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Mentono spudoratamente

Mentre credi di scusarti, ti accusi
San Girolamo; Lettere

Quello di dire bugie, senza batter ciglio, sembrerebbe essere un distintivo vizio del primo ministro albanese. Lo ha dimostrato, per l’ennesima volta, anche domenica scorsa a Torino. Ospite al Salone del Libro per una sua presentazione, veniva contestato da alcuni suoi concittadini presenti. Con dei volantini in mano, denunciavano la connivenza tra la criminalità organizzata e il potere politico in Albania. Una volta allontanati i contestatori dalle forze dell’ordine, il primo ministro ha mentito di nuovo spudoratamente, come suo solito, quando si trova in difficoltà. Come se niente fosse ha detto che ”il fratello del [attuale] ministro degli Interni è in galera, arrestato dalla polizia” (Sic!). Mentre tutti sanno in Albania e non solo che il fratello dell’attuale ministro degli Interni è un libero e potente imprenditore sul quale grava una condanna di forma definitiva della Corte di Cassazione italiana del 12 settembre 2012, mai eseguita, per traffico internazionale di stupefacenti. Semplicemente perché il fratello del ministro, cambiando il nome, ha goduto sempre della protezione di suo fratello, potente politico, fedele e molto vicino al primo ministro.

In Albania dal 2013 ad oggi i due titolari del ministero degli Interni, che come obbligo legale ed istituzionale, per antonomasia, hanno la lotta contro la criminalità, sembrerebbe siano legati alla criminalità tramite stretti parenti e altro. Tutti e due sono stati scelti, e in seguito protetti, costi quel che costi, dal primo ministro. Del primo il lettore de “Il Patto Sociale” è stato informato continuamente, anche la scorsa settimana. Del secondo, lo scandalo, riaperto negli ultimi giorni, nel quale sembrerebbero coinvolti lui e il suo fratello, è tuttora in corso. Ma per il momento si potrebbe, per lo meno, fare una semplice riflessione. Come mai il primo ministro, in seguito a continue denunce pubbliche, sia dell’opposizione che dei media, avendo l’obbligo di verificare tutto, ha cercato invece, come suo solito, di nascondere questa allarmante e grave realtà?!

Due anni fa lui, cercando di difendere l’attuale ministro degli Interni, allora presidente della Commissione parlamentare per la Riforma della Giustizia, gridava contro il suo predecessore, l’ex primo ministro (2005 – 2013), accusandolo di aver creato una falsa storia nei riguardi del fratello del ministro. Allora la considerava “Una storia con droga dal Venezuela, per il padre di due bambini (il fratello del ministro; n.d.a.) che fa il suo lavoro onesto”. Ma che aveva, secondo il primo ministro, una sola colpa: quella di essere “il fratello della persona che dirige la Commissione parlamentare per la Riforma [della Giustizia] più importante e più difficile in questi ultimi 25 anni”. Dai documenti, compresa anche la delibera della Corte di Cassazione italiana, presentati la scorsa settimana dai rappresentanti dell’opposizione, risulterebbe però che oltre al Venezuela ci sarebbero anche altri paesi dove il fratello del ministro avrebbe esercitato la sua attività di trafficante di stupefacenti.

Una difesa, quella del primo ministro, che è seguita anche giovedì scorso durante la seduta plenaria del parlamento, e dopo che l’opposizione aveva reso noti i documenti che incolperebbero, senza equivoci, il fratello del ministro. Il primo ministro, come spesso, anche in questo caso, ha abusato con la mancata reazione dell’ambasciatore statunitense, dicendo che se ci fosse stata qualcosa di vero sul fratello del ministro e del ministro stesso, allora “…avrebbe parlato il nostro prezioso amico e [ben] presente nel nostro ambiente: l’ambasciatore degli Stati Uniti.”! Lo ha fatto anche in precedenza, usando “il silenzio” dell’ambascitore statunitense e/o quello della rappresentante dell’Unione europea a Tirana, quando si è trovato di fronte a situazioni imbarazzanti e difficilmente difendibili. Ma questa volta l’ambascitore non ha fatto “la sua spalla”. Ha reagito subito, contraddicendo quanto aveva detto il primo ministro e dichiarando che “gli Stati Uniti d’America stanno seguendo [e analizzando] le accuse” relative al fratello del ministro degli Intenri e che il primo ministro “parli [soltanto] a nome suo, mentre noi [Stati Uniti] parleremmo a nome nostro”! Essendo la prima volta che da parte dall’ambasciatore statunitense arriva una simile reazione, tutto fa pensare ad una cosa che supera alcune persone, nonostante esse siano un primo ministro, un ministro degli interni e/o altri.

Questo per quando riguarda lo scandalo in pieno sviluppo, che coinvolgerebbe l’attuale ministro albanese degli Interni. Proprio quel ministro, che durante la prima seduta dell’attuale legislatura, il 12 settembre 2017 in Parlamento, cercava di nascondere la verità riguardante il suo fratello. In quell’occasione, parlando in politichese, diceva “…sono pronto, in ogni tempo, ad affrontare le mie responsabilità. Non intendo però replicare al vostro (dell’opposizione; n.d.a.) tran tran da quindici anni ormai… che si ripette ogni volta siete costretti ad attaccarmi politicamente”. Mentre dai documenti presentati la scorsa settimana dall’opposizione, risulterebbe, tra l’altro, che l’attuale ministro degli Interni, nel marzo 2017, nella veste di presidente della Commissione parlamentare per la Riforma della Giustizia e abusando di quel potere istituzionale, avrebbe falsificato un articolo di una proposta di legge, approvata dalla maggioranza parlamentare. E guarda caso, si tratterebbe di un articolo del nuovo Codice Penale, approvato nell’ambito della Riforma della Giustizia, che scagionerebbe il fratello del ministro, sia dalla possibilità di essere estradato in Italia per scontare la pena di sette anni e due mesi, che per scontare quella pena in una prigione in Albania. Ad ora nessuna plausibile e convincente smentita dal diretto interessato. Che sarebbe, in realtà, una missione molto difficile, perché i documenti sembrerebbe non lasciano spazi per tergiversare e mentire. Lo stesso ministro, mercoledì scorso però, dopo le prime sopramenzionate accuse dell’opposizione, non ha potuto più negare la verità del fratello trafficante. Lui ha ammesso finalmente che la storia di suo fratello, “legata ad una vicenda del 2002, quando lui era un 25enne trovato nel posto sbagliato e in compagnia delle persone sbagliate, non implica né ieri e né oggi il governo del quale faccio parte. Quella è stata e rimane una sua e soltanto sua storia personale”. Non ha potuto e, ovviamente, non ha voluto dire che il ministro è obbligato per legge, nonché moralmente, a rendere conto dei suoi stretti parenti, fratello incluso. La prevede anche la legge antimafia in vigore, guardiano e garante dell’attuazione della quale in Albania è istituzionalmente il ministro degli Interni. Il che significa, tra l’altro, che l’Albania è l’unico Paese dove il ministro, che ha l’obbligo istituzionale di garantire la corretta attuazione della legge antimafia, con ogni probalilità, è lui stesso soggetto di quella legge.

Chi scrive queste righe è stato sempre convinto che in Albania la connivenza tra la criminalità organizzata e i massimi livelli della politica sia una pericolosa e allarmante realtà. In attesa di ulteriori sviluppi, diamo retta a San Girolamo perché si sa, “Mentre credi di scusarti, ti accusi”.

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