Agroalimentare

  • La filiera del food italiano vale il 31,8% del Pil

    L’alimentare in Italia è non soltanto un campione dell’export, ma è anche un colosso industriale che contribuisce alla qualità della vita degli Italiani e arriva ad esprimere il 31,8% del Pil. Un colosso industriale, dunque, che, secondo il rapporto Federalimentare-Censis, da solo conta 179 miliardi di euro di fatturato annuo, 60mila imprese, 464mila addetti, oltre 50 miliardi di euro di export, costituendo così un patrimonio di interesse nazionale. Del resto, ricordano Federalimentare-Censis, nelle graduatorie dei settori manifatturieri italiani, l’industria alimentare è al primo posto per fatturato, al secondo posto per numero di imprese, per addetti e per l’export in valore. E protagonista di rilievo all’interno dell’intera filiera del food italiano che conta in totale un fatturato totale di 607 miliardi di euro con 1,3 milioni di imprese e 3,6 milioni di addetti.

    “Siamo una grande forza al servizio del Paese – ha detto il presidente di Federalimentare Paolo Mascarino – e la fiducia espressa dall’86,4% degli italiani verso l’industria alimentare evidenzia un solido rapporto in una realtà estremamente competitiva perché siamo chiamati a soddisfare i consumatori più esigenti al mondo”. A giudizio di Mascarino “il saper fare dei nostri imprenditori, con numerose aziende storiche e ai vertici della migliore reputazione al mondo, è un vantaggio competitivo da tutelare. E da coltivare nelle scuole per promuovere la formazione di nuovi imprenditori del comparto. Nel frattempo il nostro cibo rimane un valido alfiere del made in Italy nel mondo, ma per superare le diverse minacce che spaziano dall’Italian sounding alle etichette al semaforo, dalle diete universali e omologanti alle politiche degli imballaggi, l’Italia ha bisogno di una grande alleanza per la crescita. Noi dell’industria alimentare ci siamo, pronti a fare la nostra parte per la competitività”. Un invito alla collaborazione raccolto dal sottosegretario agli Affari Esteri Maria Tripodi che ha ricordato la “Diplomazia della crescita” in corso alla Farnesina che da tempo peraltro promuove, grazie alla rete estera, la Settimana della cucina italiana nel mondo e della Dieta Mediterranea. “L’industria alimentare ha un valore strategico – conclude il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida – e il governo continua ad investire sulla crescita del settore attenzionando la qualità, ma anche incentivando l’esportazione e promuovendo le aziende all’estero”.

  • La Commissione aggiorna le norme sulla commercializzazione dei prodotti agroalimentari

    La Commissione ha proposto di rivedere le vigenti norme che riguardano la commercializzazione di una serie di prodotti agroalimentari, quali frutta e verdura, succhi e confetture di frutta, miele, pollame o uova. Le revisioni proposte dovrebbero aiutare i consumatori a operare scelte informate per una dieta più sana e contribuire a prevenire gli sprechi alimentari.

    Tra le scelte proposte dalla Commissione:

    etichettatura di origine – norme più chiare e obbligatorie per miele, frutta a guscio e frutta secca, banane mature, nonché frutta e verdura rifilate, trasformate e tagliate (come le foglie di insalata confezionate). In caso di miscele, occorrerà riportare sull’etichetta il o i paesi di origine. Il fatto di elencare i paesi di origine consentirà di aumentare la trasparenza per i consumatori, oltre a promuovere la produzione di questi prodotti nell’UE;

    sprechi alimentari – le revisioni proposte riguardano sia i rifiuti alimentari che quelli di imballaggio. Ad esempio, per gli ortofrutticoli esteticamente meno attraenti (con difetti esterni, ma comunque adatti al consumo locale/diretto) venduti a livello locale e direttamente dai produttori ai consumatori è prevista una deroga dalle norme di commercializzazione. Valorizzarne la freschezza potrebbe offrire ai consumatori maggiori opportunità di acquistare frutta e verdura fresca a prezzi più accessibili e andare a vantaggio dei produttori attivi nelle filiere corte. Lo stesso vale per alcuni prodotti colpiti da calamità naturali o da altre circostanze eccezionali, se il loro consumo è sicuro;

    imballaggio – i prodotti destinati alla donazione potrebbero essere esentati dai principali requisiti di etichettatura. Ciò potrà ridurre gli adempimenti burocratici e le esigenze di etichettatura, facilitando il lavoro degli operatori;

