Agricoltura

  • Urina umana per fertilizzare i campi agricoli

    L’urina umana è un ottimo fertilizzante per i campi, perché contiene azoto, potassio e fosforo. Ed ecco allora che già da anni ad Amsterdam la società di gestione dell’acqua Waternet la raccoglie dagli orinatoi pubblici che gestisce e provvede a trasformarla in fertilizzante. Anche se raccoglierla non è semplice, perché deve essere separata dall’acqua, dall’eventuale presenza di altri elementi e depurata dai possibili residui di farmaci, così da estrarre i fosfati e trasformati in stuvrite, il sistema adottato dai Paesi Bassi garantisce un risparmio stimato in 400mila euro all’anno e la fertilizzazione di un’area di 10mila campi da calcio.

    Nel 2022, anche la Francia ha messo in commercio il primo fertilizzante al mondo a base di urina umana prodotto in Europa. Ad oggi la start-up che lo ha sviluppato tratta circa 400mila litri di urina all’anno. In Svezia da qualche anno è invece corso un progetto sperimentale a cura dell’Università di Uppsala che ha permesso di raccogliere 70mila litri nella sola isola di Gotland tra il 2021 e il 2023.

    Lo sviluppo di fertilizzanti a base di urina trova un ulteriore incentivo nelle difficoltà delle forniture agricole ucraine soprattutto in Africa, il continente più dipendente dal grano e dai fertilizzanti russi e ucraini. In Paesi come Malawi e Burkina Faso hanno provato a far fronte al rischio di grave insicurezza alimentare partendo proprio da fertilizzanti bionitrati a base di urina.

  • La Commissione propone una revisione mirata della politica agricola comune

    Tenendo fede al suo impegno di alleggerire gli oneri amministrativi per gli agricoltori dell’UE, la Commissione europea ha proposto di rivedere alcune disposizioni della politica agricola comune (PAC), al fine di realizzare semplificazioni, mantenendo nel contempo una politica forte, sostenibile e competitiva per l’agricoltura e l’alimentazione dell’UE.

    Tali proposte, relative alla condizionalità e ai piani strategici della PAC, mirano a ridurre l’onere dei controlli per gli agricoltori dell’UE e a offrire loro maggiore flessibilità per conformarsi a determinate condizionalità ambientali. Le amministrazioni nazionali beneficeranno inoltre di una maggiore flessibilità nell’applicazione di determinate norme.

    La proposta legislativa odierna è una risposta diretta alle centinaia di richieste ricevute dalle organizzazioni rappresentative degli agricoltori e dagli Stati membri e integra le azioni a breve termine già in corso della Commissione per contribuire a ridurre gli oneri amministrativi per gli agricoltori.

    La proposta trova il giusto equilibrio tra la necessità di mantenere il ruolo della PAC nel sostenere la transizione dell’agricoltura europea verso un’agricoltura più sostenibile, le aspettative degli agricoltori e degli Stati membri e l’obiettivo di raggiungere rapidamente un accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio.

    La Commissione sta inoltre inviando al Consiglio e al Parlamento europeo un documento di riflessione che delinea diverse misure volte a migliorare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare. L’elenco delle possibili azioni sarà discusso con i ministri dell’Agricoltura nella prossima sessione del Consiglio.

    Il pacchetto odierno di sostegno agli agricoltori dell’UE tiene conto delle ultime conclusioni del Consiglio europeo che ha invitato la Commissione e il Consiglio ad affrontare le sfide cui è confrontato il settore agricolo dell’UE.

    Nel primo anno di attuazione dell’attuale PAC (2023-2027), gli agricoltori dell’UE hanno dovuto affrontare sfide per conformarsi pienamente ad alcune delle norme benefiche per l’ambiente e il clima denominate “buone condizioni agronomiche e ambientali” (BCAA).

