Sicilia

  • Torna alla luce antica strada lastricata di Segesta

    Torna alla luce l’antica strada lastricata che tagliava Segesta. Nel corso del cantiere di scavo, condotto dall’Università di Ginevra all’interno del Parco archeologico regionale, sono stati scoperti diversi lastroni dell’antica strada che fu utilizzata fino al periodo medievale. Ne ha dato notizia l’assessorato regionale dei Beni culturali e dell’identità siciliana.

    Si tratta di un ritrovamento eccezionale che permetterà di riscrivere l’ampiezza dell’abitato di età ellenistica, ma già nell’orbita romana, in attività sino all’epoca medievale, come denunciano importanti frammenti di ceramica. Ma gli archeologi sperano in altro: si intuisce che la strada prosegua ben oltre e potrebbe condurre ad un’agorà. Sul posto stanno lavorando, a supporto di tecnici ed esperti, anche i giovani richiedenti asilo del centro Casa Belvedere di Marsala, che ha stretto un accordo di archeologia solidale con il Parco di Segesta e l’Università di Ginevra.

    Siamo nell’area della cosiddetta Casa del Navarca, nell’Acropoli sud dell’insediamento, in un sito dove si svolsero delle prime indagini nel 1992, ma lo scavo venne ricoperto. Nel 2021 si è ripreso a lavorare ed è venuta alla luce un’importante pavimentazione unica nel suo genere, una sorta di antico gioco illusorio a tessere romboidali a tre colori, “sectilia” marmorei (bianco, celeste e verde scuro) che raffigurano una sequenza concatenata di cubi dall’effetto tridimensionale. Una visione che ricorda moltissimo i Mondi impossibili creati a fine ‘800 da Escher. Ma anche due mensole in pietra a forma di prua e una scritta di benvenuto: sono stati questi ritrovamenti a far finora ipotizzare agli archeologi che questa fosse l’abitazione del navarca Eraclio, ricchissimo armatore citato da Cicerone nelle Verrine. La casa doveva essere una sorta di sito di avvistamento – come dimostra una torre medievale – visto che da quassù lo sguardo arriva fino all’odierna Castellammare. Ma è un’ipotesi di cui gli archeologi, la direttrice dello scavo Alessia Mistretta ed Emanuele Canzonieri, non sono convinti.

    La direzione del parco archeologico di Segesta segue da vicino i lavori che stanno consentendo di rivelare ciò che si aspettava da tempo, permettendo di cominciare a scoprire l’antica città di Segesta. Nei decenni gli archeologi hanno scoperto i simboli più importanti, ma poco si sa della città che si è capito essere stata elegante, raffinata, con decorazioni, mosaici, affreschi, sculture. L’intento, adesso, è finalmente scoprire in quale direzione Segesta aveva i suoi assi viari. Dal 25 aprile sono possibili, con il supporto del concessionario dei servizi aggiuntivi, CoopCulture, anche visite guidate a cantiere aperto.

  • Ma, chi era veramente William Shakespeare?

    Sulla sua vera identità sono state elaborate, sin dal XVIII secolo, decine di ipotesi che contrastano con la sua biografia ufficiale. Del resto, l’assenza di documenti storici attendibili sul periodo che va dalla sua nascita fino alla sua comparsa sulla scena letteraria inglese – periodo che gli stessi studiosi che più difendono la versione ufficiale definiscono come “the lost years” (gli anni perduti) – ha fatto sì che per due secoli ci fosse spazio per interrogarsi su questo tanto noto quanto apprezzato drammaturgo. Tra tutte le ipotesi quella più interessante, perché è la più documentata, è certamente quella che attribuisce al Bardo la nazionalità italiana e che afferma che Wìlliam Shakespeare non è altro che lo pseudonimo utilizzato da Michelangelo (o Michele Agnolo) Florio, un dotto messinese trasferitosi in Inghilterra. Analizziamo alcune delle argomentazioni più interessanti elaborate per supportare questa ipotesi.

    LE DATE PIU’ IMPORTANTI

    La biografia ufficiale riporta che William Shakespeare nasce il 23 aprile del 1564 a Stratford-upon-Avon e muore a Londra il 23 aprile 1616. Michelangelo Florio, come riportano i documenti storici trovati negli archivi, nasce il 23 aprile del 1564 a Messina e muore a Londra il 23 aprile 1616 (e già dalle date, identiche, possiamo già affermare che effettivamente possono nascere i primi sospetti).

