Giornali

  • Di cosa parliamo?

    Di una bambina di 5 anni sparita nel nulla, svanita nell’aria in un palazzo da tempo occupato abusivamente sotto gli occhi di tutti? Delle ricerche approfondite partite solo dopo lo sgombero eseguito dopo molti giorni, delle faide, delle irregolarità, degli abusi, dei crimini, compiuti nell’indifferenza delle istituzioni, della realtà di migliaia di persone che  in Italia vivono in case, fabbriche, luoghi occupati abusivamente o addirittura per strada perché case non ce ne sono abbastanza? Dove vivono gli immigrati regolari, dove spariscono gli irregolari, come le forze dell’ordine possono intervenire in questa situazione? Le persone da qualche parte devono stare, dormire, mangiare, lavarsi e questo degrado, sul quale le istituzioni non intervengono con fatti concreti, porta altro degrado.

    La bambina è sparita, rapita da chi e per cosa? E come sarà possibile ritrovarla se nulla è chiaro dopo ormai giorni e giorni? E questa ennesima triste vicenda, che riguarda ancora una volta un bambino, cambierà qualcosa?

    Parliamo di un bambino che è stato ucciso mentre, con la mamma e la sorellina, stava tranquillo nella sua macchina, sappiamo, dai media, quasi tutto di questa nuova tragedia, quello che però pochi, ancora, realizzano è la responsabilità che coinvolge non solo i giovani. Bisogna, volenti o nolenti, prendere atto che certi fatti discendono dalla cultura che abbiamo accettato diventasse dominante in questi anni. Il virtuale, il fittizio, il metaverso, l’apparire, il guadagnare veloci, vendendo il massimo dell’effimero, lo sprezzo, per altro spesso inconsapevole, del pericolo e della vita altrui sono i fondamenti di questa cultura legata solo al momento, a quello che sembra, a quello che vogliamo fare credere agli altri, quegli altri che, per imitazione, commetteranno gli stessi errori.

    Finito il tempo degli  eroi buoni e coraggiosi, niente banditi gentiluomini o imprenditori attenti al ruolo positivo che l’impresa deve avere nella società; la notizia deve essere tragica per fare vendere, la rete è molto più della famiglia o dello Stato, delle regole e della verità, si crede di combattere la solitudine facendo amicizie fasulle su internet e non si è più in grado di intessere rapporti interpersonali umani.

    Per questa cultura piangono troppe famiglie e troppi giovani sono rovinati mentre il bullismo, le violenze aumentano, chi saprà, vorrà provare a fare capire che è il momento di invertire la rotta?

    Di cosa parlare mentre bambini muoiono o sono rapiti, mentre centinaia di migranti continuano a morire nei nostri mari ed altre migliaia non trovano un posto per dormire, per vivere e le irregolarità diventano prassi consolidata mentre siamo sempre più assuefatti a non pensare a cosa provano gli altri?

    Di cosa parlare mentre una guerra ingiusta, crudele, voluta dalla cieca mania di grandezza di un uomo malato, almeno nello spirito, distrugge troppe vite oggi ma anche quelle che verranno perché saranno vittime del disastro ambientale e della fame?

    E mentre altre guerre e violenze di vari gruppi terroristici continuano ad insanguinare tanta parte del mondo si è perso un sommergibile di miliardari in cerca del brivido della morte e convinti che basta pagare perché il brivido resti tale e non diventi morte reale.

    Non vorrete che anche noi si commenti e si dia spazio al “vate” dell’Altrove, alla cicala parlante che in piazza incita alle brigate di cittadinanza ed ai passamontagna?
    Vorremmo solo ci fosse una legge per imporgli di cambiare nome, ogni volta nominandolo si sputtanano i poveri grilli, saremmo proprio contenti se decidesse di raggiungere quell’altrove di cui parla, più altrove sarà meglio sarà per tutti, anche per i 5 Stelle.

  • In attesa di Giustizia: il giorno della civetta

    “Civetta” è il nome dato a quelle locandine posizionate fuori dalle edicole con la più sensazionale delle notizie disponibili in evidenza così da sollecitare l’acquisto del giornale. Una di queste, richiamando l’articolo di un quotidiano locale veneto (non importa di dove e quale sia la testata), qualche giorno fa strillava: “LEGGE CARTABIA – IMPUTATI ASSOLTI”.

    “Quattro gravi incidenti per i quali non ci sarà una verità giudiziaria” veniva precisato nell’articolo.

    La clamorosa notizia si riferiva a processi per lesioni stradali in realtà non definiti con irragionevoli assoluzioni ma con sentenze di non doversi procedere per mancanza di querela.

    Ovviamente, mancava una spiegazione per i non addetti ai lavori perchè l’esigenza degli organi d’informazione è piuttosto quella di assecondare una subcultura affamata di processo penale e vendetta.