    La revisione mirata riguarda le seguenti condizionalità:

    • Gli agricoltori dell’UE dovranno mantenere gli elementi caratteristici del paesaggio esistenti sui loro terreni, ma non saranno più obbligati a destinare una parte minima dei loro seminativi a superfici non produttive, come i terreni a riposo. Possono invece scegliere, su base volontaria, di mantenere una quota dei loro seminativi non produttivi o di creare nuovi elementi caratteristici del paesaggio (come siepi o alberi) e ricevere quindi un sostegno finanziario supplementare attraverso un regime ecologico che tutti gli Stati membri dovranno offrire nei loro piani strategici della PAC.
    • Gli agricoltori dell’UE saranno in grado di soddisfare tale requisito scegliendo di ruotare o diversificare le loro colture, a seconda delle condizioni che si trovano ad affrontare e se il loro paese decide di includere l’opzione della diversificazione delle colture nel loro piano strategico della PAC
    • Gli Stati membri avranno molta più flessibilità nel definire ciò che definiscono periodi sensibili e le pratiche autorizzate a soddisfare tale requisito, alla luce delle loro condizioni nazionali e regionali e nel contesto della crescente variabilità meteorologica.

    Oltre a queste modifiche specifiche, la Commissione propone che gli Stati membri possano esentare determinate colture, tipi di suolo o sistemi agricoli dal rispetto dei requisiti in materia di lavorazione del terreno, copertura del suolo e rotazione/diversificazione delle colture. Potrebbero essere possibili anche deroghe mirate per consentire l’aratura per ripristinare i prati permanenti nei siti Natura 2000 in caso di danni causati da predatori o specie invasive. In casi estremi di condizioni meteorologiche avverse che impediscono agli agricoltori di lavorare correttamente e rispettare i requisiti, gli Stati membri possono anche introdurre deroghe temporanee. Tali deroghe dovrebbero essere limitate nel tempo e applicarsi solo ai beneficiari interessati.

    Per garantire che i paesi dell’UE possano adattare più frequentemente i loro piani strategici della PAC al mutare delle condizioni, la Commissione propone di raddoppiare il numero di modifiche consentite ogni anno.

    La Commissione propone di esentare le piccole aziende agricole di meno di 10 ettari dai controlli e dalle sanzioni connesse al rispetto dei requisiti di condizionalità. Ciò ridurrà notevolmente gli oneri amministrativi connessi ai controlli per i piccoli agricoltori, che rappresentano il 65 % dei beneficiari della PAC.

    Gli Stati membri dovranno rivedere i propri piani strategici della PAC entro il 31 dicembre 2025 se specifici atti ambientali e climatici (ad esempio in materia di conservazione degli uccelli selvatici e degli habitat naturali della flora e della fauna selvatiche e protezione delle acque) saranno aggiornati a livello dell’UE.

    Per contribuire alle discussioni in corso con i ministri dell’Agricoltura e il Parlamento europeo, la Commissione presenta diverse opzioni per azioni che potrebbero essere portate avanti a breve e medio termine.

    In primo luogo, nell’ambito di un risultato immediato, la Commissione avvierà un osservatorio dei costi di produzione, dei margini e delle pratiche commerciali nella filiera agroalimentare. Composto da rappresentanti di tutti i settori lungo la filiera alimentare e da rappresentanti degli Stati membri e della Commissione, questo osservatorio aumenterà la trasparenza dei costi e dei margini nella catena rendendo pubblici i dati e scambiando informazioni, al fine di creare un clima di fiducia tra le parti interessate e stabilire una diagnosi comune della situazione.

    La Commissione propone inoltre opzioni per migliorare in modo mirato l’attuale quadro giuridico stabilito dal regolamento recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (OCM). Tali opzioni comprendono il rafforzamento delle norme applicabili ai contratti che gli agricoltori concludono con gli acquirenti dell’industria alimentare o del commercio al dettaglio e il rafforzamento delle organizzazioni di produttori per consentire agli agricoltori di cooperare e agire collettivamente in modo più efficace nei confronti di altri attori della filiera alimentare. L’obiettivo è contribuire a correggere gli squilibri nella catena, preservando nel contempo il principio fondamentale dell’orientamento al mercato. Analogamente, la Commissione propone la possibilità di nuove norme sull’applicazione transfrontaliera delle norme contro le pratiche commerciali sleali. Attualmente almeno il 20 % dei prodotti agricoli e alimentari consumati in uno Stato membro proviene da un altro Stato membro. È necessario rafforzare la cooperazione tra le autorità nazionali di contrasto, in particolare migliorando lo scambio di informazioni e la raccolta di sanzioni.

