Chiesa

  • Nelle mani di Al-Shabaab i fondi della Chiesa norvegese per la Somalia

    Milioni di corone destinate dalla Chiesa norvegese alla Somalia per finanziare progetti di formazione professionale sono scomparse in seguito a frodi sistematiche andate a beneficio di al Shabaab e di altri gruppi terroristici. Lo denuncia il quotidiano norvegese “Panorama nyheter”, spiegando che sotto accusa sono i fondi destinati al Paese dalla Norwegian Church Aid (Kn), organizzazione religiosa affiliata alla Chiesa norvegese ma di gestione indipendente. Secondo quanto rivelato in un’inchiesta, l’Agenzia nazionale norvegese di cooperazione allo sviluppo (Norad) ha criticato l’organizzazione per la mancanza di controllo sui fondi e ha chiesto il rimborso di 4,7 milioni di corone norvegesi (oltre 415 mila euro), la somma che secondo la direzione sarebbe andata perduta. La Norwegian Church Aid ha avviato nel 2010 un programma di formazione di giovani somali, con l’obiettivo di proporre un’alternativa alle reti criminali cui molti di loro aderiscono. Sul periodo 2010-2021, il progetto è stato finanziato con 10,7 milioni di corone norvegesi (circa 950 mila euro), 6,4 delle quali tramite il servizio pubblico.

    L’organizzazione è stata criticata anche per non aver denunciato i furti alle autorità somale. Secondo quanto spiegato dal responsabile esteri di Kn, Arne Naess-Holm, le frodi avrebbero coinvolto anche personale interno all’organizzazione. Intervistato sul caso, il professore universitario Stig Jarle Hansen ha ricordato che al Shabaab riscuote una tassa anche dalle organizzazioni umanitarie che operano sui territori sotto il suo controllo, in particolare nelle regioni centrali e nel Puntland. Proprio in queste zone è in corso da mesi l’offensiva dell’esercito somalo contro i jihadisti, lanciata dal presidente Hassan Sheikh Mohamud dopo la sua elezione, a maggio del 2022. Il docente universitario ha ricordato che tanto le tasse di al Shabaab quanto quelle riscosse dallo Stato islamico rappresentano una forma di finanziamento indiretto del terrorismo, come anche i contratti stipulati dalle ong umanitarie con imprese locali soggette al “pizzo” jihadista.

    Il tema dei fondi internazionali intercettati da reti criminali somale è legato in particolare all’acquisto illegale di armi. Mogadiscio ha ottenuto di recente la revoca dell’embargo sulle armi che era in vigore da oltre 30 anni, un nuovo grande successo politico del presidente Mohamud dopo l’adesione della Somalia alla Comunità dell’Africa orientale (Eac). A questo proposito, nel 2022 uno studio del centro di ricerca somalo Hiraal incoraggiava una revisione dell’embargo da parte della comunità internazionale in modo da migliorare la responsabilità e i processi di gestione delle armi, ricordando che l’anno precedente Al Shabaab era comunque riuscita a spendere 24 milioni di dollari nell’acquisto di armi. In base ai dati raccolti e pubblicati nel rapporto intitolato “L’arsenale di Al Shabaab: dalle tasse al terrore”, l’istituto precisava che l’organizzazione terroristica affiliata ad Al Qaeda spende in armi in media 2 milioni di dollari al mese, di cui 1,8 milioni vengono utilizzati per esplosivi “interni” e 150 mila dollari per altri tipi di armi e osserva che il gruppo ha entrate per circa 180 milioni di dollari l’anno e una spesa prevista di circa 100 milioni.

  • Gisella

    Se uno ha una gran botta di fortuna di lui, a volte, si dice che “ha visto la Madonna”. Con questo si vuole indicare che solo forze soprannaturali, e non certo meriti personali, possono spiegare, che so, una vincita smisurata, un successo senza raccomandazione, un grave pericolo scampato o diventare senatore o ministro di un grande paese e al contempo conservare il controllo assoluto del proprio partito anche dopo aver perso la metà dei consensi elettorali. Qui, in realtà, la Vergine non c’entra affatto e tutti sanno che sono ben altre e più profane le ragioni di un simile portento. A volte, invece, “Lei” è apparsa davvero: lo dice la fede e lo ha certificato la Chiesa. E, certo, per la Santa Istituzione, non deve essere stato facile superare dubbi e tormenti se solo pensiamo che si trattava di dare credito alla testimonianza di giovanette incolte e semplici. E allora perché tanta titubanza nel caso di Gisella in quel di Trevignano? Non potrebbe succedere quello che sappiamo essere già accaduto? Perché non darle credito? Gisella è una signora dabbene e ben educata, possiede una statuetta della Madonna che piange, ha le stigmate, non perde un appuntamento con la Vergine, parla con l’aldilà e potrebbe intercedere perché si ripeta il miracolo della moltiplicazione della pizza grazie al quale anche i suoi ospiti hanno potuto essere nutriti. Pensate che bello: almeno per una sera tutti gli affamati del mondo sarebbero invitati, se non alla cena della signora, ad una gioiosa pizzata globale. Si affretti, allora, signor vescovo a districare il caso dando quiete al suo gregge diviso. Io aspetto se non per credere almeno per crederle.