    Per ogni fatto, anche il più modesto e banale, anche di fronte all’incuranza della persona offesa, dev’esserci una “verità giudiziaria” e una condanna dell’imputato, preferibilmente “esemplare”.

    Sarebbe stato, invece, opportuno spiegare che quelle non erano assoluzioni e tantomeno ingiuste ma che, da quest’anno, per le lesioni stradali non aggravante da guida in stato di ebrezza, velocità superiore al doppio di quella consentita, passaggio con il rosso ecc… si procederà soltanto se la vittima ne ha fatto richiesta: esattamente come avveniva prima della legge del 2016 sull’omicidio stradale.

    Sarebbe stata l’occasione per informare che, per i fatti precedenti alla entrata in vigore della riforma Cartabia”, era stato previsto un termine di tre mesi a decorrere dal 1° gennaio 2023 per presentare la querela, se mancante.

    Quali e quanti articoli sono stati scritti per comunicare, in tempo utile e termini comprensibili, queste notizie che per i cittadini potevano rivestire interesse?

    Sarebbe stato corretto anche precisare che il semplice ritorno al precedente sistema è stato frutto di una scelta normativa una volta tanto sensata e come tale accolta dall’unanime favore dai giuristi.

    Negli ultimi sei anni bastava un banale tamponamento per avviare un processo e sopportare lunghe sospensioni della patente di guida: numerosissimi erano i procedimenti, che – oltretutto – assorbivano risorse ed energie, magari a fronte dell’incuria della persona offesa la quale, lievemente danneggiata e probabilmente già risarcita dall’assicurazione, non aveva alcun interesse alla persecuzione penale del colpevole.

    Dove sono, allora, lo scandalo e l’allarme?

    La “Riforma Cartabia” – tra luci e ombre – ha introdotto alcune novità di rilievo e tra queste vi è proprio l’estensione dei reati procedibili a querela di parte: se la persona offesa non si attiva perché carente di interesse il processo non si fa. Macchinoso, per fare un altro esempio, ma non privo di senso l’istituto che prevede la sentenza di non doversi procedere per gli irreperibili: che senso ha giudicare dei fantasmi? Ferma restando la possibilità di riaprire il procedimento se la persona viene successivamente trovata e identificata.

    In Italia si celebrano troppi processi inutili (spesso dedicati a fatti di poco o nullo allarme sociale) e si deve aggiornare il sistema con la previsione di pene diverse dalla reclusione: ciò per evitare il sovraffollamento carcerario, sia perché tutti gli studi statistici dimostrano che chi sconta la pena con una misura alternativa alla detenzione ha un rischio di recidiva inferiore.

    E’ l’Europa che lo richiede la riduzione dei tempi di durata del processo penale è cruciale per accedere ai fondi del piano Next Generation EU.

    Ma tutto ciò ci è prima ancora richiesto da elementari principi di civiltà giuridica, che vedono nel processo penale il luogo di accertamento della responsabilità per i fatti più gravi e che ritengono che la sanzione carceraria sia una extrema ratio.

    Scrivere queste cose può avere meno appeal in una certa fascia dell’opinione pubblica che invoca la gogna sempre e comunque: ma qui siamo su Il Patto Sociale, non allochiamo “civette” sensazionalistiche dinanzi alle edicole e cerchiamo di offrire una comunicazione corretta e chiara che, se mai, stimoli il lettore alla riflessione.

    In questa rubrica continueremo a invocare i principi del diritto penale liberale perché siamo certi che la cultura dei diritti, per quanto a volte controintuitiva, sia l’unica possibile in uno Stato autenticamente democratico.

  • Giornata mondiale della libertà di stampa: la Commissione agisce per difendere il pluralismo dei media

    “La libertà e il pluralismo dei media sono pilastri essenziali della nostra democrazia europea. Ma durante gli ultimi anni abbiamo assistito a una preoccupante tendenza all’intimidazione e alla violenza nei confronti dei giornalisti, nonché a pressioni politiche e commerciali nei confronti dei media”. A dichiaralo è la commissaria europea Věra Jourová, vicepresidente per i Valori e la trasparenza, in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa che si celebra il 3 maggio. E aggiunge: “Abbiamo proposto una normativa per contrastare le azioni legali abusive e un regolamento sulla libertà dei media, nell’intento di preservare l’indipendenza editoriale, anche per i media pubblici. Oggi, come ogni giorno, sosteniamo con forza la libertà dei media e continueremo a lavorare per garantire che nessun giornalista corra pericoli mentre svolge il proprio lavoro”.

    Nel settembre 2022 la Commissione ha proposto la legge europea per la libertà dei media, che prevede, tra l’altro, garanzie contro le ingerenze politiche nelle decisioni editoriali e contro la sorveglianza. La proposta pone l’accento sull’indipendenza e sul finanziamento stabile dei media del servizio pubblico come pure sulla trasparenza della proprietà dei media e sulla distribuzione della pubblicità statale.

