Teatro

  • Nuovo bando Culture Moves Europe aperto fino al 31 maggio 2024

    Il più grande programma di mobilità culturale dell’Ue, “Culture Moves Europe”, ha pubblicato tra fine settembre e inizio ottobre un nuovo invito a candidarsi per la mobilità individuale. L’invito è rivolto ad artisti e professionisti della cultura di età non inferiore a 18 anni che siano legalmente residenti in uno dei 40 Paesi aderenti al programma Europa creativa e che operino nei seguenti settori: arti dello spettacolo, arti visive, musica, patrimonio culturale, architettura, design, moda e letteratura. È possibile candidarsi fino al 31 maggio 2024.

    Il programma offre borse di mobilità che contribuiscono alle spese di viaggio e di soggiorno, integrabili con un sostegno finanziario supplementare volto a promuovere una partecipazione più diversificata delle persone che incontrano ostacoli nella mobilità internazionale. Un sostegno finanziario più cospicuo viene offerto a coloro che viaggiano in modo sostenibile, ai genitori di bambini piccoli o a chi necessita di un visto. Gli artisti con disabilità sono particolarmente incoraggiati a candidarsi, in quanto Culture Moves Europe offre un sostegno speciale a copertura dei costi aggiuntivi che possono derivare dalla disabilità, per consentire loro di partecipare a progetti transfrontalieri.

    Iliana Ivanova, Commissaria per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e i giovani, ha dichiarato: “Culture Moves Europe sostiene la mobilità di tutti gli artisti, compresi quelli con disabilità, aiutandoli a superare gli ostacoli all’internazionalizzazione della loro carriera, contribuendo così all’apertura dell’estetica e alla diversità del paesaggio culturale. Culture Moves Europe ha un ruolo da svolgere come motore di cambiamento culturale“.

    Ad un anno dall’avvio, Culture Moves Europe ha già sostenuto oltre 1.800 beneficiari che scelgono di collaborare con partner internazionali in un altro paese di Europa creativa, dalla Norvegia alla Tunisia e dal Portogallo all’Armenia, per realizzare i loro progetti culturali. I candidati che non sono stati selezionati nel primo ciclo di inviti possono candidarsi nuovamente. Maggiori informazioni sono disponibili all’indirizzo https://culture.ec.europa.eu/creative-europe/creative-europe-culture-strand/culture-moves-europe.

  • Anna Galiena al Franco Parenti

    Al Teatro Franco Parenti, dal 28 marzo al 6 aprile andrà in scena “Coppie e Doppi”, opera tradotta, adattata, diretta e interpretata da Anna Galiena e coprodotta dal Teatro Franco Parenti e da Il Sipario. Un omaggio a Shakespeare in cui l’attrice dà vita a dieci personaggi che interagiscono e dialogano tra loro, portando in scena il dualismo dell’essere umano e permettendo allo spettatore di prendere parte ad un percorso di esplorazione di tale dualismo. La pièce ad una voce propone un gioco teatrale in versi, di rimandi e seduzione in cui gli opposti si fronteggiano in un percorso di grande fascino: amore, odio, potere, gelosia, lussuria e tutte le passioni cantate dal Bardo sono espressione dell’ambivalenza umana.

     Signora Galiena è sempre un piacere incontrarla e poterne apprezzare il talento anche nella nostra città. Ci potrebbe raccontare com’è nata l’idea di quest’opera teatrale?

    Certamente, con piacere. Quando lavoravo a New York e recitavo opere di Shakespeare, oltre a studiare la mia parte, per mia passione mi piaceva memorizzare anche le parti degli altri personaggi. Ad esempio, imparavo la parte di Giulietta ma anche quella di Romeo e così in altre opere. Facevo tutto da sola, ovvero, quando avevo del tempo libero recitavo sia le battute di lei sia quelle di lui e questo mi è sempre servito non solo per esercitare la memoria ma anche per far emergere sempre nuovi aspetti del personaggio che poi avrei recitato. Poi, una volta, mentre mi trovavo in una condizione di particolare stress, nel ripetere queste parti abbandonandomi solo alla melodia delle parole, quando sono arrivata ad Amleto ho percepito in me una presenza maschile che ha reso inedita l’interpretazione. Mi sono sorpresa; quasi spaventata. E andando avanti è emerso anche un personaggio femminile. A quel punto mi sono chiesta: “Forse un attore può anche recitare così, chi lo sa?”. Ho parlato di questa mia esperienza sia emotiva che creativa con l’amica Andrée Ruth Shammah, direttrice del Teatro Franco Parenti di Milano la quale mi disse che l’idea le sembrava ottima e mi incoraggiò a recitarlo, così come lo avevo memorizzato, all’attenzione di possibili produttori ed amici intellettuali che apprezzarono molto l’idea. Poi, per mia insicurezza il progetto non andò avanti. Nel 2011 lo rappresentai in Italia, dopo averlo tradotto ma mi resi conto che non era quello che volevo fare e ancora una volta mi fermai. Poi, pochi anni fa, due giovani produttori romani, Karin Proia e Raffaele Buranelli mi hanno invitato a fare un mio spettacolo in Sicilia. Io risposi che avevo a disposizione questo mio lavoro e a loro l’idea piacque e così, dopo aver rivisto tutto il testo, ho fatto questa “prima” nella cittadina di Patti dove il pubblico ha espresso il suo particolare apprezzamento. A quel punto ci siamo detti: “Abbiamo uno spettacolo” e diversi Teatri italiani avevano manifestato il loro interesse ma tra il Covid nel 2020 ed alcuni impegni cinematografici del 2021 e del 2022 ho potuto recitare ques’opera solo al TeatroOlimpico di Vicenza e al Teatro di Donna Fugata a Ragusa Ibla. L’anno scorso è poi arrivata la richiesta da parte dell’amica Andrée Shammah, con la quale ho lavorato sempre con grande piacere e soddisfazione, per queste date di Milano.