  • Una preghiera per il Papa, una preghiera per noi

    Il Papa ci hai ricordato, chiesto, di pregare per Lui. Una preghiera per il Santo Padre è una preghiera per noi, una preghiera a Dio e all’immensità dell’universo e della fede che, oltre ad ogni scoperta scientifica, rimane il mistero del valore, del senso dell’esistenza. Senza inutile orgoglio, con la semplicità di chi, come ogni essere vivente, rappresenta, nel suo piccolo, la complessità e grandiosità della vita preghiamo affinché l’empatia, il rispetto per gli altri e per noi stessi tornino nel nostro vivere quotidiano.

  • Il Papa fa spazio alle donne in curia

    La decisione è storica: Papa Francesco ha modificato una norma del diritto canonico per ufficializzare il ruolo delle donne nella liturgia, in particolare per l’accesso ai ministeri del Lettorato e Accolitato, finora consentiti solo agli uomini. Il primo riguarda le letture, il secondo il servizio all’altare.

    E’ vero che le donne in molte parrocchie già aiutano nella liturgia e al momento della Comunione. Ma si è trattato finora di posizioni occasionali e informali, valutate di volta in volta dai vescovi locali. Il Papa mette oggi nero su bianco, nel Motu Proprio ‘Spiritus Domini’, questa possibilità anche per le donne togliendo la parte che riservava questi ruoli alle persone di sesso maschile, come invece aveva stabilito Paolo VI 49 anni fa.

    Un primo passo verso l’ordinazione sacerdotale anche per le donne? A scanso equivoci lo stesso Pontefice fa sue le parole di Giovanni Paolo II: “Rispetto ai ministeri ordinati la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale”. Ma per i ministeri non ordinati “è possibile, e oggi appare opportuno, superare tale riserva – spiega il Papa riferendosi all’abolizione del riferimento ai soli uomini per poter diventare Lettore o Accolito -. Questa riserva ha avuto un suo senso in un determinato contesto ma può essere ripensata in contesti nuovi”. Per quanto riguarda il diaconato per le donne, questo sì un eventuale primo passo verso l’ordinazione presbiterale, è tuttora oggetto di studio di un’apposita commissione vaticana.

    La decisione del Papa, oltre a valorizzare le donne, affinché “abbiano un’incidenza reale ed effettiva – per dirla con le sue parole – nell’organizzazione, nelle decisioni più importanti e nella guida delle comunità”, è in generale una ulteriore spinta al ruolo dei laici ai quali, uomini e donne, questi due ministeri vengono affidati. In altri termini se prima Lettorato e Accolitato altro non erano che i primi gradini per accedere all’ordinazione sacerdotale, con qualcuno che si fermava prima, ora invece sono ministeri laici, ‘declericalizzati’, che hanno una loro ragione d’essere, ovvero contribuire alla evangelizzazione, a prescindere dal fatto che per qualcuno siano o no il primo step per decidere di farsi sacerdote.

    La decisione del Papa si pone in linea con tante scelte già adottate nel suo pontificato per valorizzare la presenza delle donne e dei laici nella Chiesa. In questa scia si pone anche la conferma, per altri tre anni, di una donna, Mariella Enoc, alla guida dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Ma sono diversi i ruoli chiave in cui le donne sono entrate in Vaticano, dai Musei, diretti da Barba Jatta, fino alla Segreteria di Stato dove per la prima volta nella storia c’è un sottosegretario donna, Francesca di Giovanni. Tra le decisioni recenti del Papa anche la scelta di nominare l’economista suor Alessandra Smerilli, consigliere generale nel Governatorato e membro della Commissione Covid. Ma sono solo alcuni esempi con le donne che hanno scalato, per esempio, i vertici delle università pontificie e i laici che ricoprono ruoli chiave nelle strutture della governance economico-finanziaria o nella comunicazione vaticana.

  • Christmas message to the South Sudanese political leaders jointly signed by Pope Francis, the Archbishop of Canterbury, S.G. Justin Welby, and the ex-moderator of the Church of Scotland, Rev. John Chalmers

    Christmas 2019  —   Your Excellencies,

    In this Christmas season and at the beginning of a new year, we wish to extend to you and to all the people of South Sudan our best wishes for your peace and prosperity, and to assure you of our spiritual closeness as you strive for a swift implementation of the Peace Agreements.

    We raise our prayers to Christ the Saviour for a renewed commitment to the path of reconciliation and fraternity, and we invoke abundant blessings upon each of you and upon the entire nation.