    succhi di frutta – potranno recare la menzione “senza zuccheri aggiunti” per chiarire che, contrariamente ai nettari di frutta, i succhi non possono per definizione contenere zuccheri aggiunti, una caratteristica di cui la maggior parte dei consumatori non è a conoscenza. Inoltre, per rispondere alla crescente domanda di prodotti con meno zuccheri, un succo riformulato potrebbe indicare sull’etichetta “succo di frutta a tasso ridotto di zuccheri”. Per semplificare ulteriormente e adattarsi ai gusti dei consumatori, il termine “acqua di cocco” potrebbe essere utilizzato accanto a “succo di cocco”;

    confetture e marmellate – il contenuto di frutta sarà portato da 350 a 450 grammi minimi (550 per i prodotti di alta qualità) per chilogrammo di prodotto finito. Con l’aumento generalizzato del contenuto di frutta, ai consumatori verrebbe offerto un prodotto con meno zuccheri liberi e una quantità di frutta superiore a quella attuale. Il termine “marmellata”, finora autorizzato soltanto per le confetture di agrumi, si applicherebbe a tutte le confetture, in modo da adeguare il nome del prodotto a quello più utilizzato a livello locale;

    uova – i pannelli solari potrebbero essere introdotti nei sistemi di produzione all’aperto per stimolare l’approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili. Anche la stampigliatura delle uova verrebbe effettuata direttamente in azienda per migliorare la tracciabilità.

  • Il commercio agroalimentare dell’UE continua ad adattarsi al boom dei prezzi delle materie prime a livello mondiale

    Secondo l’ultima relazione mensile sul commercio agroalimentare pubblicata dalla Commissione europea, il commercio agroalimentare dell’UE ha raggiunto un valore totale di 34,9 miliardi di euro nel maggio 2022, con un aumento dell’11% mese su mese e del 32% rispetto al maggio dello scorso anno. Questo sviluppo è in gran parte dovuto al continuo aumento dei prezzi delle materie prime.

    Le esportazioni sono state valutate a 19,4 miliardi di euro. Questo dato riflette una crescita dell’8% mese su mese e del 21% rispetto a maggio 2021, con volumi maggiori di grano e mais, ma minori di altri cereali.

    Le importazioni hanno raggiunto un valore di 15,6 miliardi di euro, vale a dire un aumento del 15% rispetto ad aprile e del 48% rispetto a maggio dello scorso anno. Ciò è dovuto principalmente al forte aumento del volume delle importazioni di mais e all’aumento dei prezzi del caffè e della frutta a guscio.

    Fonte: Commissione europea

  • L’agropirateria produce danni per 100 miliardi ai coltivatori dello Stivale

    Secondo quanto si apprende da un servizio della Rai dedicato all’evento web “Made in Italy ed eccellenze della cucina italiana. Viaggio intorno al mondo del 100% Italian Taste”, promosso da ASACERT in collaborazione con la Fondazione UniVerde e con il supporto di Coldiretti e Fondazione Campagna Amica, l’effetto dell’agropirateria internazionale ha raggiunto la cifra record di 100 miliardi di euro di falso Made in Italy, il cui danno economico è aumentato del 70% solo nell’ultimo decennio. “Servono impegni concreti per facilitare la presenza di prodotti originali made in Italy sulla rete distributiva mondiale, fare la giusta informazione verso il consumatore estero sulla qualità del vero prodotto italiano, promuovere le produzioni dei territori e combattere il fake food, offrire tramite nuove tecnologie la possibilità di leggere in modo immediato il tracciamento del prodotto a scaffale e le attività certificate 100% Italian Taste”.

