auto

  • La Commissione apre la strada all’integrazione sicura degli “aerotaxi” e di altri usi innovativi dei droni

    La Commissione ha adottato una serie di misure per affrontare le sfide riguardanti la sicurezza dei nuovi concetti e servizi emergenti nell’ambito della mobilità aerea e garantire che le loro operazioni siano sicure quanto quelle degli aeromobili con equipaggio.

    Il pacchetto riguarda due settori emergenti nel settore degli aeromobili: aeromobili con equipaggio a decollo e atterraggio verticale (spesso denominati VTOL con equipaggio o aerotaxi pilotati, cioè piccoli aeromobili commerciali che effettuano voli brevi su richiesta) e operazioni a rischio più elevato con droni senza equipaggio (la cosiddetta “categoria specifica”).

    L’obiettivo è unificare e razionalizzare il panorama normativo in tutti gli Stati membri, migliorando la sorveglianza e le norme di sicurezza operativa.

    Per esempio, le misure introdurranno nuovi obblighi e procedure di certificazione dell’aeronavigabilità a livello dell’UE per gli aeromobili a decollo e atterraggio verticale con e senza equipaggio, riguardanti sia l’integrità fisica sia i rischi per la sicurezza digitale che potrebbero incidere sulla sicurezza del loro funzionamento.

    Le misure riguarderanno anche i requisiti per la licenza di pilota di aerotaxi, le norme sull’integrazione nello spazio aereo (definizione delle traiettorie di volo, regole di decollo e atterraggio ecc.), oltre a norme specifiche che consentono a tali aeromobili di effettuare servizi medici di emergenza e operazioni di soccorso.

  • La Ferrari raddoppia le vendite di auto a Taiwan

    Le vendite del marchio automobilistico Ferrari a Taiwan sono raddoppiate negli ultimi quattro anni, sostenute dalla crescente ricchezza delle imprese di chip e semiconduttori e dal ritorno di capitale dovuto alla diversificazione delle catene di approvvigionamento.

    L’amministratore delegato di Ferrari, Benedetto Vigna, ha affermato che la domanda a Taiwan sta crescendo più rapidamente che in Cina o Hong Kong a causa di un forte aumento delle vendite di vetture ai cittadini sempre più ricchi di Taiwan. “La Cina cresce ma meno di Taiwan”, ha dichiarato Vigna al quotidiano “Financial Times”, aggiungendo: “A Taiwan ci sono più imprenditori e l’industria dei chip è in forte espansione”.

    Il mese scorso Ferrari ha registrato guadagni annuali record. E sebbene la maggior parte dei suoi guadagni provenga dall’Europa e dagli Stati Uniti, la casa automobilistica ha riferito che le spedizioni verso la Cina continentale e Taiwan sono aumentate dal 5% del totale nel 2020 a quasi l’11% nel 2023. Ferrari sta sfruttando un’impennata della ricchezza privata che ha reso Taiwan al quinto posto nel mondo, in parte grazie anche alla forte espansione del settore dei semiconduttori.

  • Nuovi sconti sul mercato cinese, Tesla incalza Byd in casa sua

    La casa automobilistica statunitense Tesla ha varato nuovi incentivi in Cina per fidelizzare e aumentare la quota di clienti nel mercato nazionale, dove è alle prese con una serrata guerra dei prezzi con rivali locali come Build Your Dreams (Byd). Come riferito dall’azienda di Elon Musk in una nota pubblicata sul social network Weibo, la casa automobilistica offrirà incentivi fino a 4.807 dollari a quanti acquisteranno esemplari invenduti di berline Model 3 e Suv Model Y entro la fine del mese. Tesla offrirà anche piani di finanziamento preferenziali a tempo determinato per l’acquisto di Model Y, che garantiranno agli acquirenti un risparmio fino a 2.306 dollari.

    Gli incentivi comprendono anche uno sconto di 1.111 dollari sui prodotti assicurativi e sconti pari a 1.389 dollari per modifiche alla colorazione dell’auto. A fronte del rallentamento della domanda e alla crescente concorrenza in Cina, Tesla ha tagliato i prezzi su alcune tipologie di Model 3 e Y a gennaio, offrendo sconti in contanti per alcune Model Y dal primo febbraio. Il suo più grande rivale locale, Byd, ha abbassato oggi il prezzo di lancio di una nuova versione del suo Suv ibrido Song Pro del 15,4%. Byd ha detronizzato Tesla come principale produttore di veicoli elettrici nel quarto trimestre.