    Del primo si ipotizza che fosse figlio di un guantaio (John Shakespeare) e di una ragazza (Mary Arden) figlia di agricoltori mentre di Michelangelo Florio sappiamo con certezza che era figlio di un erudito medico e pastore calvinista (Giovanni Florio) e di una donna (Guglielma Crollalanza) descendente di una nobile e ricca famiglia messinese.

    STORIA (DOCUMENTATA) E POSSIBILE FONTE DI ISPIRAZIONE LETTERARIA

    Quando Michelangelo è poco più che un ragazzo, il padre Giovanni, viene messo all’indice dall’Inquisizione e condannato a morte per aver aderito alla riforma protestante. La famiglia Florio fugge allora da Messina e riesce a trovare rifugio nella più tollerante Treviso. Qui il padre compra una casa del ‘300 (nota come Ca’ Otello) dove aveva vissuto un condottiero veneziano di nome Otello il quale avrebbe ucciso per gelosia la moglie risultata poi innocente (questa storia vi ricorda qualcosa?).

    Terminati gli studi classici (in latino, greco e storia), Michelangelo, per sfuggire alla persecuzione dei calvinisti, si rifugia in diverse città, come Milano, Padova, Verona, Faenza, e Venezia facendo un breve ritorno a Messina da dove si imbarca per Atene. Qui, per un breve periodo, insegna storia greco-romana. Dalla Grecia inizia un viaggio che lo porterà in Danimarca, in Austria, in Francia ed in Spagna, prima di fare ritorno in Italia (vi ricordano qualcosa tutte queste località?).

    A seguito di una informazione rivelatasi poi errata, relativa ad una attenuata persecuzione contro i non cattolici, Michelangelo ritorna a Treviso dove si innamora di una ragazza (Giulietta) che ricambia la relazione. A causa dell’accanimento delle autorità verso la nobile ma calvinista famiglia Florio, il Governatore spagnolo di Milano fa rapire Giulietta che, in preda alla disperazione, si suicida gettandosi dalle mura del Castello Sforzesco. La colpa della sua morte viene fatta ricadere su Michelangelo che è costretto a fuggire. (vi ricorda qualcosa questa vicenda?).

    Per nascondersi Michelangelo va a Venezia dove incontra il suo mentore, il filosofo e frate domenicano Giordano Bruno il quale, grazie alle sue conoscenze, riesce a fargli raggiungere il Giovanni (John) Florio a Londra. Giovanni, figlio dello zio di nome Michelangelo (è fratello di suo padre) e pare di una nobile donna inglese. Nonostante l’Inquisizione avesse poco potere in Inghilterra, Michelangelo decide di cambiare il suo nome e il suo cognome e di sostituirli con quelli della madre Guglielma Crollalanza traducendoli letteralmente in inglese. Per cui Guglielma diventa William e Crollalanza diventa Shake (Scrolla) e Speare (Lanza). (questo sì che è un vero colpo di scena!)

    E ANCORA…

    Oltre ai molti interessanti indizi già forniti per ritrovare nelle opere di William Shakespeare molti riferimenti della vita di Michelangelo Florio, ne seguono alcuni anch’essi interessanti che, per brevità del testo, sono stati selezionati dal sottoscritto tra molti altri.

    Nella tragedia “Amleto”, pubblicata in Inghilterra nel 1602, sono contenute molte citazioni presenti nell’opera pubblicata da Michelangelo Florio in Italia nel 1583 intitolata “I secondi frutti” e sottotitolata “I proverbi”.

    La commedia “Tanto rumore per nulla” (Much Ado About Nothing) nella quale tutta la trama si svolge a Messina, è identica alla commedia dialettale scritta da Michelangelo Florio diversi anni prima e che si intitolava “Tantu trafficu ppi nenti”.

    Nelle opere “Enrico IV”, “Giulio Cesare” e “Antonio e Cleopatra” si citano più volte l’Italia e la Sicilia e ne “Il racconto d’inverno” anche Messina.

    Delle 37 opere di Shakespeare ben 15 sono ambientate in Italia. Altre in diversi Paesi Europei e solo 5 in Inghilterra.

    In nessuna delle sue opere Shakespeare cita o far riferimento alla sua città natale Stratford-upon-Avon, che dista pochi chilometri da Londra.

    Nelle sue opere utilizza spesso parole latine, greche e anche italiane, senza tradurle (come “mizzica” nella commedia “Tanto rumore per nulla” – termine tipicamente messinese) così come utilizza spesso nomi propri italiani.