    La legge europea per la libertà dei media fa parte di un approccio europeo globale per i media, basato sul piano d’azione per la democrazia europea e sul piano d’azione per i settori dei media e degli audiovisivi (MAAP).

    Lo scorso anno la Commissione ha inoltre adottato una proposta per contrastare le azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (dette anche “SLAPP” o “azioni bavaglio”), fornendo ai giornalisti e ai difensori dei diritti umani strumenti per contrastare i procedimenti giudiziari abusivi. L’iniziativa integra la raccomandazione della Commissione sulla sicurezza dei giornalisti.

    Nel frattempo la Commissione prosegue la fornitura di sostegno finanziario per promuovere la libertà e il pluralismo dei media.

    “Difendere e promuovere la libertà di stampa è una missione universale che non conosce frontiere. L’UE manterrà il suo impegno a dialogare con i governi, i media e la società civile, sia nei consessi internazionali che a livello locale, per prendere iniziative e rafforzare la libertà di stampa in tutto il mondo. Sancita dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo 75 anni fa, la tutela della libertà di espressione rimane una priorità fondamentale per l’azione dell’UE in materia di diritti umani”, ha detto il 2 maggio l’alto rappresentante/vicepresidente Josep Borrell in una dichiarazione a nome dell’UE..

  • Gli italiani leggono le news sempre più online

    Una fotografia in chiaroscuro, tra crescita continua di dispositivi digitali e del web, declino della carta stampata e bisogno di sicurezze nell’informazione, èquella che offre il 18/o rapporto Censis sulla comunicazione, intitolato ‘I media delle crisi’ (la pandemia e la guerra, ndr) presentato a Roma.

    Venendo ai numeri, resta stabile nel 2022 il pubblico della televisione, guardata dal 95,1% degli italiani, con il forte rialzo della tv via internet (web tv e smart tv arrivano al 52,8%, +10,9% in un anno) e il boom della mobile tv, passata dall’1% di spettatori nel 2007 al 34% di oggi. I radioascoltatori sono il 79,9% degli italiani, stabili da un anno all’altro, con la fruizione attraverso lo smartphone sempre più rilevante (29,2%, +5,4% in un anno).

    Tra le voci negative del rapporto, realizzato con la collaborazione di Intesa SanPaolo, Mediaset, Rai, Tv2000 e Windtre, il continuo declino dei media a stampa: i quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67% degli italiani, si sono ridotti al 25,4% nel 2022. Si registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,6%) e dei mensili (-0,6%). Gli utenti dei quotidiani online invece sono il 33% degli italiani (+4,7% in un anno) mentre il 58,1% (+4,3%) utilizza i siti web d’informazione generici. Dopo un breve arresto del calo di lettori di libri nel 2021, gli italiani che oggi leggono libri cartacei sono il 42,7% del totale (-0,9% rispetto allo scorso anno e -16,9% rispetto al 2007). La flessione è parzialmente compensata dall’aumento dei lettori di e-book, pari al 13,4% degli italiani (+2,3%). La spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo (-37,7% rispetto al 2007).

    Tra il 2021 e il 2022 c’è un forte aumento dell’impiego di internet (88% di utenza, +4,5%), mostrando una perfetta sovrapposizione con quanti utilizzano gli smartphone (l’88,0%: +4,7%). Lievitano all’82,4% gli utenti dei social network (+5,8% in un anno). Tra i giovani (14-29 anni) cresce l’impiego delle piattaforme online: il 93,4% usa WhatsApp, l’83,3% YouTube, l’80,9% Instagram. C’è un forte incremento dei giovani utenti di TikTok (54,5%), Spotify (51,8%) e Telegram (37,2%). In flessione, invece, Facebook (51,4%) e Twitter (20,1%). Tra il 2007 (l’ultimo anno prima della grande crisi del 2008) e il 2021, la spesa per l’acquisto di telefoni ed equipaggiamento telefonico ha segnato un vero e proprio boom (+572,0%) e quella dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori è più che raddoppiata (+138,9%).

    I media “considerati più affidabili nell’ultimo anno sono nell’ordine, radio, tv e carta stampata; mentre all’ultimo posto ci sono i social network – spiega Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis -. Fare un forte ricorso ai media digitali non vuole dire attribuirgli un alto grado di credibilità”. Rispetto però al modo in cui sono stati raccontati pandemia e guerra in Ucraina, “scende il livello di fiducia verso i media tradizionali, mentre sale quello verso i social». Ad esempio “quasi il 72% degli utenti della tv ha critiche per come sono stati affrontati questi temi”. Inoltre Il 60,1% degli italiani ritiene legittimo il ricorso a una qualche forma di censura: in particolare, per il 29,4% non dovrebbero essere diffuse le fake news accertate; per il 15,7% le opinioni intenzionalmente manipolatorie e propagandistiche; per il 15% i pareri espressi da persone senza competenze per parlare. Al contrario, per il 39,9% non è mai giustificata alcuna forma di censura. “Questo sulla censura è l’elemento meno atteso – commenta il presidente del Censis Giuseppe De Rita – significa che le persone hanno bisogno di sicurezza. Se non c’è questa si va incontro a un degrado crescente dell’informazione”.