    Tra i 10 personaggi che interpreta ce n’è qualcuno che interpreta con maggiore empatia?

    In realtà no e le spiego il perché. Questo spettacolo richiede sia un esteso e profondo lavoro tecnico, sia che ci si lasci andare e ci sia abbandoni, proprio come quella volta in cui ebbi l’ispirazione di scriverlo. Perché è abbandonandosi che escono meglio fuori gli aspetti dei vari personaggi, gli aspetti del maschile e del femminile. Di un maschile aggressivo come di un femminile aggressivo, vedi quello di Lady Macbeth o di un femminile che si lascia sopraffare, come quello di Ofelia. Insomma, ci sono tante sfumature e mi piace interpretarle tutte con egual interesse e passione.

    C’è qualcosa che attraverso quest’opera le piace comunicare?

    Non in modo specifico. L’obiettivo che ha un qualunque progetto teatrale, è sempre lo stesso, ovvero mettere in scena uno o più aspetti dell’umana condizione nella speranza che lo spettatore possa rispecchiarsi in quella situazione e vederci qualcosa, sentire qualcosa, riflettere su qualcosa. L’obiettivo è solo questo.

    Consigli per le giovani attrici e i giovani attori?

    Dunque, Farei mio il consiglio che dette Katharine Hepburn ad una giornalista quando le fecero più o meno la stessa domanda molti anni fa, rispondendo “Ci vuole una salute di ferro!”. Ho sempre trovato questa risposta geniale perché è vero che facciamo un lavoro che ci dà tanto ma tanto anche ci leva. L’altra cosa che vorrei dire è che quando si ha un sogno, un sogno artistico, che si tratti di scrivere, di recitare, di comporre musica, lavorare con i colori o con le forme se veramente ti prende lo devi fare, costi quel che costi. Quando lavoravo a New York, ad un certo punto il mio motto era “O ce la faccio, o muoio!”. Ero così innamorata del personaggio di Nina, dell’opera “Il Gabbiano” di Čechov (che ho recitato nella primavera del 1980) che dentro di me pensavo che se lei era stata disposta a fare delle rinunce per raggiungere il suo scopo, lo avrei fatto anch’io. Con l’assolutismo della gioventù io mi ripetevo che volevo recitare e quindi per farcela accettai qualsiasi lavoro, anche pesante, prima di poter iniziare a vivere del mio lavoro di attrice. Non me ne importava. Potevo anche morire donna di servizio o anche operaia. O ce la facevo così, lavorando e studiando, oppure no. Ed ho seguito questa strada perché l’altra, ovvero quella di cercare contatti e amici tramite una strategica frequentazione di persone non è mai stata la mia “materia”, il mio modo di fare. Per me la ricerca verso la recitazione era tutto quello che sentivo dentro. Quello che mi scatenava l’incontro con i testi, sia classici che contemporanei: immagini, idee interpretative e una appassionata voglia di comunicare con gli altri, con un pubblico. Questo è quello che m’interessava e questo è tutto quello che ho fatto. Per cui ai giovani direi: “se avete dubbi, smettete e fate altro”. Mi spiego meglio. Se pensate di non riuscire ad avere successo. Se, al contrario, perseguite il vostro sogno con tenacia ma avete dubbi sulla vostra bravura come attori, beh! Questo è normale. Questo tipo di dubbi vi accompagnerà in tutta la vostra carriera. Ancora oggi che devo debuttare in questo spettacolo a Milano mi chiedo tutti i giorni se sarò all’altezza o meno. E quindi, alla risposta della Hepburn, nel rispondere ai giovani di oggi, aggiungerei forse una parola, ovvero “ci vogliono una volontà ed una salute di ferro”.

