Fatture

  • Il Garante della privacy: con la fattura elettronica l’Agenzia delle Entrate diventa il Grande Fratello

    Il Garante per la privacy ha bocciato le fatture elettroniche, la cui introduzione al posto di quelle cartacee è prevista per legge dal prossimo 1 gennaio, rilevando che troppe informazioni, non direttamente necessarie alla gestione delle fatture elettroniche, verranno archiviato dal sistema di gestione. Il Garante ha di conseguenza avvertito l’Agenzia delle entrate che il nuovo obbligo della fatturazione elettronica, così come è stato regolato, «presenta rilevanti criticità in ordine alla compatibilità con la normativa in materia di protezione dei dati personali» ed ha chiesto alla medesima Agenzia di far sapere con urgenza come intenda rendere conformi al quadro normativo italiano ed europeo i trattamenti di dati che verranno effettuati ai fini della fatturazione elettronica.

    È la prima volta che il Garante esercita il nuovo potere correttivo di avvertimento, attribuito dal Regolamento europeo, attraverso un provvedimento adottato anche a seguito di alcuni reclami. Nel dettaglio il Garante ha obiettato che l’Agenzia, dopo aver recapitato le fatture attraverso il sistema di interscambio (SDI) tra gli operatori economici e i contribuenti, archivierà e utilizzerà i dati anche a fini di controllo ed archivierà non solo i dati obbligatori a fini fiscali ma anche la fattura vera e propria (che contiene informazioni di dettaglio ulteriori sui beni e servizi acquistati, come le abitudini e le tipologie di consumo, o addirittura la descrizione delle prestazioni sanitarie o legali). Il Garante ha espresso preoccupazioni per l’accentramento di enormi masse di dati personali con un aumento dei rischi, non solo per la sicurezza delle informazioni, ma anche relativi a ulteriori usi impropri, grazie a possibili collegamenti e raffronti tra fatture di migliaia di operatori economici.

  • Promesse elettorali di soldi a tutti, e nessuno che si occupi dei collaboratori non pagati

    Tra le tante proposte che abbiamo sentito in queste settimane di campagna elettorale non abbiamo sentito, da parte di alcuno, affrontare il problema dei pagamenti delle prestazioni di servizi. Da anni l’Unione europea  ha stabilito il pagamento delle fatture a 30 giorni, scadenza che peraltro la pubblica amministrazione italiana continua a non rispettare creando, a catena, una serie infinita di problemi alle aziende e perciò ai lavoratori, che spesso sono collaboratori occasionali che cercano di rimboccarsi le maniche e guadagnare qualcosa senza aspettarsi un posto fisso. Purtroppo la stessa Unione europea più volte, ed inutilmente, interpellata sul problema dei prestatori di servizi non ha dato risposta, proprio come i partiti italiani.

    In un momento, che dura da anni, sempre più difficile per chi cerca lavoro migliaia di persone si sono riconvertite accettando lavori provvisori che consistono in prestazioni occasionali di servizi. Sono così pagate una serie di attività temporanee quali ad esempio, per restare in tema di attualità, i rilevatori degli scrutini elettorali. E queste attività non sono pagate a 30 ma a 90 giorni quando addirittura a 90 e più. Non sono attività svolte da pur piccole società, in quel caso avrebbero diritto al pagamento a 30 giorni, ma da singoli individui per i quali l’attesa di tre e più mesi diventa una vera piccola grande tragedia per la sopravvivenza e per il pagamento dei loro impegni. Stupisce veramente che mentre tutti parlano di provvedimenti idonei a trovare posti di lavoro, spesso prospettando ipotesi non praticabili, nessuno si occupi di questa realtà che sta mettendo in gioco le vite di decine di migliaia di persone, quasi a dimostrare (e non si sentiva certo bisogno di una riprova) l’estraneità di partiti e candidati dai problemi effettivi di coloro a cui chiedono il voto.

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