Austria

  • L’Austria vuole la grazia per gli ex terroristi sudtirolesi

    L’arresto degli ex brigatisti in Francia ha riacceso il faro su un altro, ormai piccolissimo, gruppo di ex terroristi riparati all’estero, ovvero quello dei sudtirolesi, condannati in contumacia in Italia e che da molti decenni vivono in Austria e Germania. Mentre gli uni chiedono la grazia per chiudere questo capitolo di storia, gli altri rivendicano l’arresto e l’estradizione verso l’Italia.

    In sostanza si tratta ormai solo dei tre cosiddetti ‘Bravi ragazzi della Pusteria’ ancora in vita, tutti ormai ottantenni. Uno di loro è Siegfried Steger, che recentemente ha incontrato nella sua casa in Tirolo Dina Tiralongo, la figlia del carabiniere Vittorio, ucciso nel 1964 durante un’imboscata a Selva dei Mulini. Senza ammettere direttamente le sue responsabilità, si è detto dispiaciuto “per i morti di entrambe le parti”. “Mentirei se dicessi che mi pento di qualcosa che ho fatto”, ha però aggiunto Steger durante l’incontro, raccontato dal giornalista bolzanino Artur Oberhofer nel documentario ‘Voglio guardarlo negli occhi’, trasmesso recentemente da Rai Suedtirol.

    “E’ arrivata l’ora di pronunciare la parola fine”, dice ora Hermann Gahr, presidente della commissione sulla questione altoatesina del Parlamento a Vienna. Il rappresentante del partito popolare Oevp del cancelliere Sebastian Kurz si dice perciò “preoccupato” per le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che in un’intervista al quotidiano La Repubblica ha auspicato – senza però fare riferimento esplicito all’Alto Adige – che dopo gli arresti in Francia “possa avvenire lo stesso per quanti si sono sottratti alla giustizia italiana e vivono la latitanza in altri Paesi”.

    La grazia per i ‘Freiheitskämpfer’, i ‘combattenti per la libertà’, è da sempre all’ordine del giorno degli incontri transfrontalieri e lo sarà anche nei prossimi giorni, quando la ministra alla Giustizia di Vienna Alma Zadic vedrà la sua omologa italiana Marta Cartabia. A luglio è invece in programma la visita del presidente austriaco Alexander Van der Bellen in Italia. Una svolta, soprattutto in questo momento, sembra improbabile.

    Nel frattempo i partiti italiani e austriaci ribadiscono le loro posizioni. “Si chiuda per sempre la stagione del terrorismo e dello stragismo secessionista, ma solo con la riconsegna da parte delle autorità austriache e tedesche dei criminali”, afferma il consigliere provinciale di Fdi, Alessandro Urzì. Ribatte la Sued-Tiroler Freiheit, il partito fondato da Eva Klotz: “Senza i metodi criminali dello Stato italiano, che voleva eliminare il nostro gruppo etnico, non sarebbe servita la resistenza armata”, sostiene il consigliere provinciale Sven Knoll. Secondo Peter Wurm, dell’ultradestra austriaca Fpoe, “decenni di esilio bastano come pena, anche perché molte accuse sono infondate”.

  • L’esempio austriaco: il ministro della Salute lascia per garantire più efficienza contro la pandemia

    “Gli ultimi 15 mesi pesano come 15 anni”. Dopo due collassi subiti nelle scorse settimane, il ministro della Salute austriaco Rudolf Anschober ha gettato la spugna e si è dimesso. E’ finita così la breve parabola del ‘ministro Covid’. Un anno fa, durante la prima ondata, l’esponente dei Verdi era il membro del governo Kurz con il più alto tasso di fiducia. Mentre in molti lo vedevano già alla Hofburg come successore del presidente Alexander Van der Bellen, il perdurare della pandemia ha logorato Anschober nel profondo, non solo a livello politico ma anche fisico.