    Nel suo testamento Michelangelo Florio lascia la sua biblioteca (che, si presume, verosimilmente, potesse contenere i suoi manoscritti) al suo grande protettore, William Herbert, conte di Pembroke. Patrimonio ancora esistente ma che (stranamente) a nessuno storico è stato mai concesso consultare.

    CONCLUSIONI

    Negli anni ’60 il noto scrittore e onesto intellettuale Antony Burgess, a conclusione di un suo articolo dedicato a Shakespeare, scriveva: “è certamente arrivato il tempo che l’Italia ricordi questo suo esule figlio”.

    Sull’argomento ci sono decine di libri di altrettanti emeriti studiosi (e tra quelli italiani è certamente degno di nota lo scrittore ispicese Martino Iuvara, grande studioso e primo sostenitore della Sicilianità-messinesità di Shakespeare) i quali tutti convergono sull’appassionante ipotesi che il Bardo fosse di nazionalità italiana.

    Del resto gli indizi e le, chiamiamole coincidenze, che confermano questa tesi sono davvero tanti al punto che l’8 agosto del 2011, quasi a voler dipanare ogni dubbio, il Consiglio Comunale di Messina ha deliberato di concedere la cittadinanza onoraria post mortem a William Shakespeare e di iscrivere il Suo nome nell’Albo degli uomini illustri di Messina.

    «Essere, o non essere, questo è il dilemma»

    Dall’Amleto, Atto 3, scena 1 di William Shakespeare alias Michelangelo Florio

  • Oltre 101 milioni di euro per l’ammodernamento dell’asse ferroviario Palermo-Catania-Messina

    La Commissione ha approvato un investimento di oltre 101 milioni di euro a titolo del Fondo europeo di sviluppo regionale per l’ammodernamento dell’asse ferroviario Palermo-Catania-Messina.

    L’investimento contribuirà alla costruzione di due gallerie, lunghe 92,75 m e 34,75 m, e di 17 viadotti per rimuovere la sinuosità dei binari che attraversano le zone collinari e accidentate. In alcune parti dell’isola sarà costruita una seconda ferrovia per favorire il transito simultaneo in entrambe le direzioni. Tali investimenti ridurranno notevolmente i tempi di percorrenza e aumenteranno la frequenza delle connessioni. Una parte dei terreni liberati grazie alla rimozione delle curve sarà trasformata in piste ciclabili.

    Il progetto migliorerà la qualità del servizio ferroviario e dei collegamenti con i porti di Catania, Augusta e Palermo, nonché con gli aeroporti di Catania e Palermo. Contribuirà inoltre a migliorare la stazione di Bicocca a Catania, modificando il tracciato di posa dei binari, costruendo nuovi sottopassaggi e rampe di accesso e migliorando l’edificio stesso.

    Questo importante investimento è fondamentale per rafforzare lo sviluppo socioeconomico della Sicilia, in quanto sostiene lo sviluppo di mezzi di trasporto più efficienti, più rapidi e a basse emissioni per i cittadini e le imprese.

    Fonte: Commissione europea

  • La semina, il raccolto e la ricandidatura, la parabola agricola di Musumeci

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo dell’On. Nicola Bono, già Sottosegretario per i BB.AA.CC.

    Da qualche mese il Presidente Musumeci rivendica la sua ricandidatura, alla luce della sedicente ottima semina effettuata in termini di buon lavoro svolto fino ad oggi e del suo buon diritto a procedere al copioso raccolto, che inevitabilmente a suo parere dovrebbe conseguirne. Peccato che tale visione di buona semina sembrerebbe abbastanza improbabile alla luce della reale situazione in cui versa la Sicilia.

    A volo d’angelo e senza volere al momento elencare tutte le gravi problematicità dell’Isola, né di approfondire l’incapacità di dare vita ad alcuna riforma realmente radicale e innovativa per modernizzare la Sicilia, basta solo esaminare lo stato in cui versano alcuni settori di competenza della Regione per capire l’inesistenza di alcuna strategia e indirizzo politico e programmatico del governo regionale in carica, costretto a continue giustificazioni e patetici tentativi di autoassoluzione dalle responsabilità per gli autentici disastri registrati, altro che “Diventerà Bellissima”.

