alimenti

  • Il Ghana deposita semi nella “cassaforte del giorno del giudizio” del Circolo Polare Artico

    Il Ghana ha depositato i semi nel cosiddetto “doomsday vault” (caveau del giorno del giudizio) del Circolo Polare Artico nel tentativo di garantire la protezione a lungo termine delle principali colture alimentari del paese.

    Lo Svalbard Global Seed Vault, una struttura annidata in una montagna artica sulla remota isola norvegese di Spitsbergen, salvaguarda oltre 1,2 milioni di campioni di semi, la più grande raccolta al mondo di diversità di colture in un singolo luogo.

    Il caveau è di proprietà del governo norvegese ed è progettato per resistere a tutti i disastri naturali e umani.

    Secondo i suoi operatori, la struttura fornisce protezione e preservazione permanenti delle colture alimentari per garantire la futura sicurezza alimentare globale in caso di disastro, guadagnandosi il soprannome di “archivio del giorno del giudizio”.

    Il deposito del Ghana è stato effettuato dal Plant Research Institute del paese dell’Africa occidentale e comprende colture chiave come mais, riso, melanzane e fagioli.

    Il Crop Trust, che gestisce il deposito di semi, ha affermato di avere semi provenienti da quasi tutti i paesi della Terra. Il Ghana segue nazioni africane come Etiopia, Kenya, Nigeria e Zambia nell’effettuare depositi.

  • Si spende di più e si compra meno, boom dei discount

    La crescita dei prezzi spinge in alto la spesa delle famiglie costrette però a comprare meno prodotti. Ad aprile infatti – secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istat – le vendite al dettaglio sono cresciute del 3,2% in valore rispetto allo stesso mese del 2022, ma sono diminuite del 4,8% in volume. E gli italiani cercando di risparmiar e di difendersi dall’inflazione si rivolgono sempre più alla grande distribuzione e ai discount alimentari.

    Market e supermarket hanno registrato ad aprile un +7,2% tendenziale delle vendite in valore (a fronte del +3,2% generale), mentre le imprese operanti su piccole superfici hanno perso terreno anche in valore (-1,1%). I discount alimentari all’interno della grande distribuzione hanno segnato un aumento delle vendite tendenziale del 9,2% mentre i supermercati hanno registrato un +7,4%. Se si guarda ai primi 4 mesi dell’anno le vendite sono cresciute nel complesso del 5,2% con una grande differenza tra la grande distribuzione (+7,8%) e i piccoli negozi (+2,5%). I discount alimentari hanno registrato un +9,1%.

    Con le famiglie che tirano la cinghia fanno fatica soprattutto i piccoli negozi che non vendono alimentari che registrano un calo di vendite in valore nonostante l’aumento dei prezzi dell’1,9% ad aprile su base tendenziale e un aumento dell’1,9% nei primi quattro mesi sempre su base tendenziale. Per quanto riguarda i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali eterogenee tra i gruppi di prodotti. L’aumento maggiore riguarda i prodotti di profumeria, cura della persona (+7,9%) mentre i prodotti farmaceutici registrano il calo più sostenuto (-3,2%).

    Se si guarda al dato congiunturale ad aprile 2023 si stima rispetto a marzo un aumento per le vendite al dettaglio in valore (+0,2%) e un calo in volume (-0,2%). Sono in crescita le vendite dei beni alimentari (+0,9% in valore e +0,6% in volume) mentre quelle dei beni non alimentari registrano una diminuzione (-0,4% in valore e -0,7% in volume).

    Le associazioni dei commercianti esprimono preoccupazione e chiedono al governo sostegni per favorire la ripresa dei consumi. “A soffrire – sottolinea Federdistribuzione – non è solo il comparto alimentare ma anche le categorie del non alimentare, in particolare l’abbigliamento, che più risentono dell’andamento meteorologico e di una stagione estiva in forte ritardo. In questa prospettiva di incertezza, occorre quindi il massimo impegno per favorire la ripresa dei consumi, attraverso il sostegno alle famiglie e alle imprese”.