    “Ben 8 italiani su 10 pensano che debba esserci una certificazione che si occupi di tutela del made in Italy nel campo della ristorazione. L’omologazione del cibo fatto in laboratorio, di cui si parla sempre più spesso, è contrario alla salute dei consumatori – ha detto Fabrizio Capaccioli, amministratore delegato di Asacert e ideatore del Protocollo ITA0039 – ci battiamo per filiere controllate e certificate, in favore proprio della salubrità degli alimenti che finiscono anche sulle tavole dei ristoranti. Certificarsi significa entrare in un network, è una opportunità, per i ristoratori e i produttori italiani di farsi conoscere all’estero. Per Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione UniVerde, “l’agroalimentare è la prima realtà economica del Paese, occorre quindi dare slancio con convinzione alle filiere, alle imprese oneste e ai territori che rappresentano l’eccellenza e il patrimonio economico del made in Italy nel mondo. Per garantire qualità e competitività all’export, in termini di innovazione, sostenibilità, e per combattere agropirateria e italian sounding, il Governo deve sostenere l’agroalimentare italiano destinando importanti risorse del Pnrr per la tutela delle produzioni del Belpaese e rispondere all’emergenza del cibo falso. Solo così si potrà difendere l’origine e l’autenticità dei prodotti italiani e recuperare le risorse sottratte dalla contraffazione internazionale”. “Vogliamo arrivare a 100 miliardi di esportazioni dell’autentico made in Italy entro il 2030. Per farlo l’alleanza con i ristoranti italiani nel mondo è fondamentale, anche dal punto di vista culturale – ha sottolineato Gianluca Lelli, Capo Area Economica di Coldiretti – l’agricoltura è il carburante del comparto della ristorazione, ambasciatore della cultura del cibo italiano all’estero. Ogni ristorante, dove c’è il prodotto italiano originale, diventa non solo vetrina ma spazio di trasparenza e formazione. I consumatori italiani sono ormai da tempo abituati a destreggiarsi tra le diverse certificazioni e sono perfettamente consapevoli di quanto questo strumento sia utile ad orientare le proprie scelte di consumo verso il prodotto 100% italiano. Questa attenzione alla qualità va trasferita anche al consumatore straniero per far capire come difendersi da falsi e italian sounding. La Settimana della Cucina Italiana nel Mondo può servire a rendere sempre più concreto questo obiettivo”.

    Nel corso della diretta streaming che si è svolta sulle pagine Facebook di Asacert, ITA0039 | 100% Italian Taste Certification e Fondazione UniVerde, un’importante testimonianza sul valore di promuovere e valorizzare il patrimonio enogastronomico italiano, è stata resa attraverso il racconto e la testimonianza di alcuni tra i primi ristoranti garantiti e certificati 100% Italian Taste al mondo, con collegamenti da Emirati Arabi, Cina, Malta e Regno Unito.

  • Toghe&Teglie: spaghetti al pesto di cavolo cappuccio

    Buona settimana ai lettori appassionati di cucina, sono Luana Petrella, avvocata penalista bolognese (ma di origine molisana) del Gruppo Toghe & Teglie: ultimamente godo, spero meritatamente, di grande apprezzamento da parte dei miei Colleghi e torno anche in questa rubrica a breve distanza dalla mia ultima apparizione. Lo faccio con una ricetta che, per la verità, in periodi di coprifuoco, credo che possa portare, almeno in tavola, oltre che i sapori anche dei colori che si adattano ad una primavera anticipata.

    Spaghetti al pesto di cavolo cappuccio, dunque, oppure – se a questo particolare pesto volete abbinare qualcosa di più “ligure” (senza dimenticare che di varianti ve ne sono diverse, ma rimane il più noto) – orientatevi sulle trenette.

    Centralità nella preparazione ha, ovviamente, il condimento: mettete in una padella antiaderente olio e aglio e unite, dopo averlo mondato, il cavolo cappuccio tagliato finemente (quantitativi non chiedetemene: sono sempre parecchio spannometrici in base alle porzioni).

    Ora fatelo andare in cottura per dieci minuti, a fuoco medio, affinché si elimini il retrogusto amarognolo; dopodichè, a fuoco spento, con un minipimer ad immersione frullate il cavolo saltato insieme a delle noci, (per avere un’idea, per mezzo cavolo ne bastano otto: in quello ligure è un crimine utilizzare noci al posto dei pinoli) aggiungendo anche un cucchiaino di semi di girasole, e aggiungete olio e sale q.b.. A questo punto, continuate a frullare fino ad ottenere un composto più liscio possibile, di colore viola acceso.

    In finale, aggiungete al pesto parmigiano reggiano non molto stagionato e del formaggio spalmabile (robiola o ricotta, a mali estremi va bene anche della panna, anch’essa proibitissima nel pesto ligure, ma questo è altra cosa da non confondere) e date l’ultima frullata.

    Nel frattempo avrete messo in cottura la pasta, scolatela al dente trasferitela direttamente nella padella che contiene il condimento, ancora gocciolante per facilitare la mantecatura con quel poco di acqua di cottura e mescolate amalgamando la salsa. Infine, aggiungete abbondante pepe nero, semi di girasole ridotti in granella e, per finire, una spolverata di misticanza di fiori eduli… il piatto si presenterà, colrito ed invitante come nella foto.

    …e buon appetito!!!

