Tasse

  • Quale scenario di guerra

    L’escalation delle tensioni internazionali ha introdotto il concetto di “economia di guerra” nel lessico istituzionale all’interno del quale cambiano radicalmente le priorità di spesa dei governi, le quali si orientano ovviamente a favore del rafforzamento degli arsenali e all’aggiornamento degli armamenti uniti al mantenimento dell’esercito quali principali settori da finanziare attraverso le spesa pubblica.

    All’interno del contesto attuale a questo tipo di economia e soprattutto alle sue difficoltà si possono aggiungere le difficoltà di rifornimento e di approvvigionamento delle materie prime essendo venute meno proprio le filiere energetiche e produttive.

    Tuttavia, la leggerezza con la quale viene introdotto tanto dai politici quanto dai media il concetto di una inevitabile metamorfosi dell’economia attuale ad una ben più complessa da scenario di guerra non tiene assolutamente in conto della situazione che per i cittadini italiani una guerra sia decisamente cominciata oltre trent’anni addietro.

    Andrebbe ricordato come l’Italia rappresenti ad oggi l’unico Paese in Europa che ha visto ridurre il proprio reddito disponibile del -2,9% mentre contemporaneamente in Germania lo stesso risulti cresciuto del +33,7 ed in Francia di oltre +31%.

    Un andamento così disastroso delle retribuzioni, confermato anche della ennesima diminuzione del -0,1% nell’ultima rilevazione relativa all’ultimo trimestre 2023, espressione di una sintesi essenzialmente individuabile in due determinati e precisi motivi.

    Il primo è rappresentato dalla scelta monetaria che ha visto affidarsi sempre e solamente per la crescita dei fatturati alla svalutazione competitiva la quale ha favorito le esportazioni ma non i redditi come la domanda interna e tantomeno gli asset economici. Il secondo è individuabile nella scellerata strategia di abbandono di ogni politica industriale (definita old economy) negli ultimi trent’anni a favore di un’illusoria visione di economia dei servizi e legata al turismo.

    Il principale effetto di questa differenza dell’andamento delle retribuzioni determina, in più, una forbice tra le diverse tariffe e costi nei Paesi che può raggiungere il +40% a sfavore dell’utenza nazionale italiana.

    A questo scenario già di per sé drammatico si aggiungano i dati relativi alla povertà assoluta che è cresciuta dello +0,2% nel 2023, raggiungendo la cifra dell’8,5% di famiglie che vivono in assoluta povertà, cioè circa 5,7 milioni di italiani.

    Una crescita che ha come cause aggiuntive probabilmente l’annullamento di determinati ammortizzatori sociali ma soprattutto l’esplosione dei costi energetici, i quali, con la soppressione delle tariffe del mercato agevolata e lo scellerato aumento dell’Iva dal 5 al 22% (*), porteranno ad un maggiore costo di 1.700 euro a famiglia. Questi dati sono l’espressione di una economia di guerra all’interno della quale la spesa pubblica quanto il debito pubblico sono stati utilizzati non certo per rendere fruibili servizi alle fasce di reddito più basse, ma come sostegno delle diverse riserve elettorali sostenute finanziariamente da ogni governo dei più diversi orientamenti politici.

    Ora, qualsiasi possa dimostrarsi l’evoluzione della crisi internazionale sarebbe opportuno ricordare come l’Italia non abbia più risorse, in quanto una guerra la cittadinanza italiana la sta già combattendo contro la propria classe politica e dirigente da oltre trent’anni.