    Gina Nieri, consigliere di amministrazione Mediaset, è “convinta che i media tradizionali, percepiti come di riferimento, offrano ancora un ambito di confidenza perché sono un ambiente regolamentato, dove c’è una cultura della sicurezza”. Sul web, invece “la profilazione degli utenti favorisce l’esposizione delle persone alle fake news – spiega il direttore Marketing Rai Vincenzo Nepote – Penetrare con un’informazione più equilibrata a volte è difficile. Bisogna riuscire a creare un dialogo”.

  • La Commissione propone norme per proteggere il pluralismo e l’indipendenza dei media nell’UE

    La Commissione europea ha adottato una legge europea per la libertà dei media: una nuova serie di norme per proteggere il pluralismo e l’indipendenza dei media nell’UE. La proposta di regolamento prevede, tra l’altro, garanzie contro le ingerenze politiche nelle decisioni editoriali e contro la sorveglianza. Pone l’accento sull’indipendenza e sul finanziamento stabile dei media del servizio pubblico come pure sulla trasparenza della proprietà dei media e sulla distribuzione della pubblicità statale. Stabilisce inoltre misure finalizzate alla tutela dell’indipendenza dei responsabili editoriali e alla divulgazione di conflitti di interesse. La legge affronterà infine la questione delle concentrazioni dei media e creerà un nuovo comitato europeo indipendente per i servizi dei media, costituito dalle autorità nazionali di regolamentazione dei media. La Commissione ha inoltre adottato una raccomandazione complementare con l’obiettivo di incoraggiare la creazione di garanzie interne per l’indipendenza editoriale.

    La legge europea per la libertà dei media farà sì che i media – pubblici e privati – possano operare più facilmente a livello transfrontaliero nel mercato interno dell’UE, senza pressioni indebite e nel contesto della trasformazione digitale dello spazio mediatico.

    • Tutela dell’indipendenza editoriale: il regolamento imporrà agli Stati membri di rispettare l’effettiva libertà editoriale dei fornitori di servizi di media e di migliorare la protezione delle fonti giornalistiche. Inoltre i fornitori di servizi di media dovranno assicurare la trasparenza della proprietà, divulgando pubblicamente tali informazioni, e adottare misure volte a garantire l’indipendenza delle decisioni editoriali individuali.
    • No all’uso di software spia ai danni dei media: la legge per la libertà dei media prevede solide garanzie contro l’uso di software spia ai danni dei media, dei giornalisti e delle loro famiglie.
    • Indipendenza dei media del servizio pubblico: laddove esistano media del servizio pubblico, i finanziamenti loro erogati dovrebbero essere adeguati e stabili, in modo da garantire l’indipendenza editoriale. Il direttore e il consiglio di amministrazione dei media del servizio pubblico dovranno essere nominati con una procedura trasparente, aperta e non discriminatoria. Gli organi di informazione del servizio pubblico dovranno fornire una pluralità di informazioni e opinioni in modo imparziale, in conformità alla loro missione di servizio pubblico.
    • Test del pluralismo dei media: la legge per la libertà dei media impone agli Stati membri di valutare l’impatto delle concentrazioni del mercato dei media sul pluralismo dei media e sull’indipendenza editoriale. Prevede inoltre che qualsiasi misura adottata da uno Stato membro, legislativa, regolamentare o amministrativa, che comporti possibili ripercussioni sui media, sia debitamente giustificata e proporzionata.
    • Trasparenza delle pubblicità statali: la legge per la libertà dei media stabilirà nuovi requisiti per la distribuzione della pubblicità statale ai media affinché la distribuzione sia trasparente e non discriminatoria. La legge migliorerà inoltre la trasparenza e l’obiettività dei sistemi di misurazione dell’audience, che hanno un impatto sugli introiti pubblicitari dei media, in particolare online.
    • Protezione dei contenuti mediatici online: sulla base della legge sui servizi digitali, la legge per la libertà dei media prevede garanzie contro la rimozione ingiustificata di contenuti mediatici prodotti secondo gli standard professionali. Nei casi che non comportano rischi sistemici come la disinformazione, le piattaforme online di dimensioni molto grandi che intendono rimuovere determinati contenuti mediatici leciti considerati contrari alle politiche della piattaforma dovranno comunicare i motivi della prevista rimozione ai fornitori di servizi di media prima che la stessa abbia effetto. Eventuali reclami presentati dai fornitori di servizi di media dovranno essere trattati da tali piattaforme in via prioritaria.
    • Nuovo diritto dell’utente di personalizzazione dell’offerta mediatica: la legge per la libertà dei media introdurrà il diritto di personalizzare l’offerta mediatica su dispositivi e interfacce, come le TV connesse, consentendo agli utenti di modificare le impostazioni predefinite in modo che queste riflettano le loro preferenze.