  • Toghe&Teglie: mousse al marsala

    Buona settimana ai lettori de Il Patto Sociale, sono Ornella Lovello, avvocata civilista romana; nei giorni scorsi è stato il mio compleanno e – come sembra – i miei amici del Gruppo Toghe & Teglie hanno inteso regalarmi una apparizione in questa rubrica scegliendo la mia ricetta di una mousse che, in verità, avevo preparato durante le festività natalizie. Semplice, di buon “effetto scenico” e molto classica.

    Iniziate preparando della crema pasticcera aromatizzata con mezzo bicchiere di marsala: servono 4 tuorli d’uovo, 120 grammi di zucchero, 40 grammi di maizena e 500 grammi di latte intero.

    Montate i tuorli con lo zucchero e quando diventa spumoso aggiungete la maizena e il marsala; intanto portate a bollore il latte e, appena raggiunto, versatevi il composto di uova facendo rapprendere il tutto con energiche mescolate fino a quando la crema diventi “lucida”.

    Ora lasciate raffreddare e riponete in frigo. Quando la crema così realizzata sarà raffreddata aggiungete 500 grammi di panna fresca montata.

    Ah, già…nel frattempo avrete anche preparato dei fili di cioccolato sciogliendo due cubi di cioccolato fondente (60-70%,) in forno microonde che poi, utilizzando un cucchiaino andrete a versare a fili su un foglio di carta forno ove saranno lasciati a raffreddare.

    In seguito, aiutandovi con un coltello a lama liscia staccate delicatamente i fili dalla carta e riponete anch’essi in frigo.

    Per la presentazione finale, come si vede dalla foto, servono anche delle meringhe e se non si vuole optare per quelle già pronte, ecco il procedimento: montate 100 grammi di albumi (ormai si trovano anche già pre confezionati), 220 grammi di zucchero e un po’ di succo di limone. Mettete il tutto in una sac poche e fate le meringhe di piccole dimensioni.  Mettere in forno a 110 gradi per circa un’ora e mezza.

    Ecco, adesso c’è proprio tutto: versate la crema nelle coppette e guarnite a fantasia.

    Dolce giornata, a presto.

  • Toghe&Teglie: la ciambella al cacao e arancia

    Buongiorno a tutti i lettori, sono Angela de Cristofaro, avvocata campana trasferita nelle Puglie, nel Gruppo Toghe & Teglie nota anche come “Muffin” per la mia specialità nel preparare, in molte varianti, quei deliziosi dolcetti: questa settimana è proprio un mio dolce – anche se non un muffin – che è stato scelto per presentarlo in questa rubrica.

    Arancia e cioccolato, si sa, vanno molto d’accordo in quanto ad abbinamento dei sapori ed, allora, eccovi una golosa ciambella per allietare, per esempio, la prima colazione.

    Procuratevi 250 grammi di farina 00, 30 grammi di cacao amaro, 3 uova medie, 160 grammi di zucchero semolato, 100 ml. di succo d’arancia (circa due arance), 100 ml. di olio di semi di arachidi, un po’ di buccia grattugiata di un’arancia non trattata, una bustina di lievito per dolci e un pizzico di sale.

    Ora montate le uova con lo zucchero e poi unite al composto il succo di arancia, l’olio, la farina, il lievito e la buccia di arancia grattugiata.

    Tutto facile e veloce, no? E ci sono persino le dosi…che i miei amici e colleghi indicano raramente.

    A questo punto non vi resta che imburrare generosamente uno stampo e versarvi metà del composto, unendo il cacao al restante che poi aggiungerete a quello già versato amalgamando bene.

    Per la cottura, passate in forno ventilato a 180 gradi per 45 minuti e sarete pronti a mettere in tavola.

    Alla prossima!

  • Toghe&Teglie: millefoglie di baccalà e patate viola

    Buongiorno, buongustai abbonati a Il Patto Sociale! Sono Mario Cerutti, avvocato milanese del Gruppo Toghe & Teglie: una mia preparazione è stata prescelta, questa settimana, per offrire anche a voi – oltre che agli amici e colleghi del Gruppo – il suggerimento di una ricetta che può considerarsi tranquillamente come “piatto unico” e devo dire che, oltre ad essere abbastanza insolito, non è affatto complicato da preparare…vedrete!

    Cominciate con un veloce soffritto di aglio e rosmarino tritati fini ed aggiungetevi delle sfoglie di filetto di baccalà dopo averlo ammollato e dissalato; ora sfumate con vino del bianco, aggiungete gradualmente acqua e lasciate cuocere a fuoco moderato per 30 minuti, regolando di sale e badando che l’ultima parte della cottura renda il pesce piuttosto asciutto.