    In veloce sequenza: la tragedia dei quasi 8.000 incendi che ha bruciato 78.000 ettari di territorio regionale non solo boschivo evidenza l’assenza di qualsivoglia strategia per prevenire tali tragici e in gran parte dolosi eventi, come le recenti giustificazioni dell’assessore al Territorio e ambiente Cordaro invece di spiegare confermano; nessuna strategia per i rifiuti, a partire dalla ordinaria vergogna di un’Isola che a parole auspica di diventare capitale del turismo europeo e, di fatto si presenta con le strade letteralmente invase da tonnellate di rifiuti abbandonati, senza che alcuna pubblica autorità abbia la minima intenzione o capacità di intervenire e risolvere; nessuna strategia sulla gestione delle acque che, in parte, è strettamente legata all’assenza di strategie per i rifiuti, per come è emerso in questi giorni con le audizioni della Commissione Parlamentare Ecomafie; nessuna strategia contro il vergognoso primato nazionale di contagi e defunti che dal 19 agosto, quotidianamente e ininterrottamente, fa strame in tutte le province dell’Isola, con l’aggravante di una congenita incapacità di conteggiare correttamente i decessi, che rende grottesca e senza trasparenza la gestione sanitaria, in particolare per la mancanza di qualsivoglia pubblica spiegazione sul motivo di questi errori, di cui non si capisce da cosa determinati e dalla responsabilità di chi, con conseguente gravissimo discapito perfino della corretta valutazione del reale andamento giornaliero della pandemia; nessuna strategia legislativa né sulle riforme, né sul varo di qualsivoglia altra normativa, da cui non a caso proliferano in continuazione impugnative del governo nazionale in quantità esagerata e mortificante per il Parlamento più antico d’Europa, ed infine, ma solo perché l’elenco dei disastri vuole essere indicativo ma non esaustivo, nessuna strategia per la capacità di spesa della Regione dei fondi strutturali, fermi al 42% di effettivo utilizzo, con la dimostrazione non solo che non si è mai riusciti a capire e rimuovere le cause di questo gravissimo “buco nero” della burocrazia regionale, ma con il rischio che tale ultra trentennale impotenza si rifletta anche sui fondi del PNRR, vanificando ogni speranza di riscatto economico e sociale della Sicilia e di perdere l’ultimo treno utile per una diversa narrazione del futuro.

    A fronte di questo scenario fallimentare, in cui quando si interviene lo si fa rigorosamente a posteriori, dopo che i danni sono stati arrecati e ricorrendo alla solita e consunta cantilena di richieste di aiuto allo Stato, si registra un vuoto di idee e di proposte concrete per risolvere questioni che quattro anni fa il Presidente si era impegnato ad affrontare con successo, salvo poi scegliere alleanze con buona parte dei responsabili dei mali antichi della regione, che infatti sono stati replicati.

    Quattro anni di governo persi, tra dichiarazioni roboanti e fantasiose, come la creazione di una compagnia aerea siciliana con l’AST, sterili denunce di veri o presunti boicottaggi, non a caso maturati spesso all’interno della stessa maggioranza, attacchi strumentali ai regolamenti dell’ARS, come se l’abolizione del voto segreto potesse mai supplire all’assenza di proposte e di riforme per modernizzare una regione rimasta ferma agli anni ’70 nei metodi e nelle logiche dell’azione burocratica, politica e legislativa, o le sfuriate contro tutto e tutti, ed in particolare nei confronti delle struttura burocratica, come se fosse ancora un deputato dell’opposizione e non appunto il Presidente della Regione con ruolo e poteri per cambiare realmente le cose.

    Ecco perché non regge la parabola della semina, di cui non sembra esserci traccia e, conseguentemente del diritto a un secondo mandato, per l’assenza del presunto ma, in realtà, inesistente raccolto.

    Già Sottosegretario per i BB.AA.CC.

  • I ripetuti volteggi degli indirizzi politici del Presidente della Regione Siciliana e l’autonomia differenziata

    Nell’arco degli ultimi cinque mesi il Presiedente della Regione Siciliana ha cambiato più volte linea politica fino ad autoproclamarsi “leghista del sud”, unicamente per posizionarsi furbescamente quale punto di riferimento del sud diversamente Salviniano. Il risultato sperato non è però stato raggiunto per indisponibilità della Lega a cogliere positivamente l’offerta autoreferenziale di Musumeci, perché ha richiesto la preliminare garanzia di totale discontinuità da chi lo circonda.