    La proposta è accompagnata da una raccomandazione che stabilisce una serie di migliori pratiche volontarie raccolte dal settore e volte a promuovere l’indipendenza editoriale e una maggiore trasparenza della proprietà. La raccomandazione fornisce un pacchetto di strumenti comprendente misure volontarie che le imprese del settore dei media possono prendere in considerazione, quali ad esempio condizioni favorevoli per la produzione indipendente di contenuti editoriali, soluzioni per consentire ai giornalisti di partecipare alle decisioni cruciali per il funzionamento degli organi di informazione o strategie volte a garantire la stabilità a lungo termine della produzione di contenuti informativi.

    La Commissione propone di istituire un comitato europeo per i servizi dei media indipendente, costituito dalle autorità nazionali di regolamentazione dei media. Il comitato promuoverà l’applicazione efficace e coerente del quadro normativo unionale sui media, in particolare assistendo la Commissione nella preparazione di orientamenti sulle questioni di regolamentazione dei media. Sarà inoltre in grado di formulare pareri in merito alle misure e alle decisioni nazionali riguardanti i mercati dei media e le concentrazioni del mercato dei media.

    Il comitato coordinerà inoltre le misure normative nazionali relative ai media di paesi terzi che presentano un rischio per la sicurezza pubblica per garantire che tali media non eludano le norme applicabili nell’UE. Il comitato organizzerà anche un dialogo strutturato tra le piattaforme online di dimensioni molto grandi e il settore dei media per promuovere l’accesso a diverse offerte mediatiche e monitorare il rispetto da parte delle piattaforme delle iniziative di autoregolamentazione, come il codice di buone pratiche dell’UE sulla disinformazione.

    Spetta ora al Parlamento europeo e agli Stati membri discutere la proposta di regolamento della Commissione secondo la procedura legislativa ordinaria. Una volta adottato, il regolamento sarà direttamente applicabile in tutta l’Unione europea. La Commissione incoraggerà le discussioni, in particolare nell’ambito del Forum europeo dei mezzi di informazione, sulle pratiche volontarie delle imprese del settore dei media connesse alla raccomandazione che accompagna la proposta.

    Fonte: Commissione europea

  • La Commissione approva un regime italiano da 60 milioni di euro a sostegno della distribuzione di giornali

    Nel quadro delle norme dell’UE sugli aiuti di Stato, la Commissione europea ha approvato un regime italiano da 60 milioni di euro a sostegno della distribuzione di giornali. Il regime mira a garantire la disponibilità di quotidiani e periodici in Italia, in particolare nei piccoli comuni in cui la distribuzione della stampa è per gli editori più onerosa, costosa e dispendiosa in termini di tempo.

    Il regime prevede che gli editori di quotidiani e periodici abbiano diritto a un credito d’imposta che copra fino al 30% dei costi di distribuzione sostenuti nel 2020. Il regime sarà applicato unicamente per l’esercizio finanziario 2021.

    La Commissione ha ritenuto che la misura fosse necessaria e appropriata per conseguire gli obiettivi perseguiti, vale a dire lo sviluppo del settore dei mezzi di informazione, un ampio accesso a quotidiani e periodici e la promozione del pluralismo dei media.

    La Commissione ha concluso che la misura è proporzionata, ossia limitata al minimo necessario, e avrà un impatto limitato sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri.

    Fonte; Commissione europea

  • In attesa di Giustizia: silenzio stampa

    Il Consiglio dei Ministri nei giorni scorsi ha approvato il decreto legislativo che recepisce la Direttiva Europea sulla presunzione di innocenza che, tra le altre cose, impone notevoli restrizioni alle modalità di comunicazione delle autorità giudiziarie con lo scopo di impedire la formazione nell’opinione pubblica di pregiudizi nei confronti di chi sia sottoposto ad un processo senza che vi sia ancora stata una sentenza.  La notizia ha avuto un’eco modesta, sebbene faccia con un’altra – altrettanto recente – che conferma la bontà del provvedimento normativo: il proscioglimento di numerosi giornalisti querelati per diffamazione avendo osato commentare in termini negativi un singolare accadimento del 2015.

    Qualcuno ricorderà la vicenda legata al video del furgone del muratore accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio che risultò essere una ricostruzione confezionata dai Carabinieri concordata con la Procura e realizzata per “esigenze di comunicazione”, come ammesso dal Comandante del Raggruppamento di Parma, Giampiero Lago, nel corso dell’interrogatorio da parte dei difensori di Massimo Bossetti.

