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  • La Svezia multa con 7 milioni di euro Google per violazione del “diritto all’oblio”

    L’autorità svedese per la protezione dei dati (DPA) ha deciso di imporre un’ammenda di 75 milioni di corone svedesi (7 milioni di euro) a Google per non aver rispettato il diritto all’oblio come previsto dal regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR).

    La normativa europea del 2014 sul “diritto all’oblio” è stata progettata per aiutare le persone a eliminare determinate pagine Web che contengono informazioni potenzialmente “dannose”. Da quando è entrato in vigore, Google ha ricevuto milioni di richieste simili, ma meno della metà è stata soddisfatta.

    Dopo un audit del 2017, che mirava a valutare la gestione da parte di Google dei diritti delle persone a rimuovere le schede dei risultati di ricerca che includevano il loro nome, il DPA ha concluso che un certo numero di schede dei risultati di ricerca deve essere rimosso e ha ordinato a Google di farlo.

    L’audit di follow-up di DPA nel 2018 ha rilevato che Google non aveva rispettato gli ordini di rimozione degli elenchi di ricerca e ha dichiarato perciò che avrebbe emesso una multa nei confronti dell’azienda.

    Un portavoce ha riferito ai media che Google non è d’accordo con la decisione e ha pianificato di presentare ricorso. Il colosso americano del web adesso ha tre settimane di tempo per farlo, prima che la decisione entri in vigore.

  • L’antitrust multa Wind, 3 e Vodafone

    L’Antitrust ha irrogato multe per oltre 10 milioni di euro a Wind 3 (4,3 milioni la multa a suo carico) e Vodafone (6 milioni) per violazioni del Codice di Consumo. E’ L’Autorità, si legge in una nota che ha emanato, «ha rilevato, nello specifico, che Wind, Tre e Vodafone, violando l’art. 22 del Codice del Consumo, da giugno 2018 non hanno fornito informazioni chiare e immediate nella promozione di offerte ‘personalizzate’ di winback per i servizi di telefonia mobile rivolte ad ex clienti, contattati prevalentemente tramite sms, limitandosi ad indicare le sole condizioni del piano tariffario proposto in termini di prezzo e traffico incluso ed omettendo nel messaggio, viceversa, di dar conto di ulteriori costi o di vincoli di fruizione delle offerte». La condotta dei due operatori telefonici è stata ritenuta «idonea ad indurre in errore il consumatore medio in ordine al contenuto della proposta e a fargli assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso».

    L’Autorità ha inoltre accertato che, in violazione dell’art. 65 del Codice del Consumo, «nella fase di adesione dei consumatori a tutte le offerte di telefonia mobile, Wind, Tre e Vodafone hanno pre-attivato diversi servizi e/o opzioni aggiuntivi rispetto all’offerta principale, con aggravio di costi, senza il preventivo ed espresso consenso del consumatore».

    “Vodafone ritiene di aver implementato misure di trasparenza complete ed adeguate, che sono anche state proposte come impegni che l’Autorità non ha voluto accettare, e confida di poter dimostrare la correttezza del proprio operato nelle sedi opportune»,  ha commentato Vodafone. La compagnia, si legge in una sua nota, «ha posto in essere molteplici iniziative volte a rendere più consapevole il consumatore di tutte le componenti dell’offerta e dei relativi costi, sin dal primo sms ricevuto, oltre che al momento della sottoscrizione del contratto in negozio. In particolare, gli sms inviati ai clienti destinatari di offerte personalizzate contengono un link attraverso cui il cliente accede direttamente ai dettagli di tutte le componenti dell’offerta e dei costi».

  • La Ue medita multe per Facebook

    Le 28 autorità di protezione dati dell’Ue, riunitesi nel cosiddetto ‘Working party 29′, potrebbero chiedere i danni a Facebook per il datagate Cambridge Analytica, in applicazione del nuovo regolamento, che entrerà in vigore il 25 maggio, e che prevede un’ammenda fino ad un massimo del 4% del fatturato della compagnia. La sanzione, hanno fatto sapere fonti europee, si potrebbe applicare se si riterrà che la violazione sia ancora in corso.

    «E’ un messaggio forte e un messaggio chiave: la protezione dei dati personali è un valore non negoziabile» per l’Ue, motivo per cui il 25 maggio entrerà in vigore il nuovo regolamento sulla privacy, «pezzo portante» della strategia europea digitale, ha affermato la commissaria Ue Mariya Gabriel. «Senza la fiducia dei cittadini non potremo mai arrivare a risultati positivi nella rivoluzione digitale», ha ammonito la commissaria, spiegando che tutte le nuove iniziative a cui sta lavorando la Commissione, dalla e-health alla tecnologia blockchain, si basano sui principi di «trasparenza, responsabilità e tutela della privacy». Allo stesso tempo, ha sottolineato Gabriel, «non vediamo una contraddizione» tra l’approccio Ue («unico al mondo basato sui valori» e sulla privacy) con «la capacità per le piattaforme di essere motori di crescita, innovazione e creazione di occupazione», perché quest’ultima, ha concluso, deve essere sviluppata con «responsabilità».

    L’affaire Facebook-Cambridge Analytica sarà materia di analisi anche alla riunione Ue delle commissioni elettorali Ue, il 25 aprile, che prenderà in considerazione un eventuale impatto sulle consultazioni, anche in vista di quelle europee del 2019. Gli altri fronti su cui ci si sta coordinando tra i 28, è quello dei consumatori, che hanno già un conto aperto con Twitter, Facebook e Google da oltre un anno, per il mancato rispetto di alcune regole. Anche in questo caso potrebbero ‘piovere’ multe per il colosso social.

    E’ stato programmato anche un incontro per ottenere impegni chiari verso i consumatori con organizzazioni come Altroconsumo, Euroconsumers, Test-Achats, Ocu, DecoProteste e Proteste Brasil a Bruxelles. E anche il comitato sulle Fake News, istituito dalla Commissione europea, che pubblicherà la sua prima comunicazione il 25 aprile, potrebbe studiare aspetti della vicenda.

    La commissaria europea alla Giustizia Vera Jurova ha concordato una telefonata col direttore operativo del social, Sheryl Sandberg. Fonti europee spiegano che la risposta arrivata da Facebook non è stata «troppo convincente» e Bruxelles intende approfondire ulteriormente la questione. Nel documento il gigante del web aveva ammesso che i cittadini colpiti dal datagate in Ue sono 2,7 milioni.

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