    La Lega sa bene che Musumeci è prigioniero di una coalizione che comprende quasi tutti i potentati politici responsabili dei fallimenti dei governi della regione degli ultimi venticinque anni e di avere volutamente ignorato la centralità del Parlamento regionale e la sua influenza nei rapporti di forza che condizionano le scelte politiche, diventando un ostaggio della maggioranza della sua maggioranza, esattamente come il suo immediato predecessore. Per questo è interessante capire perché Musumeci avrebbe scelto la Lega quale referente politico, considerato che appena cinque mesi prima le aveva disconosciuto giustamente la matrice di partito di destra, perché manca del requisito fondamentale di nutrire alcun sentimento nazionale, essendo geneticamente legata a logiche territoriali incompatibili con il concetto di nazione, ma semmai di tribù. E quindi in che modo potrebbe costituire un referente a tutela degli interessi del sud? Ed infatti non può esserlo, tant’è che Salvini, incurante di essere stato gratificato da milioni di voti anche nel sud Italia, continua imperterrito a fare il capo della Lega Nord con la sua assillante richiesta di concessione dell’“Autonomia Differenziata”, che altro non è che una truffa per favorire illegalmente gli interessi delle regioni del nord a discapito di quelle meridionali, nel silenzio e nella complicità di FdI e appunto del Presidente della Regione Siciliana, ambedue disponibili a sacrificare il Sud in cambio di una alleanza conveniente ai fini di futuri successi elettorali.

    La truffa è iniziata con la sottoscrizione di una intesa inedita e non disciplinata da nessuna normativa vigente tra il Presidente del Consiglio Gentiloni e i presidenti delle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia e Romagna (da cui l’adesione del PD), con cui veniva stabilito, in violazione delle leggi vigenti, l’assegnazione alle Regioni richiedenti di decine di materie di competenza statale e delle relative risorse. Per capire la truffa, occorre inquadrare quale è l’attuale normativa che disciplina la materia e perché l’intesa tra Gentiloni ed i tre Presidenti di Regione è una grave forzatura del tutto illegittima e truffaldina. La norma sul trasferimento di materie dallo stato alle regioni è prevista dalla costituzione ed è subordinata, nella sua attuazione alla preliminare obbligatoria definizione dei “livelli essenziali di prestazione” (lep), della determinazione dei costi standard dei servizi da trasferire e della fissazione dei criteri di gestione del “Fondo Perequativo delle Regioni”, al fine di garantire la necessaria equità nella ripartizione delle risorse e assicurare la solidarietà tra tutti i territori dello stato, in un quadro di riequilibrio tra regioni ricche e povere. Cosa ha impedito a Lombardia e Veneto di realizzare l’autonomia differenziata con la normale procedura vigente? Solo un piccolo dettaglio: non si è mai raggiunta l’intesa per la determinazione dei “livelli essenziali di prestazione”, per la fissazione dei costi standard dei servizi da trasferire e, fino ad ora, non c’è traccia del fondo perequativo delle regioni. Quindi, senza alcuna modifica delle leggi vigenti, e data l’irragionevole incapacità di raggiungere intese in materia, ecco il colpo di scena: la decisione di capovolgere di fatto e illegalmente la normativa, procedere con una intesa inedita tra vertici esecutivi (governo nazionale e presidenti delle regioni richiedenti) all’assegnazione delle materie di competenza richieste, rinviando ad un futuro ipotetico e del tutto irrealistico le decisioni che per 18 anni non sono state raggiunte e che, una volta scappati i buoi, è prevedibile non si raggiungeranno mai. E questo è tanto vero che l’accordo prevede infatti che, qualora non si dovesse raggiungere l’intesa sui costi standard entro i tre anni successivi al trasferimento delle materie dallo stato alle regioni non ci sarebbe nessuna conseguenza, perché i servizi dovrebbero comunque essere garantiti a costi pari alla media nazionale. Se a questa clausola si aggiunge la disposizione che garantisce il diritto di Lombardia e Veneto di trattenere tutti gli eventuali surplus di finanziamenti ottenuti per i pagamenti dei servizi, si ha chiaro il disegno di Salvini, Fontana e Zaia di ottenere un lasciapassare per pagarsi i costi dei servizi anche a valori molto più alti della media nazionale e in tal modo trattenere il più possibile delle proprie entrate tributarie a fronte delle maggiori spese, ovviamente a discapito delle regioni più disagiate che non ne avrebbero le possibilità per le loro minori entrate fiscali e per la mancanza delle eventuali integrazioni in assenza del fondo perequativo regionale. L’obiettivo finale che persegue Salvini non è formalmente di rapinare le regioni meridionali, ma di raggiungere tale risultato attraverso l’autorizzazione all’aumento esponenziale delle spese delle regioni ricche, i cui maggiori consumi esauriranno le risorse per la solidarietà nazionale e sarà la fine del patto repubblicano che tiene unita l’Italia. Una vera e propria secessione economica di fatto, messa in atto e sollecitata in maniera assillante da quello stesso leader della Lega che ha preso milioni di voti al Sud e che non ha alcuna remora a condannare i suoi elettori alla definitiva marginalità economica e sociale, con servizi scolastici, sanitari e di qualsiasi altra natura da terzo mondo. Ecco perché occorre impedire assolutamente l’approvazione del progetto attuale di Autonomia Differenziata e rinunciare anche al “passaggio parlamentare” che, lungi dall’essere una “riparazione alla truffa dell’accordo verticistico”, rischia di esserne solo una ipocrita legalizzazione. L’unica strada è quella di annullare integralmente la procedura-truffa e pretendere il pieno rispetto delle leggi vigenti in tema di Autonomia e conseguentemente di mantenere l’ordine naturale delle cose a partire dalla preliminare definizione dei “LEP”, dei costi standard dei servizi e della istituzione del fondo perequativo regionale, per onorare la corretta Autonomia Regionale che, per soddisfare il bene comune, deve contribuire al rafforzamento del principio costituzionalmente garantito dell’Unità Nazionale, valore sacro, irrinunciabile e non negoziabile.