    (*) sconto Iva introdotto dal governo Draghi, come quello sulle accise per i carburanti anche questo azzerato dal governo in carica

  • Le “belle tasse” e la logica fiscale

    Una delle motivazioni addotte per giustificare l’alta pressione fiscale, ma non certo la sostanziale inefficienza della spesa pubblica, è legata all’alta percentuale di evasione fiscale alla quale sostanzialmente viene attribuita la responsabilità dell’alto livello delle tasse dirette ed indirette nel loro complesso. Contemporaneamente si afferma come il recupero dell’evasione fiscale rappresenti l’unica strategia che abbia come obiettivo quello di inaugurare un percorso di abbassamento della pressione fiscale complessiva, cioè l’unico percorso per ridare ossigeno alla domanda interna e quindi ai consumi a parità di retribuzioni.

    In questo contesto puramente ideologico si registra come nel 2023 risultino recuperati, attraverso la lotta all’evasione, circa 24,7 miliardi, 4,5 miliardi in più rispetto al 2022 (+22%), quindi nei due anni 2022/23 quasi 50 miliardi, la somma più alta di sempre.

    Contemporaneamente, nel medesimo anno solare, la pressione fiscale reale si è attestata al 42,5%, che diventa 47,5% per i contribuenti onesti.

    La risibile diminuzione della pressione complessiva del 2023 rispetto 2022 si attesta ad un misero – 0,2% ma interamente attribuibile alla rimodulazione degli scaglioni IRPEF, alla quale fanno riscontro un aumento dell’inflazione del + 5,3% (+8,1% dei generi alimentari) nel 2023, alla quale per l’anno in corso si aggiunge l’aumento dell’IVA del 17% nelle bollette del gas.

    Come logica conseguenza emerge evidente che nonostante il corretto e assolutamente civile recupero dell’evasione fiscale questa non si sia dimostrata la via per diminuire la pressione fiscale complessiva, ma semplicemente sia un ulteriore supporto per alimentare nuova spesa pubblica.

    Andrebbe allora ricordato come gli effetti della spesa pubblica risultino decisamente al di sotto degli standard minimi, o, se si preferisce, in rapporto a potenziali Lep europei, in quanto l’Italia rappresenta in Europa l’unico Paese ad aver visto ridotta negli ultimi trent’anni la capacità economica delle famiglie del -2,7%, mentre nello stesso periodo in Germania risulta aumentata del +34,7 mentre in Francia del +27,4%.

    Se questi rappresentano gli effetti distorsivi della spesa pubblica italiana, come logica conseguenza fornire ulteriori strumenti finanziari a questo perverso strumento non farebbe che alimentare un ulteriore impoverimento dei cittadini italiani.

    Inoltre, e certamente non meno importante, gli stessi effetti distorsivi della spesa pubblica rappresentano una delle motivazioni per la quale le retribuzioni in Germania risultino superiori di quasi il +40% a parità di contratto rispetto a quelli italiani, quindi una delle motivazioni principali dell’esodo dei giovani laureati italiani in cerca di retribuzioni adeguate al proprio titolo di studio.

    In altre parole, al di là della retorica politica, si registra come ad ogni recupero di percentuali di evasione fiscale corrisponda un aumento della spesa pubblica e mai una diminuzione della pressione fiscale in Italia.

    Nonostante questo, da sempre l’argomento dell’evasione fiscale viene utilizzata come ombrello per giustificare le inefficienze della stessa spesa pubblica, ma soprattutto un alibi per i suoi responsabili politici.

    Pur ribadendo, quindi, come il recupero dell’evasione fiscale stessa rappresenti un principio di equità, al tempo stesso andrebbe ricordato come questa non possa venire intesa come una leva per aumentare il benessere ed il livello dei servizi e tantomeno per abbassare la pressione fiscale. Senza poi dimenticare come, sempre in relazione all’evasione fiscale, una della sue massime espressioni venga rappresentata dalle allocazioni fiscali delle aziende e banche (ma anche società dello Stato) in nazioni comunitarie, come l’Olanda, che assicurano un dumping fiscale. Si calcola, infatti, in circa 4.500 miliardi le riserve finanziarie sottratte al fisco europeo grazie al sistema fiscale olandese pari al PIL della Francia e dell’Italia.