  • Ridurre gli sprechi alimentari e dei prodotti: la Commissione chiede il parere dei cittadini sulla revisione della direttiva quadro “rifiuti”

    La Commissione ha lanciato una consultazione pubblica sulla revisione della direttiva quadro sui rifiuti, comprendente anche la definizione di obiettivi dell’UE in materia di riduzione dei rifiuti alimentari. La revisione mira a migliorare i risultati ambientali complessivi della gestione dei rifiuti in linea con la “gerarchia dei rifiuti” basata sull’approccio “riduci-riutilizza-ricicla” e con il principio “chi inquina paga”.  Virginijus Sinkevičius, Commissario responsabile per l’Ambiente, gli oceani e la pesca, ha dichiarato: “Per conseguire gli obiettivi dell’economia circolare e della neutralità climatica previsti dal Green Deal europeo, dobbiamo compiere maggiori sforzi volti in primo luogo ad evitare la produzione di rifiuti e a rendere più efficiente il nostro settore della gestione dei rifiuti. È ciò che vogliamo fare con questa revisione. Inoltre stiamo lavorando per fissare per la prima volta obiettivi di riduzione degli sprechi alimentari. Attendo con interesse il vostro parere su come fare sì che i prodotti – una volta giunti al termine del loro ciclo di vita – restino utili e generino meno rifiuti”. Stella Kyriakides, Commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare ha dichiarato: “Le sfide poste al clima e alla biodiversità, la pandemia di COVID-19 e i conflitti in corso rendono ancora più importante la transizione verso sistemi alimentari resilienti e sostenibili che proteggano sia le persone che il pianeta. Lo spreco alimentare è una delle principali fonti di inefficienza dei nostri sistemi alimentari. Dobbiamo intensificare i nostri sforzi per contenere la mole dei rifiuti da essi prodotta. Introducendo obiettivi giuridicamente vincolanti per ridurre gli sprechi alimentari puntiamo a ridurre l’impronta ambientale dei sistemi alimentari e ad accelerare i progressi dell’UE verso il nostro impegno globale di dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2030.” La revisione si concentrerà sui seguenti settori strategici: prevenzione (compresa la riduzione dei rifiuti alimentari), raccolta differenziata, rifiuti specifici come gli oli usati e i prodotti tessili, applicazione della gerarchia dei rifiuti e del principio “chi inquina paga”.   La consultazione pubblica, aperta fino al 16 agosto 2022, fornirà indicazioni per i lavori in corso sulla valutazione d’impatto che accompagnerà la proposta della Commissione.

    Fonte: Commissione europea

  • Sicurezza alimentare: l’UE vieta l’uso del biossido di titanio (E171) come additivo alimentare nel 2022

    Gli Stati membri hanno approvato la proposta della Commissione europea di vietare l’uso del biossido di titanio (E171) come additivo alimentare a partire dal 2022. Il biossido di titanio è utilizzato come colorante in prodotti quali gomme da masticare, integratori alimentari, prodotti di pasticceria, minestre e brodi.

    La proposta della Commissione si basa su un parere scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che ha concluso che l’additivo E171 non può più essere considerato sicuro se utilizzato come additivo alimentare, in particolare perché non si possono escludere preoccupazioni riguardo alla genotossicità.

    Salvo obiezioni del Consiglio o del Parlamento europeo entro la fine dell’anno, il testo entrerà in vigore all’inizio del 2022. Seguirà quindi un periodo di graduale eliminazione di 6 mesi, dopo il quale si applicherà un divieto totale dell’additivo nei prodotti alimentari. Maggiori informazioni sono disponibili nella sezione dedicata a domande e risposte.

