro declino.

Una logica economica e soprattutto fiscale che ha sempre individuato prima nel commercio indipendente, successivamente nelle PMI, delle fonti di semplice evasione fiscale e non fornitori di percentuali importanti del PIL e quindi di ricchezza ed occupazione. Da allora ad oggi il mondo è radicalmente cambiato come la classe politica che ha governato la Spagna. Questa stessa considerazione non si può esprimere certamente per quanto riguarda l’Italia.

Basterebbe questo triste risultato perché la classe dirigente, a cominciare Confindustria, assieme a tutti i partiti politici e le associazioni di categoria, compresi i sindacati, e non ultimo il mondo accademico che ha sempre dimostrato la propria miopia nell’elaborazione di queste strategie economiche che hanno ottenuto questo disastroso risultato, a dover  indurre, come atto di una rinnovata presa di coscienza nazionale, a rassegnare le proprie dimissioni per manifesta indegnità  ed incompetenza. In un paese che perde posizioni di importanza economica questo rappresenterebbe il primo argomento relativamente alle consultazioni ed ai programmi di un governo nascente.

Viceversa il mondo politico unito al sistema mediatico si preoccupano dei veti incrociati, espressione di personalità politiche che esprimono in questo modo la propria incapacità nell’elaborazione di visioni complessive.

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