concessioni

  • Le due diverse ratio

    Il governo Draghi  ha sospeso la concessione all’imprenditore Toto per inadempienze contrattuali relative agli investimenti per la manutenzione della rete autostradale in concessione e all’autostrada dei Parchi. Le indagini  sulla gestione della manutenzione dell’impero Autostrade by Benetton hanno dimostrato come questi  investimenti fossero diminuiti del -98%.

    La scelta del governo Draghi dimostra come sia stata sempre praticabile, sotto il profilo normativo, la possibilità per un governo di sospendere una concessione autostradale anche prima della scadenza fissata dal contratto e per inadempienza. Considerando, quindi, assolutamente legittime le ragioni e le considerazioni che hanno spinto il governo a questa sospensione emerge evidente un dubbio in rapporto ai parametri applicati per una sospensione delle concessioni autostradali sia dai governi precedenti che da quello attuale.

    In altre parole, un inadempimento contrattuale relativo alla manutenzione viene, quindi, considerato sufficiente e legittima una revoca della concessione nella considerazione del governo. Mentre i quarantatré (43) morti per il drammatico crollo del ponte Morandi di Genova e con l’intera classe dirigente della società Autostrade ora sotto processo a Genova, della quale Benetton era azionista di maggioranza, non  risultano legittimanti da una revoca senza alcun indirizzo precedente la data di scadenza.

    In questo contesto lo Stato invece di revocare la concessione ha addirittura versato otto miliardi e quattrocento milioni (8.4000.000.000) per rilevare le quote azionarie della società Aspicontrollata dai Benetton.

    Risulta difficile comprendere le due diverse ratio* delle  scelte governative che penalizzano il responsabile di una  inadempienza manutentiva mentre vengono premiati i responsabili della morte di 43 persone causata, per altro, dalla medesima inadempienza.

    Laddove non emerge la logica spesso si nasconde l’inganno.

    (*) Ingiustificabile anche se supportata da un contratto capestro sottoscritto dal governo D’’Alema ad esclusivo favore del gruppo Autostrade by Benetton

  • Autostrade

    Succede sicuramente anche a voi di avere tra gli amici uno che ami essere il bastian-contrario del gruppo e così capita anche a me. Un mio amico ha sempre da criticare e soprattutto, chissà perché, da un po’ di tempo se la prende con il nostro attuale governo dicendo che è composto soltanto da demagoghi e da incapaci. Secondo me, lui capisce poco di economia e non si rende conto dei grandi successi che Conte e i suoi ministri stanno mietendo da quando noi italiani abbiamo avuto l’onore e il piacere di sceglierceli come guida. Hanno o non hanno sconfitto la povertà? Hanno o non hanno aperto il Parlamento come una “scatola di tonno”? Stanno o non stanno sistemando l’Alitalia e l’acciaieria di Taranto? Per fortuna ci sono loro a Palazzo Chigi e negli altri ministeri! Adesso questo bastian-contrario ce l’ha contro la vittoria che Cinque Stelle, PD e sodali hanno riportato in merito alla questione autostrade. Ho deciso di riferirvi i suoi ragionamenti soltanto perché vorrei essere da voi confortato nella mia opinione che lui stia sbagliando proprio tutto.

    Non conosco i dettagli dell’accordo raggiunto con la famiglia Benetton, l’azionista di maggioranza (attraverso Atlantia) di Autostrade per l’Italia (ASPI) ma sono felice per quanto comunicato da qualcuno dei politici protagonisti e cioè che: “finalmente le autostrade tornano ai loro legittimi possessori, cioè i cittadini italiani”. Quel che è certo è che, nell’arco di sei mesi-massimo un anno, i Benetton usciranno dal capitale della società lasciando il posto a Cassa Depositi e Prestiti (CDP), cioè una società pubblica. La loro uscita avverrà, lo confermano le dichiarazioni ufficiali, senza che lo Stato italiano sborsi un solo euro poiché l’ingresso di CDP avverrà mediante un aumento di capitale. A me sembra una soluzione perfetta perché se, come qualcuno aveva sostenuto, si fosse eseguita la revoca della concessione lo Stato avrebbe dovuto pagare ai Benetton, come penale prevista dal contratto, ben 23 miliardi (e non i 7 che qualcuno aveva sperato). Tuttavia, come vi dicevo, il mio amico non è contento. Lui sostiene che i Benetton, che sanno già sin d’ora di dover uscire dal capitale, approfitteranno dei mesi di tempo prima del completamento dell’operazione per vendere poco per volta tutte, o quasi, le loro azioni trovandosi così a incassare qualcosa che mai avrebbero sognato di poter recuperare. Come impedirglielo? Quando sarà lanciato l’aumento di capitale, chi si troverà a sottoscriverlo mettendo soldi freschi saranno gli azionisti rimasti e cioè quei fondi che non avranno già venduto le loro quote, i piccoli risparmiatori e, naturalmente, Cassa Depositi e Prestiti, cioè lo Stato italiano. I Benetton non dovranno metterci neanche un euro perché l’accordo prevede comunque che le quote loro rimaste saranno diluite a favore di CDP.