    * Già sottosegretario per i Beni e le Attività Culturali

  • Il sindaco pentastellato di Bagheria compra un ecomostro e lo salva dall’abbattimento

    «Rilanciare il turismo» è lo slogan con cui Patrizio Cinque, sindaco 5 stelle di Bagheria, ha salvato un ecomostro abusivo costruito sulla spiaggia di Sarello, comprandolo per 225mila euro con l’intento di utilizzarlo come resort deluxe “per rilanciare il turismo”. In seguito a una visura camerale, il leader dei Verdi italiani, Angelo Bonelli ha presentato una denuncia in procura ma il M5s per ora si è limitato a prendere le distanze, con Luigi di Maio, dal sindaco, confermando però (è maggioranza al Comune di Bagheria) la propria linea in città (lo stesso sindaco non risulta ufficialmente estromesso dal partito, nonostante il ripudio a parole del capo politico del M5s) per il condono di Ischia. Per quanto il sindaco sia stato allontanato dal movimento alla vigilia del 4 marzo, il quotidiano milanese fa notare come il comune di Bagheria sia ancora interamente pentastellato.

    Per riuscire nell’intento, il 5 maggio del 2017 il sindaco ha nominato Caterina Licatini, parlamentare pentastellata, alla guida della “Amb”, municipalizzata comunale, e 10 giorni dopo ha dato vita alla “Nuova Poseidonia srl” società che si aggiudica all’asta l’ex ristorante “New Orleans”, la sala da matrimoni e ricevimenti costruita sugli scogli del Sarello sborsando 225 mila euro. In contemporanea, il 18 maggio 2017, il sindaco ha proposto alla giunta di Bagheria da lui guidata un nuovo regolamento per l’acquisizione degli immobili abusivi che riconosce agli abusivi il diritto di abitazione e sospende l’abbattimento delle case (anche quelle costruite a 150 metri dal mare).

  • Randagismo in Sicilia, audizione a Roma del consulente regionale

    Pubblichiamo di seguito un articolo apparso il 13 febbraio sul giornale on line ‘Animali e ambiente nel cuore’