    La Commissione effettuerà una valutazione approfondita della direttiva sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare, in vigore dal 2021. Nella primavera del 2024 sarà presentata una prima relazione che illustra lo stato di avanzamento consolidato dell’attuazione della direttiva da parte degli Stati membri. La relazione confluirà quindi in una valutazione più dettagliata che la Commissione presenterà nel 2025, che potrebbe essere accompagnata, se del caso, da proposte legislative.

    Le discussioni con gli Stati membri su queste possibili misure si svolgeranno in vari formati, in particolare il prossimo Consiglio “Agricoltura” del 26 marzo.

  • Cosa c’è dietro

    Quando comperiamo le arance o i peperoni, gli asparagi o i carciofi, la pasta, il pane, il riso, quando mangiamo una fetta di carne, mettiamo il latte nel caffè o nella tazza di un bambino, l’olio nell’insalata e beviamo un bicchiere di vino ci viene mai in mente cosa c’è dietro?

    Quante sono le ore di lavoro, quanta la fatica per combattere la siccità o le bombe d’acqua, sappiamo vagamente come alcuni prodotti della terra abbiano bisogno di molte cure, di raccolte ancora manuali, chini sul campo, o di macchinari costosi, sia se si comperano che se li si prende a noleggio?

    Gli asparagi nascono all’alba e vanno raccolti subito, a mano, ogni giorno e la raccolta dura poche settimane per anno. Il dicembre scorso, in Sicilia, gli agricoltori hanno dovuto dare acqua agli aranceti assetati mentre, non solo in Puglia, in estate ed in autunno, le olive e le uve sono state decimate dalle avversità del tempo.

    In Romagna peri e meli sono coperti dalle reti antigrandine da srotolare e riavvolgere ogni volta, le pecore vanno portate a pascolare su e giù per monti e pianure, nelle stalle il letame va raccolto, le mucche nutrite e pulite prima della mungitura ed i veterinari eseguono controlli costanti e ovviamente non gratuiti.

    Ogni volta che acquistiamo un prodotto e poi lo cuciniamo, che lo abbiamo acquistato su una bancarella o al supermercato (i piccoli negozi sono ormai quasi del tutto spariti), ci viene mai in mente quale lavoro c’è dietro il nostro piatto di pasta con le cime di rapa, la cotoletta alla milanese, le lasagne o un arancino di riso, melanzane e pomodoro? Tanto lavoro e passione che la stragrande parte degli agricoltori, dei contadini, degli allevatori mettono ogni giorno.

    Mentre beviamo un bicchiere di vino, con un po’ di pane e prosciutto, coppa o salame, mortadella o pancetta, pensiamo solo alle calorie, preoccupati di non esagerare, al costo di quello che stiamo mangiando o pensiamo, per un attimo, anche a cosa c’è dietro, a tutti i passaggi necessari per arrivare alla nostra tavola?

    Probabilmente pensiamo ai prezzi che sono cresciuti ma non all’ormai decennale problema dei mega distributori che, in tutta Europa, si accaparrano tutte le produzioni, decidono quanto e come pagare, dopo avere distrutto i piccoli distributori regionali, portando chi coltiva e chi alleva a dover subire la potenza di monopoli che non lasciano scampo: o vendi sottocosto o non vendi.

    Lo sanno bene anche i floricultori italiani e francesi costretti a chiudere le serre per la concorrenza che arriva da paesi lontani dove non si controllano gli usi dei pesticidi più nocivi e si affamano i lavoratori.