    Come logica conseguenza, se si volesse porre veramente come priorità l’evasione fiscale questa dovrebbe trovare la propria genesi all’interno di nuovi quadri normativi fiscali europei. Nel caso contrario, invece, questo mito puramente ideologico nel quale ad un ipotetico recupero dell’evasione fiscale corrisponderebbe una diminuzione della pressione, non presenta alcun riferimento reale, al contrario, paradossalmente, accentua le disparità sociali nel Paese e nei confronti degli altri membri dell’Unione europea, in quanto la storia ci dimostra come ogni recupero di finanze sottratte al fisco italiano rappresenti semplicemente un nuovo strumento finanziario destinato all’aumento della spesa pubblica.

    Alla fine, quindi, il recupero dell’evasione fiscale, pur rappresentando uno strumento di equità, contemporaneamente alimenterà   ed accentuerà proprio gli squilibri sociali ed economici alimentati da uno strumento distorsivo come la spesa pubblica.

  • Fedez dichiara le pezze al… e alla Guardia di Finanza tocca prendere in esame un esposto del Codacons

    Fedez si dichiara nullatenente, la Guardia di Finanza, che si sappia, non ha nulla da eccepire e il Codacons, sollecita la stessa Guardia di Finanza, tramite un esposto, a verificare “possibili situazioni di interesse poste in essere nell’ambito del gruppo societario facente capo”. Il Codacons fa riferimento a una frase pronunciata da Fedez in un’udienza del novembre 2020, in cui era accusato di una diffamazione ai danni dell’associazione consumatori. I “beni mobili o beni immobili registrati” sono intestati “alle mie società”, aveva dichiarato in quell’occasione il cantante, come si sente nell’audio pubblicato da Repubblica che ha anticipato la notizia. La querela del Codacons a Milano era finita in archiviazione ma quelle parole hanno suscitato l’attenzione dell’associazione che ha commissionato uno studio a Gian Gaetano Bellavia, commercialista ed esperto di diritto penale dell’economia. Ne è emersa l’analisi di “una trama societaria in cui si presentano e si ripetono tutti gli indici di pericolosità fiscale”. Nell’esposto di 9 pagine alla Guardia di Finanza di Milano e Roma, pur precisando di non poter verificare o affermare che il ‘gruppo Fedez’ evada le tasse, si denuncia “un uso continuo e ripetuto di operazioni poco trasparenti e talvolta senza un’apparente ragione economica” e si chiede di verificare “come sono state gestite fiscalmente le suddette operazioni che generano disallineamenti tra gli effetti civilistici e gli effetti fiscali”.

    “Mi spiace molto leggere questo articolo, non ne capisco il senso e lo scopo, se non quello di dare un’idea sbagliata ai lettori e alle lettrici riportando una mia dichiarazione in modo del tutto decontestualizzato”. Così Fedez, in un intervento pubblicato su Repubblica online, commenta la notizia dell’esposto. “Durante un processo – spiega Fedez – mi è stata posta una domanda dal giudice circa quali beni mobili e immobili siano a me intestati. Ho risposto la verità che non ho intestato nulla a nome mio e dunque sono tecnicamente nullatenente perché è tutto intestato alle società della mia famiglia, come avviene per molti imprenditori e imprenditrici di questo paese. Se avessi detto il contrario – prosegue – avrei mentito davanti a un giudice compiendo un reato”. Dunque, in merito agli eventuali accertamenti sui suoi asset aziendali, afferma: “Comunque, le mie società sono a disposizione per ogni eventuale controllo delle autorità competenti, non abbiamo nulla da temere o nascondere”.

  • Ancora con nuove tasse patrimoniali?

