Malasanità

  • In attesa di Giustizia: sanità malsana

    Ci risiamo: un’ennesima indagine della Procura della Repubblica di Milano disvela il supposto malaffare che alligna nel sistema sanitario lombardo: considerato a buon diritto un’eccellenza a livello nazionale ma non estraneo a quei fenomeni criminali che facilmente allignano e prosperano là dove vi sono consistenti volumi di denaro pubblico in distribuzione.

    Non è la prima volta, come si è anticipato, la storia rassegna numerosi precedenti da quello del Centro di Medicina Nucleare che coinvolse circa quattrocento medici di base accusati di prescrivere, dietro – peraltro –  modeste prebende economiche, accertamenti diagnostici strumentali inutili per garantire ad un istituto convenzionato di avvantaggiarsi con un giro di affari diversamente ingiustificato a danno della ASL competente che ne rimborsava il costo, alla più recente vicenda giudiziaria della “Santa Rita”, nota anche come clinica degli orrori. Da ultimo e a tacer d’altro, vi è stata l’inchiesta che ha attinto un noto primario ortopedico, poche settimane addietro rinviato a giudizio per lesioni colpose e corruzione: proprio dalle investigazioni svolte nei confronti di costui è scaturito il filone d’indagine che ha portato all’arresto di altri medici del Gaetano Pini e del Galeazzi, che sono considerati centri ortopedici di prima grandezza.

    Avrete notato che su queste colonne non sono stati fatti nomi, neppure con riferimento a fatti che hanno visto ormai concludersi definitivamente l’iter giudiziario: ne spiegherò il perché costituente la ragione di fondo dell’articolo di questa settimana, fatta la premessa maggiore che è giusto vi sia un controllo sociale sulla gestione di un settore pubblico sensibile come la sanità e sulla amministrazione della giustizia. L’informazione deve, dunque esserci, ma alcuni limiti perimetrali appaiono opportuni.

    Cominciamo dal passato più o meno remoto, sempre con riferimento alle vicende ricordate: coloro che sono stati coinvolti a diverso titolo sono morti, stanno scontando lunghe pene detentive, qualcuno deve essere ancora giudicato, altri sono risultati estranei ai fatti. Tutti costoro, se già processati hanno – se non altro – il diritto all’oblio, quantomeno per evitare che da giudizi e pregiudizi ricadano immaginabili effetti negativi su incolpevoli famigliari e/o collaboratori.

    Chi, invece, non è ancora attinto da una sentenza di condanna ha la giusta pretesa di far valere la propria presunzione di non colpevolezza e, soprattutto, di non essere giudicato al di fuori di un Tribunale sulla scorta di una conoscenza frammentaria ed atecnica degli atti.

    A maggior ragione, una significativa riservatezza dovrebbe essere assicurata a chi risulta “solamente” raggiunto da un provvedimento di cattura ed è, quindi, ben lontano non solo da una affermazione di colpevolezza ma anche solo da un rinvio a giudizio.

    Proviamo a immaginare l’impatto che “il mostro sbattuto in prima pagina” ha sull’esistenza di figli incolpevoli che devono andare a scuola il giorno dopo, di coniugi che dovranno affrontare i colleghi di lavoro, i conoscenti, i vicini di casa: non è sicuramente ciò che la giustizia e chi la amministra vuole ma la fuga di notizie sembra essere un aspetto ineliminabile e quanto appena accaduto con riguardo a primari e imprenditori arrestati, con atti processuali e intercettazioni telefoniche disponibili nelle redazioni di giornali e telegiornali prima ancora che in cancelleria è paradigmatico.

    La Sanità è malata? Il rimedio sta altrove, non certo nello spettacolarizzare di arresti e vicende umane nelle quali anche il colpevole, o presunto tale, nel suo malessere esprime una tragicità che meriterebbe – se non rispetto – almeno un minimo di riserbo.

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