    Così sui cargo arrivano i pomodori cinesi e il problema non è l’emergenza per il grano ucraino ma la consuetudine di avere qui quello russo o di sapere che il latte delle mucche italiane non è pagato a sufficienza perché qualche “furbo” trasformatore utilizza quello in polvere che dovrebbe servire solo per l’alimentazione degli animali.

    Chiedere che i prodotti che arrivano in Europa abbiano lo stesso standard qualitativo e di sicurezza alimentare di quelli europei, che la rincorsa ai carburanti alternativi ed alle energie rinnovabili non sia fatto a scapito dell’agricoltura rendendo inutilizzabili migliaia di ettari coltivabili, combattere la eccessiva cementificazione del suolo ed incentivare il recupero abitativo di vecchie case e strutture dismesse, volere che i letti ed i greti dei fiumi siano ripuliti dai tronchi e dalle immondizie, che aumentano la pericolosità delle piene, non vuol dire stare dalla parte degli agricoltori ma stare dalla parte di tutti.

    Bisogna Impedire l’attuale strapotere dei monopolisti della grande distribuzione, difendere il nostro sistema alimentare, evitare che col cibo accada quanto già accaduto con il gas.

    Essere favorevoli a sgravi fiscali per chi produce in sicurezza quanto ci occorre per nutrirci e per esportare la nostra qualità, le nostre peculiarità e diversità, impedire che si proponga di pagare per non coltivare, per non produrre, proprio in un momento nel quale, per le guerre ed i cambiamenti climatici, c’è la necessità che ogni paese cerchi di avere quanto è indispensabile al sostentamento della sua popolazione, non è essere contro l’Europa ma essere capaci di ricondurla con i piedi per terra.

    Saper convivere tra noi umani, saper comprendere e rispettare le semplici ma severe regole della natura non è un optional e le donne, gli uomini che vivono a più contatto con la terra ci ricordano anche questo, non si può mangiare il cemento, dipendere dalle importazioni, pensare che per avere più progresso si debba distruggere il presente ed ipotecare il futuro.

    Quando iniziamo a mangiare pensiamo un attimo che la maggior parte di quello che abbiamo pagato per quel cibo non va a chi oggi, in tutta Europa, sfila sui trattori e si vede invece riconosciuto un prezzo ben inferiore ai costi di produzione.

  • L’agricoltura come asset di difesa strategica

    Le proteste degli agricoltori europei hanno suscitato molte critiche soprattutto da parte dei sostenitori nell’Unione Europea e soprattutto della sua deriva ideologica ambientalista. Questi affermano come le proteste dei coltivatori risultino assolutamente ingiustificate in quanto a fronte del 3% del PIL assicurato dall’agricoltura corrisponda circa il 30% di sostegno finanziario del budget della stessa Unione Europea.

    Un’analisi economica anche corretta ma assolutamente banale in quanto non risulta in grado di comprendere nella sua interezza l’importanza del settore agricolo all’interno di un’ottica di sviluppo e mantenimento della stessa Unione.

    Il sistema agricolo, nella sua articolata complessità, assicura il 4,5% dell’occupazione ma soprattutto acquisisce una valenza strategica all’interno di un periodo internazionale di grandissima difficoltà successivo alla pandemia, alla guerra russo ucraina e ora al conflitto arabo israeliano.

    Mentre tutte le classi politiche europee si vedono impegnate all’interno di una ridicola transizione energetica che pone l’intero sistema economico europeo ed i suoi asset in una posizione di assoluta vulnerabilità, non si è ancora compreso come la produzione e l’approvvigionamento alimentare assicurato al sistema agricolo europeo acquisiscano ora più che mai un valore aggiunto di difesa fondamentale per la sopravvivenza delle Unione Europea.

    L’Europa sembra non comprendere che sostenere ‘ agricoltura del proprio continente, soprattutto all’interno di periodo bellico che si sviluppa su molti fronti, compreso quanto sta avvenendo nel Mar Rosso, rappresenta una tutela strategica fondamentale in previsione di scenari Incerti di politica estera e di conflittualità mondiale.