    May the Lord Jesus, Prince of Peace, enlighten you and guide your steps in the way of goodness and truth, and bring to fulfilment our desire to visit your beloved country.

    FRANCIS   JUSTIN WELBY  JOHN CHALMERS

  • Lo sconvolgente aumento della persecuzione dei cristiani

    Lo affermava già all’inizio dell’anno il rapporto annuale della Ong Porte Aperte: circa 245 milioni i cristiani perseguitati nel mondo a causa della propria fede. L’Asia è il continente dove la persecuzione è in continuo aumento e la Cina è lo Stato in cui si contano le cifre più impressionanti. In India e in Corea del Nord gli aumenti risultano tra i più significativi. Non si tratta soltanto di atti di violenza contro i fedeli che praticano la loro fede cristiana: cattolici, protestanti o ortodossi, o contro i loro luoghi di culto, le chiesa in primo luogo. Si tratta anche di decisioni legislative che proibiscono l’esercizio degli atti di culto. Solo nell’ultimo anno, sono 30 milioni di persone in più che sono state perseguitate, una cifra che dovrebbe far riflettere i sacerdoti del politicamente corretto ed i monaci della tutela dei diritti umani. Dov’erano, dove sono questi guardiani del bene collettivo? Forse sono un po’ distratti, intenti come sono a denunciare e a combattere gli integralismi, quelli degli altri. I loro sono moneta corrente, che viene pagata soltanto da chi non la pensa come loro. Gli esempi delle violenze contro i cristiani sono altrettanto impressionanti. Asia Bibi è sotto assedio da oltre dieci anni, e dopo essere stata in prigione da pura innocente, fuggita in Canada deve continuamente proteggersi nel timore di essere assassinata dai fondamentalisti islamici che la vogliono morta. Il nazionalismo religioso asiatico è una delle cause della persecuzione. La demolizione di migliaia di chiese, l’eliminazione di antiche comunità cristiane nelle terre della Bibbia, le torture incessanti nella Corea del Nord e gli incendi appiccati nei villaggi cristiani in India, insieme agli attacchi nello Sri Lanka e Burma non sono che alcuni degli episodi citati dai media, restii come sono a fare commenti o a condannare gli autori di simili misfatti. Sono episodi che non fanno notizia, tanto siamo abituati a scorrerli in fretta nella pagine interne dei giornali. Sono fatti che non disturbano i “manovratori”. Che da certe zone del mondo vengano espulsi dei cristiani che discendono da quelli che hanno vissuto all’epoca di Cristo, non tocca la sensibilità di nessuno. E sono migliaia, con tutti i loro poveri averi ed i loro secolari ricordi! Non hanno le prime pagine riservate come succede per lo sbarco invocato di qualche decina di immigrati nei porti italiani, che poi sbarcheranno regolarmente. I Caldei che fuggono da Ninive, perché costretti dalla violenza del regime, non li ricorda nessuno. Non ci sono Ong a salvarli. Possono morire indisturbati, con le loro spose e figlie stuprate, con tutto quello che rappresentano come testimoni di civiltà antichissime. Ma sono cristiani, quindi è quasi normale che scompaiano da questo mondo in progresso. Loro rappresentano il passato, che è morto e sepolto. Noi siamo il presente proiettato verso il futuro, portatori di valori non condivisi, ma predicati come fossero il nuovo laico vangelo. E’ una situazione veramente scandalosa – scrive lo Spectator del 2 settembre, ripreso da Il Foglio del 16 settembre – anche se il nuovo vescovo di Truro, in Cornovaglia, Philip Mountstephen, ha appena pubblicato un rapporto impressionante per il Foreign Office sulla persecuzione globale dei cristiani. Sostiene che l’Islam non è l’unico colpevole, e accusa la cultura del politicamente corretto di avere incoraggiato le autorità britanniche e i governi occidentali a ignorare il problema. Ha citato le parole di William Wilberforce alla Camera dei Comuni nel 1971 a proposito del commercio degli schiavi: “Puoi scegliere di girarti dall’altra parte, ma non potrai più dire che non lo sapevi”. “Boris Johnson ha promesso di implementare in pieno il rapporto del Vescovo di Truro, ma dovrà contrastare la colonizzazione del Ministero per lo Sviluppo internazionale da parte della sinistra secolare e multiculturale, una cosa che nessun governo conservatore ha mai tentato di fare”. Che qualcuno nel Regno Unito s’accorga della persecuzione dei cristiani che avviene nel mondo, è consolante. Ma, con tutto il caos che la Brexit sta combinando da tre anni a questa parte, non ci fa bene sperare in un’azione efficace e sistematica contro la persecuzione. Sarà già molto se verranno pubblicati i dispacci che testimoniano le sofferenze grottesche non solo dei cristiani, ma anche di altre minoranze religiose a cui viene calpestata la dignità. Parlarne significa togliere queste realtà dal buio del silenzio e portarle alla luce del sole.

