Edi Rama

  • Una sacrosanta ribellione popolare

    Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere.

    Bertolt Brecht

    Il 29 marzo scorso, durante una seduta plenaria del Parlamento, il primo ministro albanese ha esibito di nuovo la sua ormai ben nota volgarità. Questa volta però, aggiungendo un provocatorio significato puramente erotico. Lui, prendendo in giro i cittadini, incapaci di contrariare il modo di governare suo e del suo governo, li ha sfidati, alludendo alla loro impotenza di alzarsi…a protestare. Li ha umiliati usando un linguaggio degno dei carrettieri ubriachi. Mentre lui, il primo ministro albanese, per lo meno nel suo inconscio, è consapevole degli innumerevoli scandali gravi che lo coinvolgerebbero in prima persona, almeno istituzionalmente per il momento.  Riferendosi al popolo impotente, il primo ministro ha detto in Parlamento che “…Questa cosa del popolo è come quel discorso; quando tu gli chiedi inutilmente a quel poveraccio (organo sessuale maschile; n.d.a.) raddrizzati – raddrizzati, perché lui non si raddrizza e sta con la testa in giù….”!. Si è arrivati fino a questo punto in Albania. Con simili volgarità il primo ministro paragona i suoi concittadini con un organo genitale maschile impotente!

    Ma i cittadini non hanno tardato a dimostrare l’opposto contrario al primo ministro, costringendolo a mostrare la sua ben nota doppia personalità. Arrogante e disprezzante per tutti coloro che egli considera sottomessi, ma codardo e vigliacco quando si sente in difficoltà, non importa di fronte a chi e dove.

    Il 31 marzo scorso, i cittadini di una piccola città nel nord-est dell’Albania, la più povera città albanese secondo le statistiche ufficiali, si sono alzati a protestare. Hanno reagito a modo loro contro l’inarrestabile cupidigia del primo ministro per appropriarsi del denaro pubblico. Quei cittadini, a loro volta, hanno sfidato il primo ministro, alzandosi a protestare contro una decisione del governo. Decisione che impone una nuova e ingiustificata tassa di pedaggio. La tassa, la prima di questo genere in Albania, riguarda l’uso di quella che viene chiamata la “Strada della Nazione”. Si tratta della strada che collega l’Albania con il Kosovo, due Paesi popolati dagli albanesi, e che apre spazi nuovi per l’economia e il commercio, non solo dei due Paesi. Strada che passa a fianco di quella sopracitata piccola città del nord-est.

    La tassa in questione è stata decisa senza alcuna consultazione con i gruppi d’interesse e/o chi potrebbe essere coinvolto. In qualsiasi sede e/o tempo. La mancanza di trasparenza è stata completa, come al solito. A fatto compiuto, i cittadini hanno avuto tutta la ragione per protestare contro quella tassa e contro l’arroganza governativa. Non solo quelli della piccola città del nord-est, che sarebbero stati direttamente coinvolti e penalizzati quotidianamente, ma anche tutti gli altri cittadini, sia quelli albanesi che del Kosovo. E le reazioni non sono mancate da tutte le parti; forti e chiare. Kosovo compreso.

    Quella del 31 marzo scorso è stata una sacrosanta ribellione popolare. Perché quando l’arroganza di chi ha ed esercita impropriamente il potere politico e statale, passa ogni limite, allora anche la reazione popolare potrebbe e dovrebbe essere forte e determinata. Perché quando l’avidità di arricchirsi, da parte di coloro che governano e di chi ne approfitta tramite loro, passa i limiti, allora anche la reazione popolare potrebbe e dovrebbe essere quella giusta. Perché la “Strada della Nazione” è stata costruita nel 2009, usando soltanto dei soldi pubblici; cioè senza nessun investimento privato di capitali e/o altro. Perché i cittadini che, per vari motivi, possano aver bisogno di usufruire della “Strada della Nazione” non hanno nessuna altra alternativa percorribile per raggiungere la loro meta, tranne la Strada stessa. Si tratterebbe di strade alternative obbligatorie, come ormai ed ovunque è prassi comune in casi simili. Perché la “Strada della Nazione” viene usata, soprattutto dai tanti poverissimi abitanti della zona, solo e soltanto per stretti bisogni vitali. Mentre il pagamento del pedaggio sempre e comunque verrebbe scaricato sul biglietto del trasporto, sui prezzi ed altro, in varie forme. Mettere una simile tassa in casi simili rappresenta un atto irresponsabile e criminale ed è veramente priva di qualsiasi sana logica finanziaria. Perché la “Strada della Nazione” verrebbe data in concessione ad un consorzio di privati per gestire la manutenzione senza aver speso un centesimo. Mentre la tassa della circolazione pagata dai cittadini, essendo scaricata sul prezzo del carburante (circa 1/5 del totale), basta e avanza per pagare la manutenzione non solo della “Strada della nazione”, ma anche di altre strade. Perché, dati alla mano, i costi degli investimenti pubblici sono lievitati inspiegabilmente in Albania e il denaro pubblico “scompare misteriosamente”, soprattutto nel corso degli ultimi anni. E i “perché” potevano continuare. Ma anche soltanto quelli sopracitati basterebbero per capire l’arroganza e l’abusivismo governativo.

    Durante la protesta sopracitata, i cittadini sono stati provocati e assaliti dalla polizia. In seguito anche loro hanno reagito, dando alle fiamme alcuni caselli autostradali. Strutture simbolo, dove si doveva pagare il pedaggio ingiusto e abusivo, deciso dal governo. I filmati, resi pubblici dai media non controllati, dimostrano tutto.

    L’arroganza del primo ministro e di alcune istituzioni, a lui subalterne ufficialmente e/o personalmente, non hanno smentito durante e dopo la sopracitata protesta. Sono stati arrestati dalla polizia di Stato 23 dimostranti, in palese violazione delle leggi in vigore in Albania, durante l’alba del 1o aprile scorso. La violazione della legge, il maltrattamento degli arrestati, la falsificazione dei documenti ufficiali redatti dalla polizia di Stato, il ruolo della procura, che ha agito da “procura politica” ed altri fatti importanti, sono stati evidenziati e/o denunciati da tanti noti giuristi, dai media non controllati, dall’opposizione, nonché dai familiari degli arrestati e, poi dopo, anche dagli arrestati stessi, in tribunale. Si tratterebbe veramente di una “situazione di regime”, simile a quelle ormai note ultimamente in Turchia. Per rendersi conto della gravità della situazione, basterebbe riferirsi solo al rapporto ufficiale redatto, in seguito, dai rappresentanti dell’istituzione dell’Avvocato del Popolo. E tutto ciò, soltanto per accontentare il primo ministro. Anche perché lui, dopo la protesta e in seguito, ha perso vistosamente la tranquillità. Fino a smentire le sue prime dichiarazioni, cercando di ‘ammorbidire” il rapporto con i dimostranti. Ma, come sempre, si tratta di tatticismi, cercando di guadagnare tempo e di portare a termine il suo piano abusivo. Per il momento però, il primo ministro è stato costretto a fare dietrofront.

    Chi scrive queste righe è convinto che i cittadini non si dovrebbero infinocchiare di nuovo. Perché ormai è provato, a più riprese, che questo primo ministro ha perso ogni diritto di governare. Perciò si spaventa della sacrosanta ribellione popolare, come il diavolo dell’acqua santa. Perciò suonano più forti che mai, per gli albanesi, le parole di Benjamin Franklin: “Ribellarsi ai tiranni significa obbedire a Dio”.

Pulsante per tornare all'inizio