    Nel frattempo pulite e tagliate a foglie sottili anche delle patate viola e – utilizzando dei coppapasta – formate degli strati alternandovi il baccalà.

    Facile fino ad ora, no? … a parte il solito problemino di noi avvochef che andiamo “a occhio” e con le quantità siamo sempre un po’ spannometrici: in questo caso, però, non è difficile orientarsi basandosi sul numero di commensali.

    E’ il momento della cottura finale: infornate i coppapasta con le loro millefoglie a 180 gradi per venti/venticinque minuti e preparatevi a servire con un tocco finale.

    Tenendo l’attenzione sui tempi, preparate il condimento mettendo del formaggio brie tagliato a pezzetti in un pentolino, aggiungete del latte e fatelo fondere fino a ridurre il tutto ad una crema che dovrà essere pronta al momento di servire in tavola perché il “fuso” andrà versato direttamente sulla millefoglie dopo aver impiattato levando i coppapasta.

    E adesso, forza! Tutti ai fornelli e buon appetito.

  • Toghe&Teglie: risotto all’Amarone

    Buongiorno a tutti, sono Marco Treggi, avvocato penalista lucchese con qualche ascendenza trentina. Chiamato questa settimana a rappresentare il Gruppo Toghe&Teglie, di cui faccio parte, ho pensato di farlo proponendo un risotto al vino, un vino che non è toscano: già, perché anche se questa è una terra di abili vigniaioli e feconda quanto a vigneti ho scelto quale base un Amarone…ma il trucco per dare un sapore particolare a questo piatto è il midollo di bue.

    Iniziate, quindi, procurandovi un midollo (non tutti i macellai ce l’hanno, è vero, ma è indispensabile) e fatelo sciogliere con del burro nella padella alta, che poi userete per il risotto, insieme ad un po’ di brodo di carne ed aggiungete in seguito dello scalogno tritato facendolo imbiondire.

    Insomma, niente di straordinario rispetto alla solita base se non fosse proprio per il midollo: vedrete all’assaggio che ne è valsa la pena.

    Quando il soffritto sarà adeguatamente imbiondito versate il riso – io ho utilizzato un vialone nano IGP – ed appena apparirà ben tostato, versate gradualmente l’Amarone (circa mezza bottiglia se state preparando per tre/quattro persone) facendolo sfumare e lasciate cuocere a fuoco dolce il riso aggiungendo gradualmente il brodo.

    Attenzione che rimanga “al dente” ed una volta che il riso avrà raggiunto questo punto di cottura al dente aggiungete burro chiarificato e formaggio vaccino grattato (va benissimo il monte veronese, per restare “in zona” dell’Amarone) per la mantecatura.

    Una girata di pepe profumato al servizio e siete pronti per andare a tavola.

    Buon appetito e…alla prossima!

  • Toghe&Teglie: il calamaro alla algherese

    Buongiorno e buon anno a tutti i lettori di questa rubrica in cui questa settimana esordisco: sono Angela Masala, avvocata lucchese con ascendenze sarde del Gruppo Toghe & Teglie. Quella che vi propongo è una ricetta che non so dire se sia un “copyright” di famiglia ovvero solo della versione che preparava sempre la mia nonna di Alghero. Da qui il nome che le ho dato.

    Procediamo! Procuratevi dei calamari di buone dimensioni (la foto può rendere l’idea), puliteli e tagliate i tentacoli in piccoli pezzi.

    Ora fate rosolare in olio evo aglio tritato in una padella antiaderente, aggiungete un paio di acciughe e fatele sciogliere.

    Quando l’aglio inizia ad imbiondire aggiungete i tentacoli tritati finemente: fateli soffriggere, sfumando con della vernaccia (possibilmente quella di Alghero…) e quando iniziano a cambiare colore aggiungere del pane tagliato a cubetti facendo rosolare l’insieme per qualche minuto.

    Nel frattempo avrete sbattuto del rosso d’uovo (a occhio, uno ogni uno/due calamari): togliete dal fuoco, per evitare di fare una “frittatina” e aggiungetelo al trito di tentacoli insieme a prezzemolo altrettanto tritato, sale e pepe quanto basta.

    Mescolate bene ed inserite il composto all’interno delle sacche dei calamari e poi chiudeteli con dello spago da cucina (io faccio cosi) o con degli stuzzicadenti, cospargeteli con olio di oliva ed infornate a 170-180 gradi per circa 20 minuti.

    Piatto semplice oltre che facile da realizzare ma molto saporito con il pesce che si scioglie in bocca.

    Bon appètit!

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