  • “Nostra Signora d’Europa” veglia su di noi dalle vette delle Dolomiti di Brenta

    E’ successo per Ferragosto, festa dell’Assunzione. L’Arcivescovo Emerito di Trento, Luigi Bressan, ha benedetto nella chiesa parrocchiale di Madonna di Campiglio un carillon di sette campane dedicate alla Vergine Maria e ai Santi Patroni d’Europa, che sarà installato all’esterno della chiesetta che lui stesso aveva consacrato il 5 agosto 2005 al Passo di Campo Carlo Magno. E’ una chiesetta dalle linee moderne, che riesce a creare al suo interno un’atmosfera mistica di serenità, di bellezza semplice e di preghiera fiduciosa. Dalle sue luminose finestre si intravede la val Gelada, incastonata con i suoi precipizi nella Pietra Grande, maestosa e imponente, e sul fondo si staglia il Grosté. La chiesetta è sorta a 1.700 metri sul livello del mare, sul Passo che collega la val di Sole con la val Rendena, nel luogo dove seicento anni fa l’imperatore del Sacro romano impero, Carlo Magno, proveniente dalla val Camonica, avrebbe fatto riposare il suo esercito. Fin dall’antichità, il Passo è stato un luogo di passaggio, frequentato da viandanti, commercianti, pastori con le loro greggi pellegrini che si recavano alla cappella mariana, divenuta in seguito il Santuario di Madonna di Campiglio. Allora Campiglio ospitava un monastero fondato intorno all’anno mille; non esistevano case o alberghi, che nasceranno molto più tardi, verso fine Ottocento. Ed è stupefacente che una chiesa costruita una quindicina d’anni fa sia stata consacrata a Nostra Signora d’Europa, quell’Europa che, invece, agli inizi di questo nostro Millennio ha rifiutato di riconoscere le sue stesse radici che affondano nella tradizione e nella cultura del cristianesimo. La stessa Europa istituzionale che, non riconoscendo le sue radici, non sa dove andare e quale sarà il suo futuro. Quell’Europa che sta perdendo la fede anche in se stessa, ammaliata dal nichilismo e dal relativismo senza speranza, caratterizzata negli ultimi tempi da un rinascente nazionalismo sovranista. Eppure una comunità di credenti, minoritaria anche nei luoghi in cui vive, è riuscita a realizzare un sogno e a dare concretezza a un’attesa fiduciosa. E questa attesa si riferisce anche ai sei Santi Patroni dell’Europa, che sono raffigurati in un bellissimo dipinto su legno posto dietro l’altare di granito e realizzato dalla pittrice campigliana-milanese Daniela Casoni. Da un lato vi sono la Madonna e i Santi in pose ieratiche, dall’altro vi è una processione di fedeli che ad essi si rivolgono con fiducia. I Patroni sono san Benedetto da Norcia (480 circa – 547), santa Caterina da Siena (1347 – 1380), santa Brigida di Svezia (1303 – 1373), i santi Cirillo (827 – 869) e Metodio (825 – 885) e santa Teresa Benedetta della Croce (1891 – 09.08.1942), al secolo Edith Stein. Quest’ultima era una filosofa tedesca, ebrea di nascita, convertitasi a 32 anni al cattolicesimo e poi entrata nel Carmelo. Con la sorella fu vittima della follia nazionalsocialista hitleriana e finì i suoi giorni ad Auschwitz. San Benedetto fu dichiarato santo patrono da papa Paolo VI nel 1964. I cinque altri, da papa Giovanni Paolo II, tra il 1980 e il 1999. Sono tutte personalità eccezionali, fuori dalla comune misura, vuoi per il loro cammino di santità, vuoi anche per le loro eccelse qualità umane. E’ meravigliosamente sorprendente che la comunità di credenti di Campiglio, nel deserto di incredulità che caratterizza la nostra epoca, sia riuscita ad affermare, attraverso l’architettura, la pittura e ora la musica del carillon di campane, una fiduciosa speranza nell’avvenire, ponendosi sotto la protezione della Madonna e dei santi patroni che la affiancano. Il collegamento con Carlo Magno, fondatore del Sacro Romano Impero, non sembra casuale e testimonia la fede in valori e verità che oltrepassano i secoli e si proiettano nel futuro, nel cuore dei credenti che lo identificano con l’unificazione europea e la fratellanza dei popoli europei. Questi credenti sono minoritari, ma hanno compiuto un gesto che va ben al di là del loro luogo di residenza e che rimane simbolico tanto per l’Italia, quanto per l’Europa tutta. La chiesa dedicata a Nostra Signora d’Europa è unica in Italia, insieme a quella di Madesimo ed è unica in Europa, insieme a quella di Gibilterra. L’unicità in ogni caso è contrassegnata dalla presenza dei Santi patroni. Il carillon nei prossimi giorni sarà installato sulla facciata della chiesetta al passo di Campo Carlo Magno e a mezzogiorno di tutti i giorni della settimana i suoi rintocchi suoneranno l’Ave Maria di Lourdes e l’Inno alla Gioia di Beethoven, tratto dalla Nona sinfonia. Tutti i giorni i passanti, i turisti e i residenti udranno un richiamo al sacro con l’Ave Maria e alla nostra patria comune, l’Europa, con l’Inno alla Gioia ad essa dedicato. In definitiva, sarà un richiamo quotidiano alla nostra memoria storica, coniugato con la fede religiosa e con il nostro impegno civile di cittadini europei.