    Sull’altra sponda del Pacifico, l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha mosso i primi passi verso la chiusura del mercato automobilistico statunitense ai veicoli elettrici connessi a Internet di produzione cinese, sulla base di considerazioni legate alla sicurezza nazionale. Il dipartimento del Commercio Usa ha avviato proprio un’indagine a carico dei veicoli elettrici cinesi connessi alla rete, argomentando che Pechino potrebbe utilizzarli come mezzo per appropriarsi di informazioni sensibili. L’indagine è il primo passo di un processo che potrebbe condurre a restrizioni sulle vetture elettriche importate dalla Cina, e fonti dell’amministrazione presidenziale citate dalla stampa Usa hanno evidenziato che l’indagine potrebbe sostenere “un’ampia gamma di risposte politiche” alle auto elettriche a basso costo cinesi, che stanno rapidamente guadagnando ampie quote del mercato globale della mobilità alternativa.

    In una nota diffusa ieri dalla Casa Bianca, Biden ha affermato che “la Cina è determinata a dominare il futuro del mercato dell’auto, anche tramite pratiche inique”. Secondo il presidente Usa, “le politiche della Cina potrebbero inondare il nostro mercato di veicoli, ponendo un rischio per la sicurezza nazionale. Non lascerò che accada sotto il mio sguardo”, afferma la nota.

  • Aggiornamento software per le auto Tesla

    Elon Musk sta attraversando un periodo difficile, con il crollo di Twitter e ora anche un problema serio riguardante il suo marchio di punta, Tesla. La sua popolarità è in declino da anni e attualmente si confronta con la necessità di ritirare più di due milioni di veicoli dal mercato. La causa di questo inconveniente è l’Autopilot, l’elemento chiave che dovrebbe definire questi veicoli e che dovrebbe rappresentare il primo passo verso il futuro dell’industria automobilistica.

    Più di 2,3 milioni veicoli Tesla sono stati richiamati dagli Stati Uniti, per apportare correttivi necessari al sistema Autopilot. Seppure si parli di richiamo, va precisato che in realtà consiste in un aggiornamento a distanza del software, che migliora così la funzione del pilota automatico. Il sistema Autopilot non è considerato sufficientemente sicuro, e questa non è la prima volta che si verifica un problema del genere. Questo rappresenta il quarto “richiamo” dal mercato in meno di 2 anni, ma stavolta i numeri sono davvero preoccupanti. Si tratta dell’operazione di richiamo più massiccia nella storia dell’azienda. L’azienda di Elon Musk si troverà a effettuare aggiornamenti a distanza su Tesla Model 3, S, X e Y, riguardanti le vetture vendute tra il 2012 e il 2023 esclusivamente negli Stati Uniti.

    Il provvedimento è giunto dopo 2 anni di indagini condotte dall’Nhtsa – National Highway Traffic Safety Administration su una serie di incidenti verificatisi durante l’uso dell’Autopilot, il sistema di assistenza alla guida sviluppato dalla casa automobilistica fondata da Elon Musk. Dal 2016, l’agenzia ha avviato oltre 40 indagini sugli incidenti che coinvolgono veicoli Tesla, focalizzandosi in particolare sui casi in cui si sospetta l’attivazione delle funzionalità avanzate di assistenza alla guida. Questi incidenti hanno purtroppo portato alla perdita di diciannove vite umane. Il rapporto di richiamo dell’Nhtsa include anche ulteriori misure di sicurezza per i veicoli Tesla e sottolinea che l’aggiornamento del software dell’azienda, già distribuito su alcuni veicoli, ridurrà le situazioni in cui è possibile utilizzare l’Autosteer.

    Secondo l’Nhtsa, le indagini hanno rilevato che i metodi utilizzati dall’Autopilot per garantire che i conducenti rimangano attenti e mantengano il controllo della situazione sono insufficienti. In alcune circostanze, quando l’Autosteer (il sistema di sterzatura automatica dell’azienda) è attivo, i controlli della funzione potrebbero non essere adeguati a prevenire un uso improprio da parte del conducente.