    I problemi di salute sono stati a lungo un tabù per i politici, non solo in Austria. Il mitico cancelliere socialdemocratico Bruno Kreisky si sottoponeva di nascosto a cicli di dialisi e nel 2005 l’allora presidente Thomas Klestil morì a 2 giorni dalle fine del suo mandato dopo 2 infarti e un’embolia polmonare. Anschober, invece, ha cambiato approccio e questa mattina ha alzato bandiera bianca: “Nella peggiore crisi sanitaria degli ultimi decenni l’Austria necessita di un ministro della Salute in forma al 100%. La pandemia non prende pause e neanche il ministro della Salute può farlo”, ha detto il sessantenne. “Non voglio autodistruggermi, aziono il freno d’emergenza”, ha aggiunto.

    Per il verde non è la prima volta. Nel 2012 ebbe un burnout e ne parlò pubblicamente. “E’ come se ti staccassero la spina”, ha ricordato. “Nella politica l’assenza per malattia è immaginabile solo per un breve periodo. Per questo gli si deve rispetto”, ha commentato parlando con l’Ansa il politologo Peter Filzmaier.

    Un anno fa l’ex maestro elementare Anschober volava nei sondaggi. Piaceva il suo modo di spiegare concetti complessi con parole semplici e pacate. Sono però seguite delle battute d’arresto e il ‘ministro Covid’ ha perso smalto, come evidenzia Filzmaier: “Ordinanze contraddittorie oppure in contrasto con la legislazione e obiettivi temporali che poi non reggevano”. E’ ormai entrata nel repertorio dei cabarettisti stile Crozza il suo tormentone: “Le prossime settimane saranno decisive”. Il politologo ricorda anche il tira e molla sulle riaperture: “Dal secondo posto nei sondaggi alle spalle di Van der Bellen la scorsa estate, Anschober nei mesi scorsi è crollato in 13esima posizione”.

    Il ministro ha annunciato anche il ritiro dai social media. “Quello che mi sostiene – confessava nei mesi scorsi agli amici – è la speranza di poter presto tornare in Italia”. Qui, pandemia permettendo, Anschober potrà realizzare il suo sogno nel cassetto, ovvero quello di scrivere un romanzo politico. Nel frattempo, lunedì prossimo giurerà il suo successore, il tecnico Wolfgang Muckstein, un medico con una lunga esperienza amministrativa.

  • Il gioiello alpino di Ischgl rischia di costare cause milionarie all’Austria

    L’Associazione per la protezione dei consumatori austriaca (Vsv) ha presentato quattro cause civili contro il governo di Vienna, accusandolo di non aver contenuto l’epidemia di coronavirus nel resort alpino di Ischgl. La località sciistica fu all’origine di migliaia di infezioni in tutto il mondo, nella prima fase della pandemia, ed è considerata uno dei primi focolai “super diffusori” europei. Il presidente dell’associazione, Pete Kolba, ha dichiarato che i quattro casi, che riguardano un cittadino austriaco e tre tedeschi, potrebbero porre le basi per una class action di un migliaio di persone, risultate positive dopo aver visitato Ischgl a febbraio e marzo. La Vsv, ha aggiunto, è stata contattata da 6mila persone di 45 Paesi, l’80% delle quali è risultata positiva dopo il ritorno dal resort, e almeno 32 delle quali sono morte. Ha quindi accusato le autorità austriache di essersi piegate agli interessi dell’industria turistica della valle di Paznaun, dove si trova la località.

    Il ‘pacchetto’ completo dovrebbe comprendere il 63% di Mts, con Lse che ha tempi meno stretti per la cessione dopo che l’Antitrust Ue ha rinviato al 16 dicembre la nuova scadenza sulla decisione per l’acquisizione da parte di Londra di Refinitiv, il fornitore globale di dati e infrastrutture del mercato finanziario, partecipata da Blackstone e Thomson Reuters. L’Antitrust aveva sospeso l’esame a luglio per consentire alle parti di fornire informazioni rilevanti sull’operazione, ma comunque Lse per completarla deve comunque cedere Borsa Italiana.