    Un plauso particolare va a don Ernesto Villa, allora parroco di Campiglio, che ha voluto la costruzione della chiesetta, e uno a don Romeo Zuin, il parroco attuale, che ha promosso la cerimonia della benedizione delle campane nella solennità dell’Assunzione di Maria. La cerimonia è stata particolarmente sentita, tanto che vi hanno partecipato circa un migliaio di fedeli, molti dei quali sono dovuti rimanere fuori dalla chiesa parrocchiale, già gremita dal drappello degli alpini, da quello delle guide alpine e dagli allievi del corso dei pompieri, insieme ai gonfaloni del Comune di Pinzolo e di Tre Ville, scortati da funzionari in alta uniforme. I fedeli hanno dimostrato un’intensa partecipazione alla celebrazione eucaristica, nel corso della quale nella sua omelia l’Arcivescovo emerito ha ripercorso l’importanza storica e religiosa della tradizione mariana in Europa e nel mondo, per poi benedire le campane che al termine della celebrazione sono state fatte suonare. Ai loro rintocchi i fedeli hanno unito il loro canto con gioiosa partecipazione. C’è stato dunque un grande, forse un po’ inaspettato interesse da parte di molti turisti presenti a Campiglio. Di campigliani in chiesa ce n’erano pochi, come sempre, perché tutti intenti nelle loro incombenze alberghiere e di supporto ai numerosissimi turisti. L’avvenimento non è tuttavia passato inosservato per chiunque fosse a Campiglio, anche lungo il percorso della processione con la statua della Madonna del Fico, che è seguita alla cerimonia della benedizione delle campane, con il massimo rispetto per quanto stava accadendo.

    Ed è accaduto veramente un fatto eccezionale: la benedizione di un carillon che, montato su una chiesetta dedicata a Nostra Signora d’Europa, insieme ai patroni dell’Europa stessa, ricorderà con i suoi rintocchi che Maria veglia su di noi e che noi apparteniamo all’Europa, nostra seconda patria. Senza alcun dubbio, la cerimonia della benedizione è stato un avvenimento da ricordare. Ma i media non hanno dato all’avvenimento il risalto che meritava. E’ vero che “l’Adige” ha parlato del carillon quando per la prima volta è stato scoperto nella chiesetta del passo di Campo Carlo Magno, ma nemmeno una riga sulla cerimonia del 15 agosto nella chiesa parrocchiale alla presenza dell’Arcivescovo Emerito e con l’assistenza molto partecipata di un migliaio di fedeli. La pagina riservata alla cronaca delle “Giudicarie e Rendena” del quotidiano “L’Adige” non ne ha parlato. Inutilmente abbiamo cercato la notizia nei giorni dopo l’avvenimento. Nemmeno una riga. Silenzio totale. Al suo posto, su quattro colonne, la pagina indicata dava la notizia dei liquami che erano usciti da una stalla, obbligando i pompieri ad intervenire. Su tre colonne, invece, si dava notizia di una cena organizzata a Vigo Rendena con 7.000 canederli. E Nostra Signora d’Europa con le sue nuove campane? E il suo meraviglioso dipinto su legno con i Patroni d’Europa? E la storia delle 12 stelle della bandiera europea raccontata dall’Arcivescovo Emerito? E l’unicità simbolica del carillon che suona l’inno alla gioia? E la partecipazione di un migliaio di fedeli? Non ne è valsa la pena darne notizia. Le migliaia di turisti di Campiglio e di Pinzolo ringrazieranno certamente la redazione per averli informati del rischio del liquame e della sua puzza. Questa si che è una notizia. Quella della cerimonia per le nuove campane non lo è: non diffonde puzza, non offre canederli, non sposta precipitosamente i pompieri. Non interessa nessuno ciò che è stato realizzato da una piccola comunità di credenti e la sua particolare unicità, nel desolante quadro dell’incredulità e del nichilismo. E gli eccezionali personaggi dei santi Patroni? Roba passata, figuriamoci: san Benedetto è del quinto secolo! I canederli sono di oggi. Povera stampa! Poveri lettori costretti a subirla! Il passo di Campo Carlo Magno rimarrà così com’è, con la sua chiesa dedicata alla Madonna, i suoi Patroni, le sue campane che quotidianamente ci ricorderanno la Vergine e l’Europa. Questo, per fortuna nostra, sarà il futuro, con o senza i canederli, poco importa, con o senza la notizia riportata dalla stampa locale.