    Secondo quanto dichiarato sul sito web di Tesla, l’Autopilot è definito come un sistema di assistenza alla guida progettato per essere utilizzato solo con un conducente completamente attento. L’Autopilot non trasforma le Tesla in veicoli a guida autonoma né li rende autonomi. Il sistema è in grado di sterzare, accelerare e frenare automaticamente all’interno della corsia, ma il conducente deve rimanere responsabile della guida.

    Il segretario ai Trasporti, Pete Buttigieg, aveva già fatto richiesta a Tesla mesi fa di evitare di chiamare la sua guida assistita “Autopilot”. La Nhtsa ha esaminato 322 incidenti, compresi diversi con vittime, in cui si sospetta che l’Autopilot possa essere stato coinvolto (con 23 decessi). Ann Carlson, amministratrice ad interim della Nhtsa, aveva dichiarato a Reuters all’inizio di quest’anno che è “davvero importante che i sistemi di monitoraggio dei conducenti tengano conto del fatto che gli esseri umani si fidano troppo della tecnologia“.

    Tesla risponderà a questa situazione distribuendo un aggiornamento software che incorporerà controlli e avvisi aggiuntivi rispetto a quelli già presenti sui veicoli interessati per incoraggiare ulteriormente il conducente ad attivare la propria responsabilità di guida continua ogni volta che Autosteer è attivato. Ciò significa mantenere le mani sul volante e prestare attenzione alla strada.

    Poche ore dopo l’uscita della notizia, il titolo è sceso parecchio in Borsa; nelle contrattazioni di mercoledì le azioni di Tesla hanno registrato un calo del 2,84%, alimentato dai timori che l’azienda potrebbe non riuscire a raggiungere gli obiettivi di consegna del quarto trimestre. Le azioni del produttore di automobili sono scese a $233,40 nel pre-market di Wall Streeet. Ma è stata una discesa breve, perchè già dopo 24 ore il titolo ha realizzato alle 17 un +5,31% e assestandosi a 224,31 dollari, recuperando le perdite di ieri e tornando ai prezzi di lunedì. Il 2023 in Borsa è stato comunque un buonissimo anno: da inizio anno ad oggi, il titolo è salito del 47,06%, con un aumento per azione di 106,16 dollari.

  • L’auto elettrica è un affare per la Cina e molto meno per l’ambiente

    L’auto elettrica è un gigantesco affare per la Cina, come emerge da un reportage dell’inchiesta che il giornalista del Financial Times ha condotto per dare alle stampa il volume «Il prezzo della sostenibilità».

    La Cina è oggi il principale esportare di auto elettriche del pianeta e produce il 75% delle batterie di litio che fanno funzionare tali vetture, ma questo primato è stato conseguito con scarsa attenzione verso l’ambiente, che è il vero propulsore delle vendite di auto elettriche, e non di rado anche verso i lavoratori.

    Zeng Yuqun, ha fondato Catl nel 2011 a Ningde, e 8 anni dopo ha creato la prima gigafactory di batterie in Germania, a Arnstadt, per garantire le forniture a Mercedes Benz e Bmw. Nel 2020 la Catl forniva le batterie a quasi tutti i produttori di auto elettriche compresa la Tesla, controllando con le sue partecipazioni i giacimenti di litio in Argentina e Australia, di nichel in Indonesia e di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo. In questo modo la Cina puntava a diventare il primo fabbricante di auto elettriche nel mondo.

    Parallelamente, la Ganfeng di Xinyu nella Cina centrale è diventata il più grande produttore di idrossido di litio estratto in Australia (e poi in Argentina) e trattato in Cina (con poco scrupolo per l’ambiente). In Congo le ditta cinesi operano nell’estrazione del cobalto e alle scarse cautele ecologiche si affiancano condizioni di lavoro nelle miniere decisamente cattive.

  • Le auto a guida autonoma aumentano l’inquinamento

    Le auto a guida autonoma potrebbero aumentare in misura ingente le emissioni inquinanti e mettere seriamente a rischio l’ambiente nei prossimi anni. L’allarme è stato lanciato dal Massachusetts Institute of Technology, sulla base di uno studio sulle prospettive di diffusione dei veicoli senza pilota. A destare preoccupazione è la crescente potenza di calcolo delle vetture autonome, che comporta di conseguenza un crescente fabbisogno di energia per alimentare i sistemi di bordo. Il rischio, avverte il Mit, è che il consumo di energia schizzerà alle stelle facendo impennare anche le emissioni ad esso legate.