    “Quando parliamo di gestione delle partenze”, “il cancelliere Kurz è probabilmente colui che ha creato il caos”, ha detto Kolba ai giornalisti, perché “ha rivelato che sarebbe accaduto qualcosa e creato una situazione impossibile per la polizia”. Il 13 marzo il cancelliere Sebastian Kurz annunciò che la valle sarebbe stata posta in quarantena quello stesso giorno, scatenando la fuga di migliaia di turisti stranieri. Secondo Kolba, già il 7 marzo le autorità avevano elementi sufficienti per avvisare i turisti in arrivo della situazione, ma non lo fecero. Inoltre, ha dichiarato, dopo l’imposizione della quarantena registrarono i dati di appena 2.600 dei 10mila stranieri cui chiesero di lasciare l’Austria. Kolba ha anche spiegato che i querelanti chiedono risarcimenti fino a 100mila euro ciascuno alle autorità federali austriache.

  • Six arrested in Europe for alleged bomb plot against Iranian opposition in France

    Belgium authorities announced an Iranian diplomat was arrested, as well two other people, on suspicion of plotting a bomb attack on a meeting of exiled Iranian opposition groups in France.

    Amir S., 38, and Nasimeh N., 33, husband and wife, both Belgian nationals, “are suspected of having attempted to carry out a bomb attack” on Saturday in the Paris suburb of Villepinte, during a conference organised by the People’s Mujahedin of Iran, a statement from the Belgian federal prosecutor said.

    A close ally of Donald Trump, former New York mayor Rudy Giuliani, was in attendance at the rally. Three arrests were also made in France. The couple, described by prosecutors as being “of Iranian origin”, were carrying 500 grams (about a pound) of the volatile explosive TATP along with a detonation device when an elite police squad stopped them in a residential district of Brussels.

    A diplomat at the Iranian Embassy in Vienna was also arrested in Germany, according to the Belgian statement.

    The arrests came as Iranian President Hassan Rohani began a trip to Europe.

    Iran’s foreign minister Javad Zarif called the news a sinister “false flag ploy” and said Tehran was ready to work with all concerned parties to get to the bottom of it. “How convenient: Just as we embark on a presidential visit to Europe, an alleged Iranian operation and its ‘plotters’ arrested,” Zarif tweeted.

    The Iranian President Hassan Rouhani arrived in Switzerland on Monday evening  for a visit to Europe presented as “paramount” for the future of the Iranian nuclear agreement following the U.S. withdrawal from the pact.

    Rouhani is due to be in Switzerland on Monday and Tuesday before travelling on Wednesday to Vienna, where the July 2015 agreement that ended Iran’s international isolation, in exchange of the freezing of its nuclear programme and its commitment never to develop the atom bomb, was signed.

    Austria took over the rotating presidency of the European Union (EU) for six months on Sunday, while Switzerland represents the interests of the United States in Iran in the absence of diplomatic relations between the two countries. The Vienna Agreement was signed between Iran and the Group of 5 + 1 (China, France, Germany, Great Britain and the United States).

    The People’s Mujahideen Organization of Iran, also known by its Persian name Mujahideen-e-Khalq, was once listed as a terrorist organization by the United States and the European Union but is no longer. Founded in 1965 as a left-wing Muslim group, it staunchly opposed the Shah of Iran and was involved in the protests that led to his downfall and the establishment of the Islamic Republic in 1979.

    It initially endorsed the republic’s founder Ayatollah Khomeini but, after its leader Massoud Rajavi was barred from standing in the first presidential election, the MEK turned against the government.

    It launched an armed struggle to topple the Islamic Republic, claiming responsibility for the assassination of several high-profile figures. After fleeing to France, the movement steadily acquired the characteristics of a cult, with veneration of Massoud Rajavi and his wife, Maryam.