    “Colmare le carenze strutturali delle strutture pubbliche e soprattutto aumentare opportunamente il numero delle strutture necessarie a garantire le sterilizzazioni a tappeto sul tutto il territorio della Sicilia”: sono obiettivi “improcrastinabili” secondo Giovanni Giacobbe, consulente della Presidenza dell’Assemblea Regionale Siciliana, ascoltato oggi, a Roma, dall’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali sul fenomeno del randagismo nell’isola
    Fulcro della relazione l’attività della Commissione parlamentare speciale sul randagismo” voluta dal presidente dell’assemblea regionale siciliana Gianfranco Micciché per la riforma della Legge Regionale 15/2000. “In Sicilia – spiega Giacobbe – si sta provando a costruire un impianto normativo nuovo per individuare soluzioni a breve termine e contemporaneamente approntare strumenti di lungo periodo”. Occorrerà però fare i conti con le risorse effettivamente disponibili, ed è per tal motivo che Giacobbe ha chiesto all’intergruppo di perorare la causa del reperimento delle somme necessarie all’inderogabile adeguamento delle strutture che possano essere destinate alla inderogabile finalità dell’adeguamento strutturale Per fare un esempio: “La provincia di Messina, che ha il maggior numero di comuni (108 sui 390 della Regione), non ha alcuna struttura pubblica, né sanitaria né di ricovero”. Il relatore ha inoltre sottolineato l’esigenza di controlli capillari controlli da demandare alla polizia locale, alle guardie zoofile e al Corpo Forestale Regionale. “Ma se per assurdo – aggiunge Giacobbe – domani dovessimo prelevare dal territorio tutti gli animali vaganti e, sempre per assurdo, dopodomani dovessimo sterilizzarli tutti e reimmetterli sul territorio, tra sei mesi correremmo il rischio di ricominciare da capo, se non guardassimo all’obiettivo più importante: approdare ad una nuova cultura responsabile dell’allevamento e della gestione del cane. È infatti chiaro che la mancanza assoluta di controllo nella riproduzione (basti aprire un portale internet qualsiasi alla voce cani in vendita) è concausa del dilagare del fenomeno del randagismo, insieme alle malsane abitudini di certe categorie di possessori di cani, che non brillano per “perizia” nella custodia dei propri animali, che finiscono per accoppiarsi incontrollatamente, immettendo sul territorio un numero enorme di individui fertili, destinati ad una vita di vagabondaggio o da reclusi nei canili. L’aumento della popolazione canina alimenta una spirale che ha conseguenze molto negative per il benessere degli animali, l’incolumità pubblica e le casse dei Comuni”.

  • In attesa di Giustizia: purezze opacizzate

    Peculato, che brutta parola non fosse altro che per le assonanze: è – per i non tecnici – l’appropriazione con utilizzo “privato” da parte di un pubblico ufficiale di un bene di cui abbia disponibilità per ragioni del suo ufficio; se l’utilizzo del bene è temporaneo, si definisce “d’uso” e le pene sono significativamente ridotte rispetto al massimo di dieci anni di reclusione per l’ipotesi più grave.

    Due casi clamorosi in una settimana: il primo riguarda il Giudice della Corte Costituzionale Nicolò Zanon che avrebbe consentito l’impiego della sua auto blu alla moglie per trasferimenti che nulla avrebbero a che fare con esigenze istituzionali. Zanon, mostrando una certa sensibilità, ha presentato le dimissioni dalla Corte (respinte), si è – comunque – autosospeso dalle funzioni e messo a disposizione della Magistratura per chiarire i fatti. Fatti modesti, obiettivamente, anche se provati…anche se un gentiluomo che guadagna un migliaio di euro al giorno (lordi, è vero..) potrebbe permettersi di pagare il taxi alla consorte ed anche se rimane oscuro il motivo per cui i Giudici Costituzionali che dispongono di un alloggio prospicente la Corte debbano disporre di una vettura di servizio di cui mantengono il privilegio, autista e manutenzione inclusa, anche una volta cessati dall’incarico. Peculato d’uso, nel caso e Zanon, che è un giurista di alto profilo, oltre che essere accompagnato dalla presunzione di innocenza  merita grande rispetto per come si è comportato.

    Un po’ diverso è il caso di Antonio Ingroia, già Pubblico Ministero del pool antimafia di Palermo, dimissionatosi dalla Magistratura e più volte candidato in differenti tornate elettorali con risultati men che modesti.

    L’uomo, accasatosi come Amministratore della società regionale Sicilia e Servizi si sarebbe autoliquidato rimborsi spese non dovuti ma – soprattutto – un’indennità di risultato pari a 117.000 euro a fronte di un utile di gestione di 33.000. Come dire: con il  generoso bonus riconosciutosi da solo il bravo amministratore ha mandato il bilancio in rosso…e qui la vicenda si fa più intricata per quanto neppure ad Ingroia si possa negare la presunzione di non colpevolezza e sebbene anche con riguardo ai rimborsi spese resta da capire, tra le altre cose, perché alloggiasse in strutture con mai meno di cinque stelle nonostante che la regola generale per i dipendenti pubblici – anche di alto livello – sia quella del limite a quattro per le strutture alberghiere; la Sicilia, però, ha stravaganti normative in materia di indennità e stipendi: il dubbio che in questo caso possa non aver violato la legge è ragionevole in attesa almeno che i suoi ex Colleghi della Procura di Palermo (sul caso ci lavorano in quattro, compreso il Procuratore Capo) concludano le indagini.