    Gli italiani ne pagano già molte e non hanno bisogno delle alzate d’ingegno e delle astruse  proposte di qualche vero o presunto economista o di qualche politico che cerca un paio di righe sui giornali. Bastano ed avanzano le patrimoniali che già paghiamo, sperando di non essercene dimenticata qualcuna sono queste:

    l’Imu/Tasi, l’Imposta di bollo, il bollo auto, l’Imposta di registro e sostitutiva, il canone Rai-Tv, l’Imposta ipotecaria, l’Imposta sulle successioni e donazioni, i diritti catastali, l’Imposta sulle transazioni finanziarie e l’Imposta su imbarcazioni e aeromobili.

  • Le priorità del parlamento italiano

    Anche se assecondate solo parzialmente dal governo e mentre la pressione fiscale reale arriva al 49% (*) e la stessa flat tax verrà applicata sul volume di affari e non più sull’incassato, la priorità del Parlamento italiano è il dimezzamento del carico fiscale per il mondo delle imprese calcistiche.

    Fa decisamente sorridere l’utilizzo della congiunzione “anche” in quanto non è chiaro a quali altre categorie professionali o settori industriali siano state dimezzate le tasse.

    Questo regime fiscale favorevole al mondo del calcio fu introdotto con il primo governo Conte ed ora ci si ripete con la medesima sfacciataggine e probabilmente il termine di febbraio è stato individuato con l’obiettivo di favorire il calciomercato invernale che si chiude il 31 gennaio.

    Ancora una volta si offendono i lavoratori e le imprese e si favoriscono le società di calcio che pur svolgendo una importante funzione non meritano un riconoscimento così fiscalmente importante.

    E’ alquanto amaro riscontrare come le priorità del Parlamento e dei parlamentari, imposti dalle segreterie dei partiti grazie al sistema elettorale bloccato, assieme a quelle del governo siano profondamente diverse da quelle dei cittadini, delle imprese e di chi producendo Pil favorisce la crescita economica e sociale.

  • Padova: un classico esempio di economia circolare

    Mai come in questo periodo la decisione del Comune di Padova di aumentare il costo del parcheggio rappresenta una visione miopie e deleteria per l’intera comunità.

    Con una crisi economica ormai conclamata (fatturato industria ad agosto -5% anno, -0,4% sul mese, sul mercato interno -5,7% anno, -0,6% mese) ed all’interno di un contesto internazionale disastroso e conseguenza di un anno di pandemia e con ben due guerre in corso, questo ennesimo aumento si manifesta con una mancanza di visione futura che si riflette accrescendo nell’immediato la spirale inflattiva.

    Nella città del Santo, per disinnescare questa situazione di difficoltà legata alla minore disponibilità economica comune con l’intera comunità, si sono aumentati gli stipendi, +41% (*) del sindaco e degli assessori comunali, come previsto dal governo Draghi.

    Con l’obiettivo di sostenere questa ulteriore crescita dei costi della struttura ovviamente si devono aumentare i costi dei servizi ai cittadini. Va sottolineato, in più, come contemporaneamente questa politica amministrativa renda però sempre meno attrattiva la città di Padova e soprattutto meno competitivi, sotto il profilo economico, i piccoli negozi, per esempio, a tutto favore dei centri commerciali come dello stesso e-commerce.

    Va ricordato, infatti, come per buona parte dei cittadini sia impossibile adeguare i propri stipendi in rapporto alla crisi economica ed all’inflazione, quindi come un maggiore costo determini inevitabilmente la contrazione dei consumi. In più, la stessa redditività delle attività della città subirà una ulteriore flessione proprio a causa dell’aumento dei costi dei parcheggi ed alla diminuzione dei flussi.

    Ecco spiegato, con un semplice esempio “locale”, il concetto del ceto politico padovano di “economia circolare”.

    Questo principio di circolarità a completo onere dei cittadini, ovviamente, trova la propria espressione appunto non solo a livello locale, quanto a livello regionale, nazionale e soprattutto europeo con effetti proporzionati al livello istituzionale.

    La sintesi complessiva di questa circolarità risulta assolutamente evidente e viene confermata appunto dal costante impoverimento delle famiglie (https://www.ilpattosociale.it/politica/italia-sempre-piu-povera/).