    In due parole, un falso marchiano che – soprattutto sui giudici popolari, poteva avere influenza; e questa vicenda ha anche almeno un’altra sorta di “parente lontano” in quella del bazooka piazzato nel 2010 davanti alla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria per minacciare l’allora Capo dell’Ufficio, Giuseppe Pignatone. Ai giornalisti, in conferenza stampa, ne fu mostrato uno salvo poi ammettere che non era quello effettivamente trovato (che nessuno ha pubblicamente mai visto).

    In due parole: la nuova legge proibisce i processi mediatici, poiché creati con prove non vagliate da nessuno e di origine incerta se non decisamente opaca ed attraverso i quali si tende a prefigurare l’esito di un processo vero e proprio. Parliamo di un’informazione giudiziaria ridotta ad acritico cagnolino da riporto di chi, per dirla con Leonardo Sciascia, amorevolmente accompagna le notizie fin sulla porta del proprio ufficio facendovi meritare bassissima considerazione.

    Considerazione che in certi casi, se possibile,  è ancor più bassa: sul giornale di Travaglio – tanto per fare un esempio che non stupirà – è di recente stato pubblicato, movimento per movimento, l’estratto conto di Matteo Renzi tratto da una informativa della Guardia di Finanza…per il primo che commenta che è giusto così e che Renzi se lo merita “perché va in Arabia” è in palio un cartonato a grandezza naturale dell’indimenticabile Ministro Danilo Toninelli e per i primi dieci che farfuglieranno qualcosa dell’affossamento del d.d.l. Zan il cartonato sarà pure autografato.

    Poco spazio, invece ha avuto la notizia che un creativo P.M. lodigiano aveva trovato il tempo di indagare Mattia Maestri – meglio noto come Paziente Uno – per epidemia colposa, anche se non era certamente il primo contagiato dal Covid 19, anche se non aveva violato nessun protocollo di prevenzione ma era stato dimesso dal pronto soccorso e rimandato a casa prima di un definitivo ricovero. Anche se del Coronavirus fino al 21 febbraio 2020 nessuno al di fuori di Palazzo Chigi sapeva niente sebbene – anche questo nel silenzio stampa – già da fine gennaio fosse stato proclamato lo stato di emergenza; così come nulla più si sa della inchiesta della Procura di Bergamo che lambiva molto da vicino Giuseppe Conte & C. per identiche possibili, e forse più sostenibili, imputazioni.

    Informazione troppo spesso ad corrente alternata a seconda di chi indaghi, e chi sia indagato e perché.

    Per Maestri, all’incubo del contagio e della sottoposizione a terapie totalmente sperimentali (fortunatamente andate a buon fine) si è aggiunto, sino alla recente archiviazione, il tormento di essere inquisito da qualcuno che ha ritenuto negligenza penalmente rilevante tornare a casa perché così deciso dai sanitari a fronte di sintomi di una malattia sconosciuta ma equivocabili con quelli di altre patologie note. Fantasia al potere (giudiziario), e così è se vi pare.

  • EMME22: raccontare all’antica ma con animo nuovo

    “Il nero è l’inizio di tutto, il grado zero, il profilo, il contenitore e il contenuto. Senza le sue ombre, il suo rilievo e il suo sostegno avrei l’impressione che gli altri colori non esistano”. La citazione è di Christian Lacroix, il nero al quale si fa riferimento, in questo caso, è l’elegante sfondo, il fil rouge che lega gli elementi della rivista telematica EMME22 della giornalista Clementina Speranza, nata da pochi giorni ma che promette, con classe, di raccontare il bello, l’eleganza, l’arte, la cultura che animano Milano, e non solo. Una bella sfida dopo il lungo periodo di lockdown e in tempi di grandi incertezze, ma, come si suol dire in certi casi, le migliori idee nascono proprio quando tutto sembra più difficile. Ci siamo incuriositi e abbiamo deciso di saperne di più dalla fondatrice di questa rivista glamour e scoppiettante al tempo stesso.

    Perché EMME22?

    Emme sta per Moda, Milano, Magazine. La rivista nasce a Milano ma tratta articoli a carattere nazionale e non solo. Con 22 si fa riferimento a Lettera 22, la macchina da scrivere dell’Olivetti, simbolo del giornalismo.

    E anche alla macchina da scrivere con la quale da bambina ho iniziato a battere le prime lettere che dedicavo a mio nonno.  Un’Olivetti Lettera 22 era custodita nel suo studio, rimasto, dopo la sua morte, così come lui l’aveva lasciato. Nonno era docente universitario e con quella macchina aveva scritto le sue pubblicazioni. A me piaceva l’idea di toccare i tasti che aveva sfiorato lui, purtroppo non l’ho conosciuto, è morto prima che io nascessi. Oggi la conservo gelosamente sulla mia scrivania.

    Da cosa nasce l’idea di una rivista on line?