  • Continua in Cina la persecuzione dei cristiani

    Il 4 giugno 1989 non esiste per il regime comunista di Pechino. E’ stato un giorno critico e tragico per i cinesi, in cui il governo ha massacrato migliaia di dimostranti che reclamavano la democrazia nella piazza Tienanmen di Pechino. Lo ricorda un articolo del Wall Street Journal del 30 maggio scorso, che denuncia la continuazione della persecuzione dei cristiani. Lo stesso giorno, tra l’altro, i leader del partito comunista – rammenta il giornale – videro i candidati pro democrazia in Polonia soppiantare il potere comunista, con l’indispensabile sostegno di Papa Giovanni Paolo II. Questi due eventi avrebbero spinto Pechino a rafforzare il controllo sulla religione, ritenendo che essa avesse rappresentato un forte incentivo per le manifestazioni a favore della democrazia. Dopo la tragedia di Tienanmen, dunque, i gruppi cristiani furono obbligati a registrarsi presso associazioni statali “patriottiche”. Nell’intento di mantenere l’accesso ai mercati occidentali, Pechino applicò selettivamente queste regole nelle grandi città, al fine di non far scoppiare reazioni troppo travolgenti nei confronti del regime. Chi sopportò il peso della chiusura delle chiese e l’internamento di massa nei campi di concentramento furono i contadini cristiani clandestini. Nei successivi tre decenni dopo il famigerato 1989, il cristianesimo cinese avrebbe registrato una crescita spettacolare. Oggi potrebbero esserci oltre 100 milioni di cristiani cinesi. Tutti, tranne 36 milioni – riferisce sempre il giornale americano – praticano la loro fede, al di fuori del controllo del governo. Il sociologo Fenggang Yang, professore e direttore fondatore del Center on Religion and Chinese Society della Purdue University, situata a West Lafayette nello stato dell’Indiana (Usa), ha previsto che la Cina potrebbe avere circa 280 milioni di cristiani entro il 2030. Un dato comparativo è offerto dal Partito Comunista che conta 90 milioni di iscritti. L’anno scorso il presidente Xi Jinping, nel tentativo di frenare la crescita della Chiesa e di sottomettere la fede cristiana ai dettami del partito, affidò il controllo diretto delle chiese al Partito comunista ufficialmente ateo. Fu così che alcune mega chiese urbane clandestine sono state chiuse, migliaia di membri delle congregazioni arrestati e numerosi eminenti pastori protestanti sono stati condannati a lunghe pene detentive. Il regime ha inoltre lanciato, proprio in questi giorni, una campagna nazionale per sradicare le chiese che avevano rifiutato di registrarsi. Questa politica si chiama “sinicizzazione.” L’Istituto pontificio per le Missioni estere afferma che l’obiettivo di questa politica è rendere le religioni “strumenti di partito”. L’anno scorso nella provincia di Henan, 10.000 chiese protestanti sono state chiuse, anche se la maggior parte erano state registrate secondo le norme in vigore. Nel 2018, più di un milione di cristiani sono stati minacciati o perseguitati e 5.000 sono stati arrestati. Nelle chiese i simboli cristiani a volte vengono sostituiti con le immagini del presidente Xi. Le chiese sopravvissute devono sostituire gli insegnamenti biblici ed evangelici con i valori socialisti. C’è stato un accordo del Vaticano con Pechino sulle nomine episcopali, ma ciò nonostante i cattolici cinesi non sono stati risparmiati. Papa Francesco ha riconosciuto tutte e otto le selezioni dei vescovi fatte dal governo cinese, mentre lo stato cinese non ha ancora ricambiato con nessuno dei 30 vescovi selezionati dal Vaticano. Da quando l’accordo è stato firmato, inoltre, due popolari santuari mariani di pellegrinaggio sono stati demoliti. Diversi preti cattolici clandestini ed un vescovo sono stati detenuti e costretti alle sessioni di rieducazione del Partito comunista, che non smentisce sé stesso e come si è sempre comportato in tutti i Paesi del mondo dove è andato al potere: imporre l’ateismo come dottrina di Stato e fare piazza pulita del cristianesimo. Molti cattolici in Cina rimangono clandestini e sono critici nei confronti dell’accordo firmato dal Vaticano, perché, come temevano e denunciavano, l’accordo non sarebbe stato rispettato dal partito comunista. Sapeva tutte queste cose il Vicepresidente Di Maio quando è andato a Pechino a preparare l’adesione del governo italiano alla Nuova Via della Seta, adesione firmata in seguito a Roma, contro il parere di tutti gli Stati dell’Unione europea di cui l’Italia, fino a prova contraria, è uno dei membri fondatori? E se lo sapeva, quali sono i vantaggi che l’Italia pensa di ricavare da questa firma? E’ possibile andare a braccetto con chi, ancora oggi, pratica la persecuzione contro i cristiani, come avveniva ai tempi dell’Impero romano? Sì, per i nostri governanti è possibile, nonostante le chiacchiere quotidiane sui diritti umani.

