Geopolitica

  • Bisogna impedire il peggio

    …Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio
    vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete
    e le sedie dei venditori di colombe e disse loro:
    “Sta scritto: la mia casa sarà chiamata casa di preghiera.
    Voi invece ne fate un covo di ladri”….

    Vangelo secondo Matteo; 21;12,13

    Ormai gli scandali in Albania sono talmente frequenti che sembrano parte integrante della quotidianità. Il che sta creando un altro male: quello di abituarsi al male. Che, perciò, diventa peggiore del male stesso. Appena l’attenzione pubblica, quella ancora non assopita, si rivolge a quanto è accaduto arriva un altro scandalo, che fa stendere un velo pietoso sul precedente. Come se si facesse apposta. Può anche darsi. Ma comunque l’irresponsabilità di coloro che governano, la loro convinzione di essere degli intoccabili e la loro avidità di appropriarsi di qualisasi cosa, non possono non produrre scandali continui. E la mancanza di moralità passa in secondo piano. Anche la reazione della parte sana dell’opinione pubblica bisogna però che sia quella giusta. Per impedire il peggio. Si tratta di fatti gravi, che violano apertamente le leggi in vigore e spesso anche la Costituzione. Sono scandali che coinvolgono i massimi livelli della classe politica, come ideatori e/o approfittatori e beneficiari. Scandali che, tra l’altro, stanno screditando il Paese, soltanto come una delle conseguenze.

    Gli ultimi due, accaduti o resi noti durante la settimana appena passata, sono altrettanto gravi. Uno riguarda le procedure dell’estradizione in Italia di una persona sotto processo in Albania, in aperta violazione, sia della legge albanese, che di quella internazionale. E guarda caso, si tratta del tesoriere e l’unico testimone importante arrestato in Albania, di una banda criminale di trafficanti di stupefacenti. Di quella banda, i membri della quale sono stati arrestati in Italia alcuni mesi fa e che, dalle intercettazioni della procura di Catania, sembrerebbe avessero la copertura diretta dell’ex ministro degli interni (2013 – 2017), loro parente, che è ormai indagato in Albania proprio per queste accuse. Nella sua gravità, lo scandalo viene “addobbato” dalle dichiarazioni irresponsabili, contraddittorie, ridicole e, perciò, poco convincenti dei più alti rappresentanti delle istituzioni direttamente responsabili dell’estradizione. Tutto sembrerebbe una messinscena ideata e attuata per giustificare l’ingiustificabile. Questo scandalo, in più, sembra essere stato preceduto da una serie di altre cose accadute ultimamente, tutte legate alle indagini sull’ex ministro delgi interni. Cose che non potevano accadere senza una determinata e ben precisa volontà politica e personale del primo ministro. Il tempo lo dimostrerà.

    L’altro scandalo in corso riguarda un multidimensionale accordo in corso tra l’Albania e la Grecia. Nonostante e contrariamente alle “rassicuranti” dichiarazioni del ministro degli esteri e del primo ministro albanese, alcune parti sensibili del contenuto dell’accordo sono state rese note pubblicamente dal ministro degli esteri ellenico la scorsa settimana, sia in parlamento, che davanti ai rappresentanti dei media. Dichiarazioni che non solo smentiscono quanto hanno detto e dicono i politici albanesi coinvolti, ma soprattutto, rendono trasparente quanto si sta cercando di nascondere in Albania. E si tratta di accordi a scapito degli interessi nazionali albanesi. Rimane tutto da seguire e da valutare, ma i segnali sono tutt’altro che rassicuranti.

    Tutto ciò, mentre la propaganda governativa, con la solita sua irritante demagogia cerca di nascondare e di insabbiare le verità. Ma sono talmente tanti gli scandali da coprire e metterli nell’oblio che sta diventanto un’impresa sempre più difficile. Adesso anche lo stendardo della riforma di giustizia non “entusiasma”, non attrae e, perciò, non convince più di tanto. Le tante cose e i tanti scandali ormai accaduti e resi noti hanno svalutato questa impresa che, dall’inizo, era stata un’impresa ardua, in salita e poco credibile.