    Ad oggi le case automobilistiche hanno consolidato la guida semi-autonoma, il cosiddetto livello 2, che supporta i guidatori, dal mantenimento della corsia alla frenata automatica di emergenza. Il passo successivo è il livello 3, la guida altamente automatizzata, in cui la vettura può “guidare da sola”  ed effettuare manovre complesse come i sorpassi. In ogni caso, il guidatore umano dev’essere sempre pronto a riprendere il controllo del veicolo, qualora si verificassero circostanze che l’auto non sa affrontare.

    La strada verso la guida completamente autonoma – livelli 4 e 5 – richiederà ancora anni di ricerca e sviluppo, ma la strada appare segnata: le vetture completamente autonome saranno dotate di decine di sensori in grano di assorbire informazioni sull’ambiente esterno, che poi saranno processate per creare una serie di scenari e consentire all’auto di prendere la giusta decisione.

    Più è alto il livello di autonomia, maggiore è la mole di dati necessaria e la potenza necessaria per elaborarli. E, di conseguenza, cresce il fabbisogno di energia. Secondo il MIT, i sistemi di guida di un miliardo di veicoli autonomi (ciascuno guidato per un’ora al giorno con un computer che consuma 840 watt) genererebbe una quantità di emissioni equivalente a quella di tutti i data center attuali del mondo. Che corrisponde all’incirca all’inquinamento prodotto da un Paese come l’Argentina, più o meno lo 0,3% delle emissioni globali.

    Come soluzione il Mit indica il raddoppio ogni anno, fino al 2050, dell’efficienza degli hardware, per tenere i consumi di ogni veicolo autonomo sotto la “soglia critica” di 1,2 kW di energia per l’elaborazione dei dati. Lo scenario appare di difficile realizzazione, ma l’alternativa, concentrarsi sugli algoritmi rendendoli più semplici ed efficienti, potrebbe comportare una minore sicurezza dei veicoli.

  • L’apocalisse settimana dopo settimana

    Mentre noi blocchiamo gli Euro 5 e l’Europa deindustrializza il nostro sistema economico frutto di decenni di investimenti finanziari e professionali, la Cina costruisce una centrale e mezzo a carbone ogni settimana.

    Esattamente come è precedentemente successo con il tessile abbigliamento, disintegrato da un sistema industriale dell’estremo Oriente con dei costi di manodopera e soprattutto con normative relative alla sicurezza del prodotto e dei lavoratori inesistenti, lo stesso destino viene riservato alla locomotiva industriale del settore Automotive.

    Il sistema Automotive cinese, infatti, si avvale, grazie al monopolio cinese sulle terre rare supportato da un sistema energetico che trae la propria forza principalmente dalle centrali a carbone, di costi complessivi sicuramente ridicoli rispetto a quelli europei.

    Ancora una volta emerge evidente come l’adozione di una falsa ideologia ambientalista rappresenti semplicemente una battaglia politica, portata avanti da quelle componenti che hanno perso il proprio riferimento nel sistema socialista dell’est Europa.

    Nel terzo millennio viene adottata dai vertici europei la strategia di “Insider Enemy” ed il cavallo di Troia viene rappresentato dall’ideologico approccio all’ambiente ma che come obiettivo ha la distruzione del nostro sistema industriale, economico ma soprattutto politico.

    Mai come ora, la Cina diventa sempre più forte non solo per gli effetti delle proprie scelte strategiche lontane anni luce da ogni minima attenzione all’ambiente.

    Un fondamentale supporto della strategia cinese viene dall’incompetenza assoluta di una classe dirigente europea e dei diversi Stati che la compongono la quale sta regalando tutti i primati tecnologici ed industriali ad un paese che rappresenta la prima fonte di inquinamento del mondo.

    Pur essendo l’Europa ce l’Italia i minori responsabili dell’inquinamento globale a causa di un talebano approccio alla questione climatica, si stanno regalando tutte le immense eccellenze industriali e professionali al più grosso inquinatore della Terra.

  • L’acquisto dell’auto incide sempre più sul bilancio familiare

    Da un’analisi del Centro Studi AutoScout24, che ha preso in considerazione la media dei prezzi a listino delle 10 auto più vendute in Italia  – escludendo quelle elettriche – è emerso che nel 2003 erano sufficienti 4,7 redditi familiari medi mensili per concludere l’acquisto mentre nel 2023 ne sono necessari 7,7, ossia 2 in più.