  • Notre Dame il giorno dopo: alla paura e al dolore è subentrata la speranza e la fiducia

    Quel che si temeva, fortunatamente non è accaduto. Il giorno dopo il tremendo rogo, Notre Dame de Paris è ancora là. Non tutto è bruciato ed è stato possibile limitare le fiamme dove l’incendio è scoppiato, vale a dire a due terzi del tetto ed alla guglia. Il resto, sia pure malconcio per il fumo e l’acqua dei pompieri, è stato salvato e potrà tornare all’antico splendore. Si è avuta certezza, tra l’altro, del salvataggio di reliquie preziose e di opere d’arte, trasportate al Louvre per le pulizie e i restauri. La facciata è integra, le torri salve e i rosoni, bellissimi, anche. Un grande respiro di sollievo ha sostituito il pesante sentimento d’angoscia del giorno prima. Le processioni di ringraziamento, che riunivano una grande folla, molti cattolici in preghiera, soprattutto tanti giovani, ma anche  tanti altri cittadini di cui non ci è dato sapere il credo, in  silenzio, si sono svolte incessantemente. E’ stato una specie di risveglio, dopo mesi e anni di silenzio pubblico, nonostante centinaia di attacchi blasfemi ed empi alle chiese e ad altri luoghi sacri. Come il feroce assassinio del Padre Jacques Hamel, prete di 86 anni, avvenuto a Saint-Étienne-du-Rouvray (Normandia), il 26 luglio 2016 mentre celebrava la messa, per mano di due giovani fanatici islamisti. E’ come se la cristianità parigina si fosse improvvisamente risvegliata da un lungo letargo, che fa seguito a innumerevoli vandalismi e a gratuite e criminali violenze subite in questi ultimi tre o quattro anni. Facevano una certa impressione, la notte del rogo, quei gruppi di giovani con il rosario in mano, inginocchiati sul suolo bagnato per pregare la Nostra Signora di Parigi, oggetto di tanta disastrosa violenza incendiaria. Pregavano e cantavano, con la calma dei forti e con la speranza di essere esauditi. Ed ai canti seguiva un silenzio d’attesa, rotto dallo scrosciare dell’acqua  dei pompieri, insufficiente a spegnere i focolai che illuminavano sinistramente il cielo. “Questi giovani in preghiera sono un grande segno della vittoria di Cristo” – mi sussurrava con ammirazione mia figlia Maria Claudia. La quale è rimasta affascinata anche dalla croce dell’altare maggiore che riluceva nell’abside buia, ripresa poi dall’Ansa e pubblicata sulla rete. Era una luce splendente nel buio tutto attorno. Come un segno di vita e non di distruzione. L’immagine acquista un particolare significato per i fedeli cattolici, che sono all’inizio della Settimana Santa. Molti di loro, sui social media, l’hanno ripresa, accompagnandola al motto dei certosini: “la Croce resta salda mentre tutto cambia”. Oggi è un altro giorno. All’incredulità e al sospetto è subentrata la fiducia. “Ce la faremo a ricostruirla” – dicevano molte personalità intervistate dai media. “La ricostruiremo in cinque anni” – ha affermato il presidente Macron in una allocuzione televisiva. “La faremo più bella!” – ha azzardato qualcuno, come se fosse possibile migliorare un’opera che è stata la più bella per più di otto secoli. “Occorreranno enormi capitali” – hanno aggiunto altri. Ed ecco che, non appena è stata lanciata una sottoscrizione, sono stati raccolti in pochi minuti più di 700 milioni di euro. “Lanceremo un appello fuori della Francia – ha detto la sindachessa di Parigi – e terremo una conferenza internazionale dei sottoscrittori”. Alle molte dichiarazioni un po’ enfatiche del primo giorno, si sono aggiunte affermazioni più concrete sulle cose da fare. I tecnici e gli inquisitori hanno ripetuto all’unisono che per ora non esistono elementi che possano far pensare ad atti volontari come causa dell’incendio. Rimane valida l’ipotesi di un incidente al sistema di controllo della sicurezza dell’impalcatura innalzata per i restauri in corso. E’ anche stato annunciato che per svolgere indagini approfondite sono stati incaricati 50 funzionari. C’è un manifesto impegno delle pubbliche autorità per scoprire le cause del disastro e per la ricostruzione, in collaborazione con le autorità ecclesiastiche. E’ un’illusione pensare che in definitiva il rogo della cattedrale è riuscito a unire un Paese e un’Europa divisi? Tanti segnali ci dicono che questo miracolo è veramente accaduto. D’altro canto, Notre Dame e quello che rappresenta, ha sempre unito, nel corso della storia. E in periodo di attacchi e lacerazione, è un grande segno.