    In una situazione del genere non aiutano neache le forti dichiarazioni dell’ambasciatore statunitense in Albania. Lo stesso ambasciatore che ha sempre “tuonato” per la riforma della giustizia, in piena sintonia con il primo ministro. Spesso oltrepassando e violando anche i diritti previsti dal suo mandato e quasi sempre tollerato e supportato dalla classe politica. Di quella riforma che doveva garantire la totale indipendenza del sistema di giustizia, come uno dei tre poteri della democrazia albanese in fasce, dai continui e arroganti interventi della politica. Sistema di giustizia che purtroppo, fatti alla mano, sta cadendo sempre di più nelle mani della politica e, cosa più grave ancora, nelle mani di una sola persona: del primo ministro albanese. Sono tanti i casi evidenziati e tutti sono veramente preoccupanti. Anche l’ultimo scandalo in corso, sopracitato, quello dell’estradizione in Italia di una persona sotto processo in Albania, potrebbe essere un esempio significativo. Ma l’ambasciatore non ha detto ancora niente. Lo stesso ambasciatore che, adesso che la riforma doveva essere attiva da quasi un anno, mentre non sono ancora attive neanche le strutture previste dalla Costituzione, non ha però espresso pubblicamente la sua opinione. L’ambasciatore, allo stesso tempo, sta tacendo per la costituzione di alcune strutture parallele da parte del governo, sempre legate al sistema della giustizia, con l’obiettivo di controllarlo. Lui non ha detto niente neanche per tanti altri scandali accaduti nel frattempo (Patto Sociale n.283), sapendo il vero perché. Insieme con lui, anche la rappresentante dell’Unione europea in Albania.

    L’ambasciatore staunitense sta tacendo per tutte queste cose ed altre, come ha taciuto per anni della cannabis, diventata un’allarmante problema anche per le istituzioni dello Stato che rappresenta. In realtà ha continuamente appoggiato quanto diceva il primo ministro sulla cannabis, e cioè negava l’esistenza e applaudiva i successi del governo, insieme con la rappresentante dell’Unione europea. È lo stesso ambasciatore che il 7 novembre scorso prevedeva la cattura dei “Pesci grandi” in gennaio (Patto Sociale n.288). Intendeva cioè la consegna alla giustizia “riformata” di alti rappresentanti della politica coinvolti in scandali e/o in altre facende legalmente punibili. Almeno queste erano le aspettative del pubblico. Gennaio è però passato e nessun “pesce grande” è caduto nella rete, come diceva convinto e sicuro il 7 novembre scorso l’ambascitore statunitense. Non è valso neanche un suo status in rete alcuni giorni fa, con il quale chiedeva al governo, alla polizia a alla procura “riformata” dei risultati concreti. Una richiesta che, visto quanto è successo, suona come un’altra, – l’ennesima – offesa fatta agli albanesi.

    Chi scrive queste righe è convinto che gli albanesi debbano finalmente ribellarsi, per rovesciare questa dittatura che si sta instaurando e scacciare via tutti i veri responsabili. È un loro sacrosanto diritto e dovere. Come Gesù scacciò tutti quelli che avevano fatto del tempio un covo di ladri.

  • Internet pericoloso in mano agli Stati, perché gli hacker lavorano per loro

    Tim Maurer, co-direttore della Cyber ​​Policy Initiative e fellow presso il Carnegie Endowment for International Peace, ha dato alle stampe il saggio Cyber ​​Mercenaries nel quale esplora le relazioni segrete tra Stati e hacker. Mentre il cyberspazio è diventato la nuova frontiera della geopolitica, sostiene l’autore, diversi Stati hanno fatto ricorso agli hacker come per delegare loro il perseguimento, in via informale, dei propri obiettivi di potere. Esaminando casi negli Stati Uniti, in Iran, in Siria, in Russia e in Cina, il volume sottolinea che le relazioni delle autorità pubbliche con gli hacker di stato sollevano quindi importanti domande sul controllo, l’autorità e l’uso di capacità informatiche offensive.

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