    Il prezzo medio delle 10 auto più vendute, nell’arco di questi 20 anni, è passato da 10.590 euro a 21.040 euro: stiamo parlando del 99% in più. I redditi familiari netti sono aumentati, però, in una misura nettamente inferiore, passando da una media mensile di 2.243 euro a 2.734 euro: dal 2003 al 2020 sono cresciuti del 21,9%. Chi invece ha intenzione di acquistare un’auto elettrica, deve accantonare almeno 12,8 mensilità: la spesa si attesta intorno ai 35.130.

    Il costo di un’auto nuova è quasi raddoppiato negli ultimi vent’anni – spiega Sergio Lanfranchi del Centro Studi di AutoScout24 -. Una situazione verificatasi sicuramente per via di molti fattori, fra cui i nuovi investimenti in Ricerca & Sviluppo e l’incessante integrazione di nuove tecnologie sui veicoli in vendita, che sono andate a migliorare e ottimizzare anche le auto di livello base, fornendo quindi al consumatore una scelta sempre più premium anche nei livelli più a buon mercato. Inoltre le auto di oggi hanno molte più funzioni dedicate alla salvaguardia dei passeggeri, molte delle quali sono oggi una dotazione irrinunciabile.

    Il 2022 non è stato un buon anno per il mercato delle auto in Italia. Secondo i dati di Unrae, l’anno scorso si è chiuso con 1,3 milioni di auto vendute: è il minimo storico degli ultimi 44 anni. Per il 2023, purtroppo, le prospettive non sono migliori: è previsto un rialzo delle vendite che, comunque, dovrebbe attestarsi a 1,4 milioni. Siamo sempre vicini al minimo.

    L’unica nota positiva, invece, arriva dal noleggio a lungo termine. Nel corso del 2022 questo canale di vendita è risultato essere particolarmente dinamico. Ed è stato, tra l’altro, l’unico a registrare un andamento positivo: +14,6%. Per quanto riguarda le nuove auto immatricolare siamo davanti ad un calo: -23,2%. Stesso discorso per il noleggio a breve termine: -17,1%.

    Risultato della scarsa capacità degli italiani di cambiare auto è che il parco vetture circolante è piuttosto vecchio e i veicoli sono molto inquinanti ed insicuri. L’Ispra ha elaborato un rapporto che mette in evidenza che in Italia le auto hanno un’età media di 12 anni e 2 mesi. L’età della rottamazione, invece, sale a 17 anni e 5 mesi. Le vetture ante euro 5 rappresentano qualcosa come il 53% del parco circolante: si tratta di 21 milioni di auto con un’età superiore a 14 anni. Non vanno bene nemmeno gli autobus, che hanno un’età media di 12 anni, e i veicoli industriali che sono destinati alla logistica e all’home delivery, che mediamente hanno 13 anni e oltre. L’Italia, in questo momento, risulta di conseguenza ancora molto lontana dagli obiettivi fissati dall’Unione europea circa la riduzione della CO2.

  • Volkswagen coopera col Dragone per le auto elettriche, gli Usa pensano a ulteriori stop alla collaborazione hi-tech