    Mettere in difficoltà il settore primario all’interno di un’epoca così travagliata come quella attuale rappresenta un suicidio e dimostra una miopia strategica senza precedenti.

    La semplice previsione di scenari internazionali articolati e complessi, che non potranno assicurare nei prossimi decenni la “stabilità” presente fino all’arrivo del covid, dovrebbe risultare sufficiente per convincere le classi politiche dirigenti europee a preservare quanto di buono l’agricoltura e l’industria europea abbiano fino a qui assicurato, indipendentemente dalla imposizione di qualsiasi transizione energetica ed ecologica che attualmente risulta essere solo un favore delle altre macro aree politiche ed economiche.

    La mancanza di sostegno al settore agricolo all’interno di questa situazione si dimostra sostanzialmente come una resa incondizionata, perché non tanto va sostenuta un’idea di sovranismo alimentare quanto il più possibile l’indipendenza alimentare del continente.

    La difesa dell’Unione parte dalla preservazione e conservazione dei propri asset come quello agricolo ed industriale più che dall’invio di armi.

  • Nuova macchina per arare il terreno inquinando di meno

    Brevettata in Inghilterra, prodotta in Polonia e distribuita in Italia da Agroland, la nuova seminatrice su terra dura Mzur è stata testata con successi sui terreni dell’azienda agricola Savini a Mosciano Sant’Angelo (Teramo) lo scorso 30 novembre. La macchina permette un’agricoltura di precisione, con la coltivazione a strip-till (a strisce), e conservativa perché senza aratura preserva la fertilità del terreno. Questo porta ad abbattere le emissioni di CO2, a ridurre i costi, grazie alla diminuzione dell’uso di carburante e di fertilizzanti, e a ridurre il consumo idrico.

    «Agroland tenta di portare in Italia una cultura nuova di lavorazione del terreno, con l’impiego di queste macchine per l’agricoltura di precisione, inserendosi in alcuni progetti più complessi come quello della mappatura della filiera», spiega Mattia Maretto, amministratore unico della società. Mappare la filiera consente di rendere tracciabile il grano e certificarne l’origine, quindi di valutare quali pesticidi possono essere usati durante la coltivazione (posto che la normativa sui pesticidi può variare da Paese a Paese). «Sempre più persone cominciano a scegliere un prodotto in base all’etichetta e i grandi marchi hanno la necessità di garantire ciò che scrivono». Indicare su un pacco di pasta che è stato fatto con una filiera del grano controllata e mappata, vuol dire che «l’azienda produttrice è in grado di identificare nel dettaglio, attraverso un sistema di monitoraggio costruito fin dalla lavorazione del terreno e dalla semina, tutti i prodotti che sono stati utilizzati per fare quel pacco di pasta» conclude Maretto. « Un sistema così rispetta ambiente e persone, e quindi il consumatore». Con l’ulteriore vantaggio di «potere garantire, in questo modo, che il prodotto è un vero Made in Italy».

  • La Commissione europea approva una nuova indicazione geografica italiana

    La Commissione europea ha approvato l’aggiunta dei turioni di asparago verde italiano “Asparago verde di Canino” al registro delle indicazioni geografiche protette (IGP).

    Il nome “Asparago verde di Canino” è riservato ai turioni di asparago verde appartenenti alla famiglia delle Liliaceae. I turioni devono essere pieni (non vuoti) e privi di spaccature. Poiché possono essere consumati nella loro interezza e per l’assenza di scarto, gli asparagi vengono definiti anche “mangiatutto”.

    Questa nuova denominazione sarà aggiunta all’elenco di 1.662 prodotti alimentari già protetti.

  • Entro il 2050 a rischio la metà dei terreni coltivati a caffè

    Una delle caratteristiche del caffè è che cresce solo nella cosiddetta fascia tropicale, soggetta a piovosità media e a specifiche temperature. Al variare di queste condizioni la produzione soffre. Con le temperature genericamente più calde, alcune coltivazioni vengono trasferite a quote più alte dove si possono trovare le condizioni originarie. E secondo uno studio condotto nel 2015 dalla Columbia University, entro il 2050 fino al 50% delle terre attualmente coltivabili a caffè non saranno più utilizzabili.