    Fonte: Commissione europea

  • Secondo uno studio della Commissione europea alcuni prodotti alimentari prodotti nell’UE hanno marchi simili ma composizioni diverse

    La Commissione ha pubblicato i risultati di una campagna di prova paneuropea sui prodotti alimentari da cui emerge che alcuni prodotti, pur avendo una diversa composizione, recano un marchio identico o simile. Lo studio parte dall’impegno del Presidente Junker, sin dal suo discorso sullo stato dell’Unione nel 2017, ad affrontare il problema delle differenze di qualità dei prodotti. La Commissione europea ha promosso così diverse iniziative e ha pubblicato il 24 giugno uno studio basato sull’analisi di prodotti alimentari secondo una stessa metodologia in tutta l’UE, per meglio comprendere il fenomeno delle differenze di qualità dei prodotti. Dall’analisi condotta dal Centro comune di ricerca (JRC, il servizio interno della Commissione europea per la scienza e la conoscenza) su 1.400 prodotti alimentari in 19 paesi dell’UE è risultato che il 9% dei prodotti messi a confronto differiva per composizione sebbene la parte anteriore della confezione fosse identica. Per un altro 22% dei prodotti, per i quali sono state rilevate differenze di composizione, la parte anteriore della confezione era simile. Lo studio non ha messo in evidenza un modello geografico coerente. In base alla nuova metodologia messa a punto, le autorità nazionali competenti saranno ora in grado di effettuare caso per caso l’analisi necessaria a individuare le pratiche ingannevoli vietate dal diritto dei consumatori dell’UE.
    Lo studio ha analizzato 1.380 esemplari di 128 diversi prodotti alimentari di 19 Stati membri. Tuttavia si tratta di un campione non rappresentativo della grande varietà di prodotti alimentari disponibili sul mercato dell’UE. Dallo studio è emerso che nella maggioranza dei casi la composizione dei prodotti coincideva con il modo in cui erano presentati: per il 23% dei prodotti quanto indicato sulla parte anteriore della confezione e la composizione coincidevano, mentre per il 27% dei prodotti a una diversa composizione corrispondeva una diversa parte anteriore della confezione; il 9% dei prodotti presentati come identici nei diversi paesi dell’UE aveva una composizione diversa: tali prodotti presentavano una parte anteriore della confezione identica ma una composizione differente. Un altro 22% dei prodotti presentati in modo simile aveva una composizione differente: tali prodotti presentavano una parte anteriore della confezione simile ma una composizione differente; non è stato rilevato alcun modello geografico coerente per quanto riguarda l’uso di imballaggi identici o simili per prodotti con una composizione differente. Inoltre le differenze di composizione rilevate nei prodotti analizzati non implicano necessariamente una differenza di qualità.

  • Bruxelles sollecita il potenziamento dei controlli sulle vendite di alimentari online

    Lo shopping on line di alimenti sta diventando sempre più popolare, e mentre cresce il numero delle aziende alimentari che sfruttano i nuovi modelli del business on line (il web contiene molte offerte di prodotti alimentari, compresi gli integratori) chi vende non sempre è consapevole che le norme europee valgono anche on line. «Tuttavia – fa notare una nuova relazione della Commissione Europea – gli operatori che entrano in questo mercato non sempre sanno che le norme sulla sicurezza alimentare dell’Unione Europea sono applicabili anche alle vendite online».

    La Commissione ha analizzato i controlli ufficiali degli Stati Membri sulle vendite di alimenti via Internet, per verificare se la compravendita on line sia stata inserita nei sistemi di sicurezza alimentare vigenti. Le norme che disciplinano le attività commerciali alimentari tradizionali (ad esempio norme di igiene e etichettatura) devono essere rispettate anche per gli alimenti oggetto di shopping on line. In base a una serie di missioni della DGSANTE condotte nel 2017 in 7 Stati membri dell’UE. La conclusione della Commissione è che i controlli ufficiali per la sicurezza degli alimenti compravenduti on line «sono ancora limitati e dovranno essere ulteriormente potenziati, anche a causa della rapida crescita prevista nei prossimi anni di e-commerce».