    Già nel 2004 curavo una rubrica online, e oggi mi rendo conto che l’online costituisce il futuro. Resto comunque innamorata della carta stampata e mi piacerebbe proporre anche la versione cartacea. Nell’impostare EMME22 ho sempre tenuto in mente il formato tradizionale delle riviste: copertina, indice e notizie accompagnate da immagini.

    Emme22 ha una copertina come le riviste classiche, ma consente al lettore di cliccare e introdursi immediatamente nella sezione che più gli interessa.

    Quali sono state le difficoltà che hai incontrato nella realizzazione del tuo progetto?

    Avevo un’idea molto chiara sull’immagine grafica, ma non è stato facile trovare chi la realizzasse. Poi il problema è stato, ed è tutt’ora, trovare chi scrive con passione, chi non fa solo copia-incolla di comunicati stampa, chi davvero legge tutto un libro prima di recensirlo, chi ha voglia di intervistare e sbobinare, chi ancora svolge questo lavoro “all’antica” e con animo nuovo.

    Cosa offre di diverso EMME22 rispetto alle tante pubblicazioni che negli ultimi tempi sono nate anche grazie ai canali social?

    L’eterogeneità delle sezioni. Gli approfondimenti giornalistici tramite interviste e video interviste. Poi ci saranno anche le riprese durante sfilate di moda, presentazioni di nuovi prodotti e brand. Eventi in generale. E questo grazie anche alla collaborazione di bravi fotografi e video maker.

    Siamo sempre alla ricerca di aziende e di realtà interessanti da raccontare. Per eventuali proposte invitiamo a scrivere a: info@emme22.it

    Qual è il tuo pubblico di riferimento?

    Dal primo giorno del mio lavoro al Corriere della Sera mi hanno insegnato a utilizzare un linguaggio semplice per arrivare a tutti.  Propongo per questo anche una varietà di sezioni: Moda, Arte&Design, Salute-Wellness-Beauty, Libri, Food&beverage, No Profit, Sport, Viaggi. Più una per brevi interviste Video.

    Con i video che gireranno sui social desidero catturare l’attenzione e portare alla rivista quanti più lettori sia possibile.

    Arrivi dalla tv, dove hai raccontato storie imprenditoriali di successo, e dal mondo dell’economia. Quanto ha ereditato la rivista dalle tue esperienze passate e in cosa differisce da esse?

    In EMME 22 c’è tutta la mia esperienza. I miei studi passati nell’ambito dell’arte e nella moda, poi la mia conduzione di programmi televisivi e la collaborazione con il Corriere Economia. Ho insegnato giornalismo per 5 anni, a Milano, a contatto con i giovani ho capito cosa più li attrae, e con loro ho esplorato il mondo dei blogger.

    EMME22 vuole essere il punto di incontro di tante esperienze. E poi, sono sempre aperta a nuove idee.

    Quanto c’è della tua Sicilia nel racconto della Milano di EMME22?

    La Sicilia c’è sempre. Anche al Corriere proponevo aziende siciliane. Si fa più fatica a scrivere di loro perché spesso non sono supportate dagli uffici stampa e molti imprenditori non sono abituati alle interviste. Ma in Sicilia ci sono bellissime realtà imprenditoriali e mi piace scovarle e farle conoscere. Nella sezione “Video”, per esempio, tra le sfilate milanesi c’è l’intervista a Pucci Scafidi, il fotografo palermitano che in occasione dei 30 anni di carriera ha presentato, a Milano, l’ultimo suo libro Fimmina. 21 volti di donne siciliane, tra cui l’attrice Maria Grazia Cucinotta, la chef stellata Patrizia di Benedetto, la Presidentessa nazionale di terziario donna di Confcommercio Patrizia di Dio, la scrittrice Stefania Auci. Nella sezione “Food6&Beverage”, a fianco di brand che raccontano di champagne, franciacorta e Brunello, ci sono le storie di alcune cantine siciliane. Attualmente quella di Musita, a Salemi: un’azienda attenta all’ambiente e all’ecosostenibilità, che nel 2015 riceve il premio per il “Miglior Spumante della Sicilia”.

    C’è la storia di Teo Musso e la nascita di Baladin, la birra artigianale che fino a quel momento non esisteva in Italia. A raccontarla Paolo Di Caro, Presidente di Fondazione Italiana Sommelier Sicilia.

    Cosa ti aspetti da questa avventura?

    EMME22 è una mia creatura. Muove adesso i suoi primi passi, mi auguro che cresca, si sviluppi e incontri il favore del pubblico.