    Secondo il mio amico, sempre insoddisfatto, la cosa non finirebbe li. Quando, tra mesi o anni, una sentenza definitiva proverà la responsabilità totale della società gestore (cioè ASPI- Autostrade Per l’Italia) per aver causato per superficialità, o frode, o altro, il crollo del ponte, la stessa ASPI e i suoi nuovi proprietari dovranno pagare i danni. In altre parole saranno proprio CDP e chi altri possiederà le azioni in quel momento a sopportare il costo dell’indennizzo dovuto. Già ora si parla di 3,4 miliardi a titolo di risarcimento che saranno pagati subito da ASPI e non dagli azionisti privati.

    Il mio bastian-contrario ha proprio sempre da criticare. Si è perfino ricordato di un altro ponte crollato più recentemente in Toscana e dice che lì la gestione e la manutenzione erano a carico di una società pubblica: l’ANAS (del Gruppo Ferrovie dello Stato). Secondo lui ciò dimostrerebbe che rendere pubblica la gestione non è necessariamente sinonimo di migliore manutenzione e più sicuro interesse per la collettività.

    A questo punto, convinto di coglierlo in fallo, gli ho chiesto quale soluzione, secondo lui, sarebbe stata la migliore. Ecco la risposta: “Rinviare alla naturale scadenza della concessione le decisioni sulla stessa; imporre ad Autostrade, forti di quanto successo, la rinegoziazione su tariffe, investimenti, e utili garantiti al concessionario; attendere quindi la fine del processo per far pagare tutti i danni agli attuali proprietari e non ai subentranti”. Che soluzione pazzesca!

    Lo avevo premesso: credo proprio che il mio amico non capisca molto di economia e, probabilmente, nemmeno di procedure negoziali. Non siete anche voi d’accordo con me? O forse ha ragione lui?

  • La Ue dà via libera al rinnovo delle concessioni autostradali in Italia

    Via libera da parte dell’Antitrust Ue alla proroga delle concessioni autostradali in Italia, con conseguente sblocco di 8,5 miliardi investimenti. Il piano prevede la proroga delle concessioni detenute da Autostrade per l’Italia (Aspi) e da Società Iniziative Autostradali e Servizi (Sias). La prima copre la sua rete autostradale in Italia, la seconda riguarda l’A4 Torino-Milano. Sias utilizzerà le entrate generate dalla proroga della concessione per concludere la Asti-Cuneo. La decisione di Bruxelles fa seguito all’accordo di principio raggiunto il 5 luglio 2017 fra la commissaria Ue alla concorrenza Margrethe Vestager e il ministro dei trasporti Graziano Delrio.

    «In stretta collaborazione con l’Italia, abbiamo trovato una soluzione che permetterà di effettuare investimenti essenziali nelle autostrade italiane, limitando nel contempo l’impatto sugli utilizzatori ed evitando una sovracompensazione delle imprese che gestiscono le autostrade», ha sottolineato Vestager, ricordando che «l’Italia ha inoltre convenuto di indire a breve nuovi bandi di gara per diverse importanti concessioni autostradali per garantire una vera concorrenza nel mercato».

    Per quanto riguarda Aspi, la misura prevede una proroga quadriennale della concessione fino al 2042. Anche nel caso di Sias, la misura prevede una proroga quadriennale fino al 2030. Entrambe prevedono un massimale sui potenziali aumenti dei pedaggi a un livello sostenibile per gli utilizzatori delle autostrade, che in linea di principio non possono superare il tasso di inflazione maggiorato dello 0,5%. Le salvaguardie per limitare le distorsioni della concorrenza prevedono: primo, un massimale sull’importo che Aspi e Sias possono rispettivamente ottenere al termine della concessione vendendo i propri attivi. Secondo, un meccanismo per evitare la sovracompensazione, stabilendo la remunerazione e il livello degli investimenti, nonché sanzioni in caso di ritardi o di mancata realizzazione degli investimenti. Terzo, requisiti per bandire gare per la stragrande maggioranza delle opere infrastrutturali a valle. Nel caso di Aspi, inoltre, le entrate dovrebbero consentire di portare a termine tempestivamente la bretella della “Gronda di Genova».

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