  • In Italia obbligatoria l’etichettatura trasparente per gli alimenti. Ma in Europa molto ancora si deve fare

    Dopo 15 anni sembra essersi concluso il contenzioso tra  Italia ed Unione europea in tema di etichettatura trasparente con il decreto legge Semplificazioni nel quale vi è l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti. Questo obbligo raggiunge due obiettivi prioritari: difendere, valorizzare la produzione  nazionale e consentire al consumatore scelte consapevoli ed informate, specie in un periodo nel quale si spacciano per Made in Italy alimenti che non hanno nulla a che vedere con la produzione italiana.

    Al termine dell’iter di approvazione tutti i prodotti alimentari avranno obbligatoriamente un’etichetta con il luogo di provenienza geografica, questa nuova norma rappresenterà un grande passo avanti anche nella prevenzione delle frodi, nella tutela della proprietà industriale e nel contrasto della concorrenza sleale. Finalmente si conoscerà, ad esempio, la provenienza della frutta  utilizzata per succhi di frutta, marmellate etc, dei legumi in scatola, della carne utilizzata per insaccati e prosciutti. La misura tiene anche conto che in questo modo possa diminuire il numero degli allarmi dovuti agli scandali alimentari nell’Unione europea  che nel 2018 sono stati circa 20 al giorno.

    L’obbligo dell’etichettatura d’origine dovrebbe essere esteso a tutti i prodotti alimentari. Non possiamo dimenticare che l’etichettatura trasparente sarebbe  necessaria per  tutti i manufatti e se questo importante traguardo non si è ancora realizzato è per l’opposizione della Germania e dei paesi del nord Europa che, ancora nella scorsa legislatura europea, nonostante il voto favorevole del Parlamento, si erano opposti a discutere in Consiglio il regolamento proposto dalla Commissione europea e, con migliorative modifiche, approvato dal Parlamento. L’Italia resta all’avanguardia per norme di trasparenza alimentare ma ancora resta molto da fare anche per punire chi ancora produce ed etichetta in modo scorretto o falso. In Europa la strada alla trasparenza è iniziata dopo la crisi della mucca pazza, nel 2002, e non è ancora finito il percorso di tutela dei consumatori che, secondo la loro organizzazione europea, Beuc, per più del 70% vogliono conoscere cosa mangiano.

  • Italia primatista europea per controlli sugli alimentari

    Con oltre 1400 segnalazioni, nel 2017 l’Italia è stato il Paese europeo più attivo nel sistema di allerta rapido europeo per alimenti e mangimi che garantisce la sicurezza alimentare. Il primato nell’utilizzo dello strumento per lo scambio di informazioni tra autorità nazionali Ue sulle misure adottate in risposta a questi rischi nasce dal maggior numero di prime notifiche e di risposte a segnalazioni degli altri stati membri. Questo segnala il livello di guardia molto alto che le autorità italiane mantengono sulla sicurezza alimentare. Il maggior numero di notifiche riguardano prodotti di origine spagnola, soprattutto per la presenza di mercurio nel pesce, e nazionali. Come in altri Paesi europei, l’anno passato si è distinto per un aumento delle segnalazioni sul fipronil, la sostanza al centro del caso delle uova contaminate che ha interessato soprattutto Belgio e Olanda nell’estate 2017. Altre segnalazioni dell’Italia riguardano pollame con salmonella o la presenza di aflatossine in noci, prodotti a base di noci e semi.

  • “Eat ORIGINal! Unmask your food”: la Commissione UE registra l’iniziativa dei cittadini europei

    Il Collegio dei Commissari, mercoledì 19 settembre, ha deciso di registrare un’iniziativa dei cittadini europei dal titolo “Eat ORIGINal! Unmask your food”.

    L’obiettivo dichiarato della proposta di iniziativa dei cittadini è quello di imporre dichiarazioni di origine obbligatorie per tutti i prodotti alimentari al fine di prevenire le frodi, tutelare la salute pubblica e garantire il diritto all’informazione dei consumatori.