    Non comprendere i deleteri effetti recessivi di questa “economia circolare” dimostra il senso di incompetenza unito ad un sostanziale disinteresse, e forse persino disprezzo, nei confronti delle “banali” priorità dei cittadini.

    (*) https://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2023/09/28/news/stipendi_cosa_guadagnano_sindaci_padovani-13493362/

  • La flat detax

    Una riduzione della tassazione rappresenta sempre un evento importante e positivo, specialmente in un paese con una pressione fiscale assolutamente insostenibile assieme ad un sistema burocratico sempre più invasivo come quello italiano.

    Nel recente passato una manovra fiscale simile fu attuata dal governo Draghi ed aveva procurato un vantaggio in termini di riduzione del cuneo fiscale stabile, quindi anche per gli anni a venire, di circa 29 euro per i redditi sotto i 27.000 euro mentre erano 35 per quelli superiori.

    La manovra del governo in carica, pur avendo una copertura finanziaria di solo un anno e finanziata ancora una volta attraverso l’aumento anche delle accise sui tabacchi, quindi a carico della fiscalità generale, presenta degli effetti decisamente superiori. Anche se, si ribadisce, questi saranno limitati ad un solo anno con l’effetto paradossale di un vantaggio limitato all’anno fiscale successivo ed un aumento della fiscalità generale invece permanente.

    Quello, tuttavia, che lascia perplessi riguarda le modalità di distribuzione di tali vantaggi fiscali.

    Si poteva scegliere per una riduzione del cuneo più cospicuo ma uguale per ogni fascia di reddito (flat detax) la quale, sulla base del principio inverso della marginalità decrescente al crescere della fascia di reddito, sarebbe stata percepita molto più alta dai percettori di redditi inferiori.

    Oppure applicare il principio inverso di proporzionalità al reddito, e quindi determinare un maggior vantaggio fiscale inversamente proporzionale alle fasce di reddito.

    Viceversa, si è scelto il principio della proporzionalità per fasce di reddito, se non proprio della progressività, cioè un maggiore vantaggio fiscale in rapporto al reddito.

    Una scelta legittima ma che rappresenta la negazione della dottrina fiscale del centrodestra e lascia ancora una volta il ceto medio abbandonato a se stesso nella ricerca di un sostegno alla domanda interna.

  • La sola possibilità: la tassa di scopo

    La decisione del governo di tassare il sistema bancario avrà i medesimi effetti di quella introdotta dal governo Draghi sugli extra profitti delle Aziende energetiche: un buco di bilancio di oltre otto (8) miliardi.

    In  più le maggiori tasse andranno scaricate da tutti gli istituti bancari
    sui costi dei correntisti,
    ai quali aggiungere gli oltre 10 miliardi di perdita di capitalizzazione della borsa odierna che sono molto spesso anche questi denaro dei risparmiatori.

    Continuare ad aumentare la pressione fiscale per alimentare ancora la spesa pubblica, specialmente nel momento in cui abbiamo raggiunto la cifra record di debito di 2816 miliardi,
    rappresenta la solita stantia risposta di un governo sostanzialmente socialista incapace di invertire un pericoloso e consolidato trend.

    Attualmente la spesa pubblica rappresenta oltre il 57% del PIL,
    ai quali aggiungere i fondi straordinari del PNRR  già  operativi da due anni.
    Eppure nonostante questi fiumi di finanza straordinaria pubblica il nostro Paese è già  in recessione economica.
    Il  Pil  segna una flessione del -0,3%, i  consumi del -5%, il turismo del -30%, si registra comunque la più alta inflazione europea, +12% nel settore alimentare, mentre la  produzione industriale stacca un -0,9%.
    Sembra incredibile come nessuno comprenda come il continuare ad aumentare la spesa pubblica non sia di alcun effetto se non quello di aumentare il potere del governo in carica.
    In questo contesto nel
    novembre 2018 uscì questo mio breve intervento sulla crescita della spesa pubblica (https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-vera-diarchia/)

    Allora rimane una unica
    possibilità. Definire da subito queste addizionali fiscali come “tasse di scopo” e quindi indirizzarle per un scopo preciso, come per la riduzione delle accise sui carburanti

    Tutto il resto è socialismo.