    Volkswagen, riferisce Paolo Balmas su Il Transatlantico di Andrew Spannaus «investirà circa 700 milioni di dollari in Xpeng, ottenendo così circa il 5% della compagina cinese (inclusa una poltrona da osservatore nel CdA), con la quale svilupperà nuovi veicoli elettrici per il mercato cinese. Il gigante tedesco dell’automobile sta tentando di adattarsi a nuove strategie per limitare le perdite registrate in Cina negli ultimi anni. Le società cinesi, specialmente BYD, ma anche Tesla, sembrano mantenere un vantaggio importante sulle rivali europee e giapponesi nel mercato delle vetture elettriche. Infatti, anche Toyota, con le sue due joint ventures (JV) cinesi, sta facendo fatica a conquistare porzioni di mercato. Sia per le tedesche che per le giapponesi, invece, il mercato cinese del motore a scoppio era vasto e più che sicuro. La JV di Toyota con Guangzhou Automobile ha dovuto licenziare 1.000 operai/e, su un totale di 19.000 dipendenti, per riorganizzare le strategie dopo aver venduto meno vetture di quanto preventivato nei primi sei mesi del 2023, malgrado la campagna di sconti effettuata lungo tutto il periodo. Nel frattempo, altri imprenditori tedeschi sembrano trovare fortuna in Cina. La tedesca Lilium, che produce automobili volanti a decollo e atterraggio verticale, ha ottenuto il via libera per aprire una sede nel distretto di Baoan, nella città di Shenzhen, dove le cinesi EHang Holding e Shanghai AutoFlight stanno già producendo i loro velivoli urbani. Il governo cinese non ha ancora rilasciato alcun certificato di sicurezza aerea, ma le imprese godono del sostegno del governo della città di Shenzhen che ha dichiarato di voler diventare il primo hub di trasporto a bassa quota della Cina. L’obiettivo è di ottenere le licenze per il 2025. Nel frattempo, sarà possibile collaudare i velivoli nello spazio aereo di Baoan. Se tale progetto dovesse andare in porto, la logistica, e forse la natura stessa delle città, subirà trasformazioni epocali.
    Intanto, nota ancora Balmas «la guerra economica fra Usa e Cina va avanti. I senatori del Congresso hanno aggiunto una postilla al decreto sulla Difesa per definire ulteriori restrizioni al potenziale trasferimento o vendita di tecnologia avanzata a compagnie cinesi. Nel mirino continuano a esserci i semiconduttori, le tecnologie di comunicazione satellitare, di intelligenza artificiale e di informatica quantistica. Sempre il Senato ha inoltre approvato un limite alla vendita di terreni agricoli superiori ai 320 acri e di imprese agricole del valore superiore di 5 milioni di dollari. Questa seconda iniziativa, oltre cha alla Cina, si estende a compagnie russe, iraniane e coreane del nord. Gli Usa assumono sempre di più un atteggiamento protezionistico».

  • Schiavismo in Cina, denuncia contro le case automobilistiche tedesche

    I gruppi automobilistici tedeschi Volkswagen, Bmw e Mercedes-Benz sono stati denunciati dall’organizzazione non governativa Centro europeo per i diritti costituzionali e umani (Ecchr) per sfruttamento del lavoro forzato in Cina. Presentata all’Ufficio federale tedesco per l’economia e i controlli sulle esportazioni (Bafa), la denuncia accusa le aziende di non aver fornito alcuna prova di un’adeguata gestione del rischio di lavoro forzato nei loro impianti nello Xinjiang.

    Si tratta della regione autonoma della Cina nord-occidentale popolata dagli uiguri, minoranza turcofona di religione islamica che, sulla base di numerose testimonianze, si ritiene sia oggetto di repressioni da parte delle autorità di Pechino. La legge sulle catene di approvvigionamento in vigore in Germania obbliga le aziende a migliorare la protezione dell’ambiente e dei diritti umani lungo le filiere globali. In particolare, le imprese che producono all’estero o vi fanno fabbricare parti dei propri beni devono assumersi la responsabilità dei processi di produzione e delle condizioni di lavoro presso fornitori. Come autorità di controllo, il Bafa monitora il rispetto della legge sulle catene di approvvigionamento e può sanzionare i trasgressori. Ora, la denuncia dell’Ecchr contro Volkswagen, Mercedes-Benz e Bmw è sostenuta dal Congresso mondiale degli uiguri e dall’Associazione degli azionisti etici di Germania.

    Nello Xinjiang, il primo dei tre gruppi ha una fabbrica per l’assemblaggio delle auto, che gestisce con il partner cinese Saic. Al momento, l’azienda sta preparando un’indagine indipendente sull’impianto ed è “in buoni colloqui” con Saic. In merito alla denuncia dell’Ecchr, Volkswagen si è detta sorpresa, aggiungendo che la esaminerà prima di commentarla. In passato, l’azienda ha ripetutamente affermato di non essere coinvolta in violazioni dei diritti umani. A sua volta, Bmw ha comunicato di “prendere molto sul serio” segnalazioni come quella dell’ong e ha precisato di non essere direttamente attiva nello Xinjiang. A ogni modo, il gruppo è in contatto con i fornitori e li esorta a chiarire eventuali dubbi. Nel caso in cui le accuse fossero ritenute valide e verificabili, verrebbero intraprese azioni appropriate per garantire il rispetto degli standard di approvvigionamento responsabile. Da parte di Bmw non è stato rilasciato alcun commento riguardo alla denuncia dell’Ecchr.

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