  • Il valore contemporaneo

    Alla fine di una campagna elettorale che ha rappresentato il livello più basso ed infimo di un degrado culturale ormai inarrestabile, durante la quale si sono sparate soluzioni strategico-economiche prive di qualsiasi copertura e soluzioni assolutamente inattuabili sotto il profilo normativo, nessuno ha centrato la propria attenzione sullo sviluppo economico che si traduce in prodotti di alto livello ed espressione di una articolata filiera. A tal fine si ricorda per l’ennesima volta come non esista più l’azienda a ciclo completo come, allo stesso modo, un singolo prodotto risulti essere la sintesi di diversi know how i quali, ciascuno per le proprie competenze, professionali e industriali, concorrono alla creazione del  prodotto finale.

    In questo senso quindi, per una volta, va riconosciuto al settore dello sci alpino, al quale sono particolarmente legato, dimostrare anche attraverso la semplice comunicazione la scelta valoriale che rappresenta una delle poche ed ultime possibili vie di sviluppo, tanto nel breve ma soprattutto nel medio e lungo termine.

    La scelta di certificare infatti, e contemporaneamente di comunicare, il valore del Made in Austria come un valore e quindi attribuirgli un valore anche economico rappresenta una scelta intelligente ed anche strategicamente importante soprattutto a tutela delle più diverse professionalità che concorrono alla realizzazione dello sci. Non possono certamente le semplici politiche di apertura dei mercati rappresentare la soluzione per una crescita economica ma la tutela dei prodotti nazionali nella loro massima espressione all’interno di mercati liberi, i quali tuttavia non possono ma soprattutto non devono sottovalutare il peso del dumping sociale, economico e fiscale all’interno di un mercato che si definisce aperto alla concorrenza. Mercati quindi che abbiano un impianto normativo che sappia tutelare ogni espressione industriale, professionale e culturale in quanto i prodotti rappresentano l’espressione culturale contemporanea della conoscenza ma anche del progresso culturale, tecnologico e quindi storico di un paese. A conferma di questa definizione di prodotto, semplicemente a titolo di curiosità, basti pensare a quanti brand dei diversi settori merceologici cerchino, attraverso la propria strategia di comunicazione, di dimostrare una supposta o reale storia industriale come un valore aggiunto al prodotto attuale.

    Viceversa, nessuno in questi mesi di campagna elettorale ha parlato della tutela del Made in: non i partiti, non gli economisti, non gli accademici. Un atteggiamento e soprattutto una mancanza di attenzione in quanto tale scelta risulta espressione di una società assolutamente distonica rispetto alle aspettative del mercato, pur all’interno di una continua evoluzione. Il marchio austriaco di sci Blizzard infatti oggi risulta di proprietà del gruppo italiano Tecnica di Giavera del Montello il quale ha recentemente visto l’ingresso con il 40% del fondo di investimento industriale Italmobiliare, un fondo italiano che si occupa di investimenti industriali. Quindi, anche per quella che viene indicata come la naturale evoluzione dei gruppi industriali familiari che si devono aprire agli investimenti di fondi privati con questo nuovo asset l’azienda madre considera strategica la valorizzazione del Made in come fattore fondamentale, storico e tecnologico per assicurarsi con successo sui mercati globali un posizionamento di alto di gamma.

    Una struttura moderna dimostra perciò come la sintesi del valore storico, unita alla certificazione e alla tutela normativa della filiera a monte come a valle, riesce ad assicurare la creazione del valore stesso, definendo ed attribuendo attraverso tale scelta strategica un valore assolutamente contemporaneo alla definizione di Made In che nello specifico si dimostra made in Austria.

    Ancora una volta l’economia reale risulta molto più avanti di coloro che pretenderebbero di definirla persino nelle sue dinamiche future e soprattutto governarla.

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