    La decisione della Commissione di registrare l’iniziativa riguarda unicamente l’ammissibilità giuridica della proposta. In questa fase la Commissione non analizza il merito.

    La registrazione di questa iniziativa avrà luogo il 2 ottobre 2018, data dalla quale decorrerà la raccolta annuale di firme a sostegno da parte degli organizzatori. Se l’iniziativa riceverà un milione di dichiarazioni di sostegno in almeno sette Stati membri nell’arco di un anno, la Commissione dovrà reagire entro tre mesi. La Commissione può decidere di dare o di non dare seguito alla richiesta e in entrambi i casi dovrà giustificare la sua decisione.

    Prevista dal trattato di Lisbona come strumento per consentire ai cittadini di influire sul programma di lavoro della Commissione, l’iniziativa dei cittadini europei è stata istituita nell’aprile del 2012 con l’entrata in vigore del regolamento riguardante l’iniziativa dei cittadini che attua le disposizioni del trattato.

    Una volta registrata ufficialmente, l’iniziativa dei cittadini europei consentirà a un milione di cittadini provenienti da almeno un quarto degli Stati membri dell’UE di invitare la Commissione europea a proporre atti giuridici nei settori di sua competenza. Come previsto dal regolamento sull’iniziativa dei cittadini, per essere ammissibile l’azione proposta non deve esulare manifestamente dalla competenza della Commissione di presentare una proposta legislativa e non deve essere manifestamente ingiuriosa, futile o vessatoria né manifestamente contraria ai valori dell’Unione.

    Fonte: Comunicato stampa della Commissione europea del 19 settembre 2018

  • L’Italia subito, la Ue dal 2020 impone di indicare in etichetta il luogo di produzione dell’ingrediente principale dei prodotti alimentari

    Le etichette alimentari dovranno contenere il luogo di produzione della materia prima dell’alimento stesso (ad esempio il grano per la pasta). Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso dell’associazione italiana dei pastai (Aidepi) contro il decreto che prevede l’informazione al consumatore e anche la Commissione europea dal l’1 aprile 2020 renderà obbligatorio riportare sull’etichetta degli alimenti commerciati nella Ue l’indicazione del luogo di produzione dell’ingrediente principale (il regolamento europeo soppianterà il decreto ministeriale italiano).

    Un nuovo rapporto del Beuc, l’organizzazione europea dei consumatori, ha intanto fotografato i modi in cui le etichette ingannevoli sui produtti alimentari inducono in errore i consumatori, evidenziando – come riferisce Il Fatto Alimentare – tre modalità ricorrenti.

    La prima riguarda i prodotti industriali etichettati come “tradizionali”, “artigianali”, “naturali” o che richiamano la “ricetta della nonna”: simili indicazioni possono far pensare a produzioni minori realizzate da imprese artigianali qualificate, mentre spesso si tratta di alimenti industriali ricchi di coloranti, additivi e altri ingredienti, che i consumatori sarebbero sorpresi di trovare in un prodotto “artigianale”.

    Alimenti e bevande, in secondo luogo, riportano poi spesso fotografie di frutti che fanno pensare a prodotti salutari mentre in molti vasetti si trovano minime quantità di frutta, abbinata a sapienti aromi, mescolata ad altri ingredienti meno salutari (alcuni produttori sostengono che tali immagini sono usate per caratterizzare il gusto del prodotto e non per evidenziare la presenza della frutta, il Beuc sottolinea come questo atteggiamento sia in contrasto con le aspettative dei consumatori, convinti di una correlazione diretta fra immagini sulle confezioni e ingredienti presenti all’interno del prodotto).

    Infine i prodotti qualificati dall’etichetta come “integrali” (che registrano crescente successo) sono in effetti non di rado un po’ meno salutari quando si esamina il contenuto di fibre riportato in caratteri piccoli sul retro della confezione. In Italia, Spagna e Olanda, ad esempio, il pane integrale deve usare il 100% di farina integrale, ma questo non vale in tutta Europa.

Pulsante per tornare all'inizio