    Oggi oltre l’80% delle emissioni di carbonio nella catena di valore del caffè provengono dall’agricoltura, e non c’è letteralmente più spazio per aumentare i suoli coltivati: già la metà dei terreni abitabili sono utilizzati in agricoltura e non si può disboscare più. Dal canto suo, il caffè è confinato in una piccola area globale: 2 milioni di ettari. Dunque, per Andrea Illy, industriale del caffè, occorre «migliorare le pratiche agronomiche rigenerative» e «aumentare la biodiversità, creando cultivar particolarmente resistenti ai cambiamenti climatici, dalle alluvioni al caldo eccessivo». Da tempo impegnato nel promuovere la sostenibilità, Illy divide la poltrona di presidente della Regenerative Society Foundation con Jeffrey Sachs, e non si stanca di ripetere che «parte della soluzione è l’agricoltura rigenerativa: arricchire il suolo di carbonio organico nutre il microbiota del suolo, migliorando la capacità di fissare i minerali, produrre difese naturali e trattenere l’acqua». Ma questo significa investire nella ricerca, avere un approccio di risk management per mobilitare la finanza internazionale, una collaborazione pubblico-privata e trasparenza nell’utilizzo dei big data per valutare i rischi.

    Senza voler essere allarmisti, oggi uno studio di Edoardo Puglisi dell’Università Cattolica di Piacenza, ha dimostrato che le micro e nanoplastiche che si depositano sui terreni agricoli potrebbero ridurre la fertilità di questi. La loro presenza, infatti, influenza l’azione dei microrganismi che aiutano le piante ad assorbire i nutrienti fondamentali. «Come plastiche abbiamo studiato il polietilene e due bioplastiche, polibutirrato e bioplastiche a base di amido», specifica lo scienziato, sottolineando che si tratti di materiali che erroneamente i consumatori disperdono nell’ambiente ingannati dal fatto che sono compostabili.

  • Cento anni dell’azienda agricola Folli Vigo per rinnovare un impegno in agricoltura

    I 100 anni di storia dell’azienda agricola Folli e Vigo si intrecciano con quella dell’Italia, cento anni nei quali l’azienda non ha solamente sviluppato una importante attività agricola e imprenditoriale ma una coscienza ed un grande amore per la natura e per la nazione.

    La costante ricerca di prodotti di sempre maggiore qualità, nel rispetto della terra e dei consumatori, ha fatto sì che questa azienda, nei diversi periodi storici, abbia rappresentato, e rappresenti ancora, un modello.

    Nel lontano 1934, mentre le necessità dell’epoca portarono alla così detta battaglia del grano, Mario e Giuseppe Folli con il loro lavoro e la tenacia portarono il grano dell’azienda Folli a vincere il premio grandi aziende, indetto per la battaglia del grano.

    Oggi un’altra guerra del grano, per colpa di Putin, sta creando enormi problemi specie in quelle popolazioni più povere e prive, per i noti motivi, della possibilità di coltivare e di avere cereali sufficienti a sfamarsi.

    Nel 2019 i fratelli Vigo, eredi non solo dell’azienda e della tradizione famigliare, ma anche moderni interpreti della passione e della professionalità del nonno e dello zio, conquistarono il premio nazionale per l’innovazione in agricoltura, per avere innovato la coltivazione del mais attraverso il modello Combimais, meno acqua, meno sostanze chimiche per un mais di alta qualità nel rispetto del risparmio energetico.

    Il filo conduttore non si è mai spezzato, in Mario, Alberto ed ora Andrea, perché la terra non è soltanto strumento di lavoro e di guadagno ma è passione, speranza, visione del futuro.

