Dublino

  • Bozza tedesca per modificare gli accordi di Dublino sui migranti

    Prima valutazione obbligatoria delle richieste di asilo alla frontiera esterna; un sistema più equo per la ripartizione dei profughi, basato su criteri come il numero di abitanti di un Paese e la sua forza economica; e lo stop assoluto ai movimenti secondari dei migranti da uno Stato membro all’altro. Sono i tre pilastri per la riforma del Sistema di asilo europeo, proposti da un documento datato 13 novembre, e fatto circolare in modo informale a Bruxelles, dal governo di Berlino.

    Il documento non è oggetto di discussioni ufficiali, ma su di esso potrebbe comunque richiamare l’attenzione il ministro tedesco Horst Seehofer al Consiglio Affari interni dell’Ue, la settimana prossima (2 e 3 dicembre). Secondo il documento, l’attuale Sistema basato sul regolamento di Dublino crea «chiari squilibri», con «cinque Paesi che nel 2018 hanno ricevuto il 75% di tutte le richieste di protezione internazionale. Ovvero: in termini relativi hanno sostenuto un peso 300 volte più pesante degli altri». Anche per questo motivo, il regolamento di Dublino viene definito fallimentare e «inefficace».

    Nella riflessione tedesca, sarebbe la futura Agenzia Ue per l’Asilo (un’evoluzione potenziata dell’attuale Agenzia europea per il sostegno all’asilo) a condurre il primo screening sulle richieste di protezione internazionale, già alla frontiera esterna. In caso di rifiuto di ingresso al migrante, Frontex dovrebbe entrare in gioco, ed il peso dei rimpatri sul Paese di arrivo verrebbe tenuto in considerazione al momento della ripartizione dei richiedenti asilo tra gli Stati.

  • Sassoli rilancia la riforma dell’accordo di Dublino votata nel 2017 dal Parlamento europeo

    «La voce del Parlamento e le decisioni del Parlamento, specie quando sono così a grande maggioranza devono essere rispettate di più». Così, in una conferenza stampa, il presidente del Parlamento europeo David Sassoli ha rivendicato un ruolo più incisivo per lo stesso Parlamento in merito alla gestione dei flussi dei migranti e alla riforma dell’accordo di Dublino (riforma che l’assemblea ha votato il 16 dicembre del 2017 ma che è stata poi «messa in un cassetto», come ha ricordato lo stesso Sassoli).

    «Su Dublino il Parlamento ha indicato delle linee di riforma per consentire all’Europa di avere strumenti per intervenire», ha ricordato il presidente invitando il Consiglio a riprenderla, argomentando che «se si dice che chi arriva in Italia, in Grecia, in Spagna, a Malta, a Cipro, arriva in Europa, è evidente che l’Europa ha la possibilità di organizzare la propria presenza e il proprio intervento».

    Bisogna riprendere quelle «linee di riforma», ha insistito Sassoli. Sotto la sua presidenza il Parlamento europeo intanto ha già ospitato un dibattito sull’assistenza umanitaria nel Mediterraneo, per discutere con il Consiglio e la Commissione «le operazione delle Ong nel Mediterraneo e le posizioni divergenti degli Stati membri».

  • Delusione per il non accordo su Dublino

    Siamo stati tutti soddisfatti nell’apprendere che l’Europa si è sentita rassicurata dalle parole del ministro Tria, dopo giorni di battute infelici dette a sproposito ed inutili allarmismi lanciati da esponenti europei. Rimaniamo invece insoddisfatti e preoccupati per la mancanza di un concreto e corretto progetto di revisione del regolamento di Dublino, a distanza di pochi giorni dal nuovo vertice europeo. Se la disponibilità spagnola apre lo spiraglio ad una maggior collaborazione tra i paesi del Mediterraneo, in attesa di un cambio radicale della sciagurata e pericolosa scelta fatta a Dublino nel 1990 e ribadita nel 2003, rimangono aperti tutti i problemi connessi all’immigrazione, tra i quali la condivisione di responsabilità tra tutti i paesi europei, la necessita di impedire che nei paesi di origine del fenomeno migratorio si creino tali storture e violenze tali, da imporre in troppi casi l’esodo di persone disperate, la lotta ai trafficanti di esseri umani protetti da governi conniventi o ricattati ed impauriti. Salvini dice che alzare la voce paga. Io penso che paghi avere una voce chiara  per sostenere programmi chiari e realizzabili, che abbiano un rapporto diretto con la realtà e siano abbastanza lungimiranti da poter attuare iniziative per cambiarla in meglio. In Europa forse non è necessario urlare per farsi ascoltare, basta esserci e far sentire la propria voce, basta esserci e non parlare a vanvera, basta esserci con determinazione ed altrettanto buon senso. Molto di quanto non ci soddisfa è dovuto alle nostre assenze, alla nostra impreparazione e alle nostre omissioni. Salvini dovrebbe saperlo bene.

  • Revisione degli accordi di Dublino, un piano dell’Italia c’è già

    La riforma degli accordi di Dublino sugli immigrati invocati da chi dopo il 4 marzo sollecita l’urgenza di dar vita a un governo è in realtà già allo studio. L’Italia ha presentato un progetto insieme a Cipro, Malta, Spagna e Grecia, in vista del vertice europeo di fine giugno sul tema, per evitare ciò che i Paesi meno esposti agli sbarchi invece continuano a volere e cioè che siano i Paesi di primo approdo, quali sono i cinque firmatari del progetto di cui fa parte anche l’Italia, a farsi principalmente carico degli arrivati, eventualmente – pure questa è un’ipotesi che sarà discussa al vertice europeo – riprendendoseli anche nei 10 anni successivi alla loro partenza verso altri Paesi europei (che in quei 10 anni avrebbero la facoltà di espellerli).

    I richiedenti asilo provengono per un terzo da 5 Paesi: Siria, Iraq, Afghanistan, Pakistan e Nigeria, ma gli accordi della Ue e dell’Italia con Turchia e Libia hanno ridotto gli arrivi nella misura del 20% nel primo trimestre di quest’anno rispetto all’analogo periodo dell’anno scorso. Ancor più significativo (-30%) e il calo delle domande di asilo accolte.

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