  • Brucia il simbolo dell’anima cristiana e della bellezza umana

    Tutto il dolore del mondo libero concentrato sulla cattedrale di Notre Dame che brucia – titola un periodico. Mille anni distrutti in pochi minuti. E’ l’11 settembre dell’Europa cristiana. Nell’inferno di Notre Dame. Teatro di una tragedia della coscienza individuale e collettiva. Se ne va il simbolo della cultura europea. Perdere il bello, un dolore infinito. Islamici in festa: “Vendetta di Allah”. “Distrutta una parte di noi”. La gente piange e si inginocchia. “Spettacolo che stringe il cuore”. Sono alcuni dei titoli che scorriamo in fretta sui quotidiani. Ovunque dolore, tristezza, sgomento, incredulità, consapevolezza di una grande perdita, di una distruzione irrecuperabile, di un vuoto che ci arriva dal Medio Evo. Chi osa affermare ancora che il Medio Evo era un’epoca oscura? Da allora non sono state più fatte bellezze di questa incommensurabile grandezza. E’ stato il bello ad essere colpito a morte. Fatalità o mano criminale dell’uomo? Incuria o atto voluto? Sarà difficile trovare le prove dello scatenamento del violento, violentissimo incendio, che in poco tempo, annullando i miseri tentativi dei pompieri, ha fatto crollare il tetto e schiantare in pochi minuti la guglia di oltre 90 metri. I commenti erano unanimi. Notre Dame non era solo il simbolo della cristianità, ma rappresentava la storia, la cultura, il bello e il genio della Francia. Ha resistito per oltre otto secoli alle sfide del tempo e della pazzia degli uomini. Nemmeno la rivoluzione della fine Settecento è riuscita, dopo averci tentato, a farla sparire. E’ sopravvissuta all’ultima guerra mondiale, con i bombardamenti aerei e l’invasione dei carri armati. Ed ora, in pochi minuti, un patrimonio di tale valore stava scomparendo dalla vista degli uomini, non certamente da quella del cuore. Nonostante la lenta ed inesorabile crisi del cristianesimo nel paese, la Francia, considerata fino a poco tempo fa  “figlia prediletta dalla Chiesa”, nonostante il sovvertimento di valori avvenuto in questi ultimi tempi, Notre Dame era rispettata anche dai non credenti, era la testimonianza accettata della cultura e della storia di Francia, il simbolo di un insieme di valori che hanno caratterizzato non solo il popolo francese, ma anche quello europeo, anzi, diremo di più, di molti popoli del mondo. Ogni anno, non a caso, i visitatori della cattedrale raggiungevano i 13 milioni ed erano in costante crescita. Notre Dame parlava a tutto il mondo e simboleggiava quanto di bello e buono l’uomo ama. Un dubbio, tuttavia, ci assale. E se fosse stato proprio questo simbolo che si voleva far scomparire? Un simbolo troppo forte, troppo potente, più forte e potente di qualsiasi ideologia, contenente in sé i valori di una religioni e della stessa laicità. Un simbolo difficile da distruggere culturalmente, ma facile da colpire con un falò. D’altronde quello portato alla cattedrale di Parigi non è il primo attacco a una chiesa. Gli attacchi alle chiese francesi si contano a centinaia. Solo nel 2018 ne sono state vandalizzate 875, secondo le cifre diffuse dalla polizia francese (oltre mille stando a quanto riporta il Gatestone Institute, +17 per cento rispetto al 2017), e si contano 47 attacchi, anche incendiari, nel solo mese febbraio di quest’anno. Il 17 marzo scorso un incendio, doloso, ha colpito proprio a Parigi la chiesa di St. Sulpice, nel quartiere latino, d’architettura barocca. È la seconda chiesa di Parigi per grandezza dopo Notre-Dame ed è la sede della Compagnia dei Sacerdoti di San Sulpizio. Una domanda viene spontanea: anche tutti questi incendi sono stati casuali o determinati da lavori di restauro in corso? La risposta non giungerà mai ed il dubbio non verrà dissolto. Ma l’interrogativo rimane e logora la mente ed il cuore. Ma è mai possibile tanto accanimento e tanto odio? Sarebbe il deserto della ragione e dei sentimenti, una landa smisurata di solitudine. Con Charles Peguy vogliamo invece chiudere con una preghiera: Ciò che dappertutto altrove è solitudine/Qui non è che un vivace e forte germoglio. (…) Ce ne han dette tante, regina degli apostoli./Abbiamo perso il gusto per i discorsi/Non abbiamo più altari se non i vostri/Non sappiamo nient’altro che una preghiera semplice”.

Pulsante per tornare all'inizio