  • Why some in SA want to scrap VAT on chicken

    “South Africa is stumbling into a hunger pandemic” and needs to remove VAT on chicken so that families can feed themselves properly, a trade advocacy group has told the BBC’s Newsday programme.

    Francois Baird of the Fair Play Movement has warned that regular load shedding, or power blackouts, in South Africa was also contributing to the problem.

    “The real effect is on the health of the nation,” Mr Baird said, adding that rising inflation and unemployment meant many people could no longer afford to pay for food.

    He said that 27% of children under five were stunted in South Africa because mothers don’t get enough protein while pregnant and this carries on after the children are born, adding that the problem was worse in rural areas.

    “Everything possible must be done also to assist small farmers.”

    He said that reducing the cost of chicken by removing VAT would help address this, as chicken was a major source of protein for many people in South Africa.

    He added that food prices were outpacing people’s salaries, warning that an essential basket of food costs more than the minimum wage per month.

  • Contenzioso tributario cresciuto del 55% nel 2022, è tornato ai livelli pre-Covid

    Dopo il rallentamento dovuto alla pandemia, il 2022 ha visto aumentare il contenzioso in materia tributaria, tornato ai livelli del 2019: le controversie complessivamente arrivate fino al 31 dicembre 2022 presso le Corti tributarie provinciali e regionali sono state 187.023, con un aumento del 55% rispetto all’anno precedente quando erano state 120.511.Oltre 190mila le cause tra fisco e contribuente decise. E al 31 dicembre scorso pendevano complessivamente 269.809 controversie, a fronte delle 272.677 del 2021. Nelle sedi regionali vi è stata una riduzione dell’arretrato rispetto al 2021 del 11,3%.

    Dati positivi, che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi del Pnrr, sottolinea il presidente del Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria, Antonio Leone, anche se – è la critica – la riforma “frettolosa” approvata l’estate scorsa sta “creando problemi” anziché risolverli. Non ultimo il fatto di essere arrivata prima della riforma fiscale, “di cui si parla ormai da decenni e che avrebbe dovuto precorrerla”. La riforma del fisco, che dovrebbe arrivare giovedì sul tavolo del Consiglio dei ministri, porterà benefici sul futuro andamento del contenzioso, è sicuro il viceministro all’Economia Maurizio Leo, che ha ricordato che “le controversie fino a 5mila euro rappresentato il 56% dei ricorsi in primo grado”.

    Vi è “uno stato di confusione normativa – lamenta Leone – causata sia dalla fretta del legislatore e sia dalla non adeguata ponderazione di alcune scelte che via via si stanno facendo” e un “disinteresse” verso la “Cenerentola dalla giustizia” che si traduce in “assenza di investimenti” in mezzi e personale, e nonostante questo “sono stati garantiti rapidi tempi di definizione delle cause”, in linea con i parametri europei di ragionevole durata del processo. “Il governo è attualmente impegnato a completare il processo di riforma della giustizia tributaria”, ha assicurato Leo, e “nell’ambito del disegno di legge delega per la riforma fiscale si occuperà anche del processo”: le “direttrici che si intendono seguire riguardano l’accelerazione della fase cautelare nei gradi successivi al primo, l’eliminazione della mediazione, tenuto conto che “la delega intende rafforzare il contraddittorio fra le parti nella fase precedente l’atto impositivo”, l’immediata lettura del dispositivo in udienza, l’implementazione dell’informatizzazione, con la standardizzazione degli atti processuali e strumenti di intelligenza artificiale.

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