    Mentre in troppe occasioni vediamo, purtroppo, aumentare il consumo del suolo, vediamo crollare case, ville, castelli, stalle che rappresentano il patrimonio architettonico di varie epoche, che hanno segnato le diverse peculiarità italiane, la famiglia Vigo ha continuato a credere nella terra e ha messo la tecnologia a difesa di un prodotto mai snaturato ma esaltato nella sua qualità.

    Oggi, mentre ancora la guerra di Putin affama intere aree del mondo e distrugge le fertili terre ucraine, con conseguenze che dureranno anni, dovremmo dall’Italia rivolgere all’Europa un appello concreto per realizzare più vaste produzioni agricole che ci mettano in condizioni di sopperire, il più possibile, alle nostre ed altrui necessità alimentari.

    Ci auguriamo che le aziende che hanno aiutato e supportato il progetto Combimais, raggiungendo così brillanti risultati, possano immaginare progetti mirati a quei paesi africani che, per la carenza di acqua, non riescono a coltivare la terra.

    Conosciamo tanti degli errori, spesso tragici, del passato ma ricordiamo un monito, che oggi è particolarmente attuale: i popoli che abbandonano la terra sono destinati alla decadenza, per vivere dobbiamo mangiare e mangiare prodotti di qualità, come sono in gran parte quelli italiani, come è il mais di questa azienda, dipendere dalle importazioni è pericoloso, basta ricordare quanto è avvenuto con la dipendenza dalla Russia per l’energia.

    Non dobbiamo abbandonare, trascurare la nostra terra sapendo che i popoli che hanno la terra e non riescono, non possono coltivarla per provvedere al proprio nutrimento sono popoli che emigrano ed emigreranno se non sapremo aiutarli non solo con la nostra tecnologia ma anche trasmettendo loro la passione, l’esempio che la famiglia Vigo continua a rappresentare.

    C’è chi abbandona la terra perché non la ama, non ne capisce il valore, c’è chi la ama ma è costretto ad abbandonarla, spetta a tutti noi rimediare agli errori di chi non ha capito che senza cibo e senza l’equilibrio dell’ecosistema non c’è futuro, per nessuno.

  • Combi Mais batte la siccità: resa di 17,6 tonnellate per ettaro

    Arrivata ai 100 anni di attività, per i quali ha ricevuto anche un riconoscimento dal sindaco di Mediglia,  Giovanni Carmine Fabiano, l’Azienda agricola Folli della Famiglia Vigo celebra quest’anno i 10 anni di operatività di Combi Mais, il progetto innovativo che utilizza l’agricoltura di precisione per ottimizzare l’impiego di risorse (a partire dall’acqua) per la coltivazione del mais.

    L’edizione 10.0 do Combi Mais ha conseguito una resa di 17,6 tonnellate di granella di mais a ettaro, con un raccolto di alta qualità e privo di micotossine. «Il mais è strategico perché con il mais alimentiamo zootecnia, esseri umani e biotecnologie – ha sottolineato Mario Vigo, titolare con il fratello Andrea dell’Azienda Agricola Folli e ideatore del progetto – Con il nostro protocollo – sostiene Vigo – promuoviamo un’agricoltura sostenibile, che utilizza le più moderne tecnologie per il risparmio idrico e con prodotti chimici “intelligenti”. Non a caso i nostri campi sono circondati dagli alveari con cui produciamo dell’ottimo miele». «Nel 2010 – ha detto ancora Vigo – in Italia avevamo 996mila ettari di mais che nel 2022 sono diventati 573mila, di cui 89mila nella pianura Padana. Nel 2010 la Lombardia aveva 330mila ettari di mais e nel 2022 ne abbiamo 180.015. Il calo è significativo e deve fare ragionare in termini di politiche di adottabilità, soprattutto da parte della Regione Lombardia».

    Sottolineando che «si tratta di un progetto che coniuga qualità produttiva superiore e una quantità di acqua inferiore a quella che richiede una coltura di mais. Un progetto innovativo che cerca di costruire un pezzo di storia e guardare al futuro», l’assessore all’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste di Regione Lombardia, Alessandro Beduschi per parte sua ha sottolineato che più della metà delle risorse regionali del Psr verranno destinate all’innovazione che è anche il motore trainante del progetto Combimais.