  • Nel 2019 hanno chiuso due edicole al giorno

    La crisi della carta stampata affonda la rete di vendita. Ogni giorno dell’anno scorso sono scomparse due tra edicole e altre attività di vendita di quotidiani e riviste, per un totale complessivo di 781 perdute durante l’anno, con una variazione negativa del 5,2%. Un dato che aggrava ancora di più il bilancio dell’ultimo decennio: tra il 2011 ed il 2019, infatti, la rete della rivendita di quotidiani e riviste ha perso 4.102 attività, circa un quarto, il 22%, del totale delle imprese, passando da 18.447 a 14.345. E’ la stima fornita da Fenagi, l’associazione di giornalai ed edicolanti Confesercenti, in uno studio diffuso dall’Adnkronos.

    Il dato allarmante include tutti i negozi e pubblici esercizi che aggiungono all’attività prevalente la vendita dei giornali. Le edicole vere e proprie, cioè i tradizionali chioschi specializzati solo nella vendita di giornali e periodici e non riconvertiti ad altri prodotti o attività, sono ormai solo circa 5 mila in tutta Italia.

    Le difficoltà delle imprese sono legate a doppio filo al calo repentino delle vendite dei prodotti editoriali. Un fronte su cui il 2019 è un anno da dimenticare: i ricavi dalla vendita di quotidiani e periodici dovrebbero infatti essersi assestati a poco più di 1,9 miliardi, il 10% in meno rispetto al 2018 ed è il dato peggiore degli ultimi 5 anni, come stima Fenagi sulla base delle elaborazioni condotte sui dati resi pubblici dagli Uffici studi delle associazioni della filiera della carta.

    In particolare, i giornalai stimano che i ricavi da quotidiani si siano fermati a 855 milioni di euro, il 7,5% in meno sull’anno passato. Per le riviste e le altre pubblicazioni periodiche, invece, si prevedono vendite per 1.076 milioni di euro, con un calo vicino al 12%. Una riduzione marcata, con conseguenze su tutta la filiera dell’informazione, dalle redazioni alla rete di vendita, ormai in una situazione di crisi strutturale. I conti economici parlano chiaro: rispetto al 2013, il reddito medio delle imprese del commercio al dettaglio di giornali, riviste e periodici è sceso di circa un terzo, e ormai 6 edicole su 10 realizzano utili, ante imposte, di 10mila euro l’anno o ancora meno.

  • Giornali sempre più in crisi, mentre la tv va bene. L’online è il canale prediletto per fare pubblicità

    Il settore dei media, nel quinquennio 2013–2017, ha visto il comparto televisivo aumentare i ricavi delle principali imprese di oltre 300 milioni di euro e il settore editoria contrarsi complessivamente di oltre 900 milioni (-17,7%), secondo quanto rilevato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nel focus bilanci 2013–2017. L’Osservatorio Fcp-Assointernet (Fcp-Federazione Concessionarie Pubblicità rileva invece, a novembre, che la pubblicità online è cresciuta dell’8,7% rispetto allo stesso mese del 2017. «Il fatturato pubblicitario monitorato dall’Osservatorio FCP-Assointernet relativo al mese di novembre registra un sensibile incremento rispetto all’anno precedente con un +8,7%, risultato rilevante trattandosi del mese col fatturato maggiore dell’anno con 52,8 milioni di euro. Il dato progressivo si porta a circa 424 milioni, con un +5,0% e 20 milioni in più rispetto al 2017. Anche la componente Smartphone nel mese mette a segno il miglior risultato del 2018, portando il fatturato progressivo a circa 107 milioni, con un +32,4% di crescita percentuale» ha sottolineato il presidente di Fcp-Assointernet, Giorgio Galantis.

    Nel dettaglio dell’analisi dell’Agcom, invece, l’aumento dei ricavi delle tv è riconducibile sia all’aumento degli introiti derivanti dai servizi televisivi a pagamento (+107 milioni dal 2013 al 2017), sia a quello degli introiti pubblicitari (150 milioni circa). Per il comparto dell’editoria, la quota di ricavi ottenuti in Italia è pari a circa 3,6 miliardi di euro nel 2017, in riduzione del 17,6% (-760 milioni): la flessione non si è arrestata nemmeno lo scorso anno e, su base annua, è stata pari a circa il 6,5%, sia a livello complessivo sia domestico. Gli effetti della crisi dell’editoria cartacea sull’occupazione sono stati considerevoli: tra il 2013 e il 2017 le imprese hanno ridotto gli organici del 16%, pari a 2.500 unità: il numero di addetti nel 2017 è pari a 13.200 unità rispetto alle 15.700 del 2013; su base annua la flessione nel 2017 è stata del 4,4%, con una perdita di circa 600 addetti. Positivo infine l’andamento del settore operatori di rete e gestori di infrastrutture di radiodiffusione: i cui ricavi si sono attestati a poco meno di 1,4 miliardi. Il risultato d’esercizio medio del settore mostra il livello più elevato tra tutti quelli osservabili nei mercati analizzati (16,1% nel periodo), passando tra il 2015 e il 2017 da 150 a oltre 300 milioni di utile netto.

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