    Certo è che i due casi si prestano a valutazioni molto differenti non fosse altro che nel secondo dei due vi sono dei dati contabili acquisiti, stabilizzati in più bilanci di esercizio e che sono originati dallo stesso soggetto che ora deve giustificarli: e i numeri difficilmente mentono. Staremo a vedere:  Ingroia ha sempre voluto offrire di sé l’immagine del cavaliere senza macchia e senza paura ma per ora – pur rispettandone il diritto di difendersi, discolparsi e fors’anche essere assolto –  resta il fatto, ed il lettore può autonomamente fare le sue valutazioni sulla base dei dati forniti, che liquidarsi un premio di produzione per i risultati economici ottenuti di gran lunga superiore agli stessi potrebbe non essere penalmente rilevante ma è eticamente opinabile…e sovviene il pensiero di Pietro Nenni: “a fare a gara tra i puri, trovi sempre uno più puro che ti epura”.

  • Dopo la strage di randagi avvelenati a Sciacca ANMVI chiede lo stato di emergenza randagismo in Sicilia

    Il randagismo in Sicilia richiede la dichiarazione dello stato di emergenza, permettendo alle autorità pubbliche, centrali e regionali, di ricorrere ad interventi speciali, misurabili e a termine. E la  facilità di accesso ai veleni e al loro utilizzo incontrollato: servono norme più stringenti. Questa in sintesi la posizione del Presidente dell’ANMVI, Marco Melosi, dopo i fatti di Sciacca.

    Intanto, il Presidente di ANMVI Sicilia, Pippo Licitra, denuncia la sordità della politica: “La veterinaria siciliana non è disponibile ad utilizzare i razzi della Corea del Nord per farsi ascoltare o per essere invitata ai tavoli decisionali che la politica organizza nei momenti di emergenza”. Sopra le righe non sono i toni di una veterinaria siciliana esasperata, ma “i fatti abominevoli dell’avvelenamento dei randagi a Sciacca” dichiara Licitra.

    “Più volte, utilizzando le sale dell’assemblea Regionale abbiamo rappresentato la difficoltà gestionali del randagismo in Sicilia, si è “gridato” la necessità di una interlocuzione continua con le parti politiche per affrontare un problema che all’interno della nostra categoria viene vissuto con grande attenzione e preoccupazione” –è lo sfogo del Presidente di ANMVI Sicilia.

    Adesso la politica non scavalchi la nostra categoria per fare largo a chi ha sicuramente maggior peso elettorale, ma non il ruolo specialistico e di presenza territoriale che noi veterinari-con i nostri studi, ambulatori, cliniche e servizio pubblico- rappresentiamo sul territorio“- conclude Licitra.

    Stato di emergenza-randagismo sotto regia sanitaria- L’ANMVI, impegnata in programmi di sterilizzazione volontaria dei randagi in varie regioni ad alto tasso di randagismo, torna a chiedere un piano ad hoc per la Sicilia: identificazione anagrafica e sterilizzazione programmata sotto una regia veterinaria e di sanità pubblica.

    Ricordando che il controllo demografico delle popolazioni animali  rientra nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza– che lo Stato e le Regioni sono chiamate a garantire e finanziare- l’ANMVI invita le autorità competenti a considerare la dichiarazione dello stato d’emergenza randagismo, pianificando azioni urgenti, misurabili e a termine e soprattutto “sotto una regia sanitaria-veterinaria”.

    Lo stato di emergenza, ricorrendo i presupposti di urgenza e di eccezionalità, potrebbe facilitare soluzioni di intervento speciale anche di tipo economico-finanziario.

    Troppo facile il possesso di veleni- L’avvelenamento di massa dei randagi di Sciacca ripropone il problema delle esche-killer- veleni troppo facilmente reperibili sul mercato. Vale per la Sicilia ma non solo. Malgrado una ordinanza del ministero della salute che ne vieta la detenzione e l’utilizzo, l’approvvigionamento di prodotti o sostanze letali è ancora troppo facile e incontrollato. L’ANMVI torna a chiedere norme più stringenti contro il facile approvvigionamento di sostanze letali per animali e persone e che causano contaminazioni ambientali.

    Ufficio Stampa ANMVI – Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani- 0372/40.35.47

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