    «Non dobbiamo abbandonare, trascurare la nostra terra sapendo che i popoli che hanno la terra e non riescono, non possono coltivarla per provvedere al proprio nutrimento sono popoli che emigrano ed emigreranno se non sapremo aiutarli non solo con la nostra tecnologia ma anche trasmettendo loro la passione, l’esempio», ha chiosato Cristiana Muscardini, sottolineando il contributo che l’azienda Folli ha dato al progresso sia agricolo che socio-economico.

  • Combi Mais taglia il traguardo dei dieci anni di attività e fa il bis con il centenario dell’azienda agricola Folli

    Doppio anniversario nella storia di Combi Mais, l’innovativo protocollo per la coltivazione del mais messo a punto da Mario Vigo e il suo team che taglia il traguardo dei dieci anni e si conferma l’arma vincente in grado di superare le attuali complessità del settore agricolo, dovute principalmente al cambiamento climatico segnato da fenomeni atmosferici estremi.

    Il 2023 celebra anche il centenario dell’Azienda Agricola Folli della Famiglia Vigo, ora capitanata da Mario e dal figlio Andrea. Pionieri del settore, con la loro vision e lungimiranza hanno traghettato l’agricoltura verso il Pecision Farming, imponendosi come un punto di riferimento per l’intera filiera della coltivazione del mais nel nord Italia, in ogni annata agricola.

    Il protocollo è stato presentato mercoledì 27 settembre nella sede dell’Azienda a Robiano di Mediglia.

    Rinnovarsi è la chiave del successo di questo protocollo che da sempre mette in campo partner qualificati leader nel proprio settore, che continuano a migliorare in efficienza e qualità, con forniture di prodotti di ultima generazione.

    Il coordinamento agronomico è stato affidato al dott. Leonardo Bertolani; tutti gli step delle attività, alla regia del Dipartimento di Agronomia dell’Università di Torino, guidato dal Professor Amedeo Reyneri.

    Dieci anni di impegno, sforzo e passione, che per Combi Mais si traducono nei tre fondamentali capisaldi di produzione: quando le condizioni climatiche sono favorevoli Combi Mais eccelle in produzione e “contiene i danni” nei periodi più complicati per il settore, dovuti ai fenomeni atmosferici estremi; qualità: la totale assenza di micotossine del prodotto è una garanzia assoluta per il consumatore; sostenibilità: oltre al risparmio idrico in tutte le fasi della coltivazione Combi Mais si caratterizza per l’utilizzo di prodotti chimici “intelligenti” e di eccellenza, tipici di una agricoltura moderna e che guarda al futuro.

    Dieci anni di attività segnati anche da successi e importanti riconoscimenti, in un percorso che ha avuto la sua consacrazione a livello istituzionale nel 2019 con la vittoria del Premio Nazionale di CONFAGRICOLTURA per le imprese agricole innovative.

    Nonostante una stagione caratterizzata da fenomeni climatici estremi, il protocollo di produzione ha ottenuto un risultato da record, tra i migliori degli ultimi anni: sono state raggiunte le 17,6 tonnellate di granella di mais a ettaro, sano dal punto di vista delle micotossine e di ottima qualità.

    Combi MaiS, progetto multifunzionale, che tocca l’intera filiera del mais è un concreto esempio per l’agricoltura del domani, che unisce tecnica collaudata e precision farming all’elemento Sostenibilità, garantendo un prodotto sano e sempre in conformità con le linee guida della PAC (Politica Agricola Comune) legate al Green Deal con le Strategie Farm to Fork e Biodiversità.

    Combi Mais 10.0 conferma e traccia la rotta della coltivazione del mais. In un’agricoltura che cambia è in grado di dare una concreta speranza di produzione al mondo agricolo”, commenta Mario Vigo, presidente di Innovagri, ideatore di Combi Mais.

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