    Grazie per il prezioso tempo dedicatoci. Verremo a vederla al teatro con grande piacere.

    Grazie a voi

    Date e Orari
    Giovedì 6 Aprile h 20:30

  • Il teatro è adesso

    Il mondo del teatro, come quello degli eventi dal vivo, è fermo da quasi un anno. I lavoratori del settore sono più di mezzo milione e a rischio non c’è solo la loro sussistenza ma tutti i benefici che le arti dal vivo (e da vivi) portano alla società. Dall’arricchimento individuale e comunitario alla capacità di elaborare e condividere gioie e dolori. Cose tutt’altro che trascurabili. Se gli italiani hanno saputo fin da subito, a differenza di altri popoli (e se pur derisi da altri popoli), esprimere dal vivo, senza inibizione alcuna, dai loro balconi, le loro migliori performance teatrali e musicali è forse proprio perché è a partire dalle relazioni dal vivo (prima ancora che social) che si è sentita la necessità di dare forza al paese e l’esigenza di esorcizzare il grave lutto per la momentanea perdita delle relazioni interpersonali. Tutti d’accordo sul fatto che la priorità sia l’emergenza sanitaria ma dobbiamo essere anche tutti d’accordo sul fatto che l’industria culturale debba essere considerata alla pari degli altri settori produttivi. Cosa che in questo momento non sta avvenendo. Sul tema ho avuto modo e il piacere di poter intervistare il giornalista RAI Alessandro Gaeta, autore di reportage per Speciale Tg1 e Tv7, da sempre vicino al mondo del teatro il quale sta aiutando il Collettivo Natasha nella raccolta fondi per concludere il documentario indipendente e autoprodotto intitolato “Il teatro è adesso”.

    Come nasce il docu-film intitolato “Il teatro è adesso”?

    Nasce dalla consapevolezza che sulla chiusura dei teatri avvenuta a causa della pandemia ormai un anno fa non si è acceso nell’opinione pubblica alcun campanello d’allarme. Eppure dodici mesi di stop allo spettacolo non solo vuol dire migliaia tra autori, registi, attori e tecnici rimasti senza lavoro ma rappresenta anche una ferita profonda inferta alla formazione culturale di questo paese e al suo vivere sociale. Bisogna intervenire con urgenza. Per questo il titolo richiama il pensiero dell’attrice Judith Malina co-fondatrice del Living Theater (Il Living Theatre è una compagnia teatrale sperimentale contemporanea, fondata a New York nel 1947, n.d.r.)

    Secondo te perché è avvenuta questa distrazione collettiva?

    Tutti presi dalle cronache della pandemia e ormai affetti dalla sindrome di chi tende a guardarsi solo dentro e attorno al proprio ombelico, i grandi mezzi d’informazione distratti dai dibattiti spesso sterili e fini a sé stessi che agitano i social, hanno abdicato al loro compito primario che sarebbe quello di far emergere i grandi problemi di questo paese. Si tratta di un grande lavoro di scavo e di interpretazione dei malesseri sociali che il giornalismo italiano ormai svolge sempre più di rado

    E la politica?

    La politica si alimenta sempre meno sui giornali e sempre più sui social. Insegue i like e si cura dei problemi reali solo quando riguardano o interessano grandi masse di “amici” su Facebook o di followers su Instagram. Se di un tema non se ne parla abbastanza su internet difficile che la politica se ne occupi. Con una informazione così polarizzata e superficiale è chiaro che la crisi del teatro fatica a trovare spazio.

    Raccontaci del documentario

    Lo sta realizzando il Collettivo Natasha, un gruppo di autori e tecnici televisivi che coltiva progetti di reportage e documentari autoprodotti. Ho raccontato loro del dibattito tra la gente di spettacolo che nel primo lockdown infiammava la piattaforma Zoom e hanno colto subito l’urgenza di dare visibilità ai rischi che corre il teatro.

    Quali rischi?

    I rischi sono tanti ma quello che più di altri si fa fatica a comprendere è che la chiusura dei teatri non genera solo la perdita di introiti e di migliaia di posti di lavoro molto qualificati ma ferma e sterilizza la creazione. La vita della gente di spettacolo è fatta di immateriale, di idee che nascono e si sviluppano nel tempo, contrassegnato dalle scadenze dei bandi e dai calendari teatrali. Un tempo per la creazione, che spesso non è né considerato né retribuito. A maggior ragione oggi che non si sa quando i teatri torneranno ad alzare il sipario.

    È stata avviata una campagna di raccolta fondi (crowfunding)? Con quale scopo?

    Non solo la possibilità di riuscire a concludere la realizzazione del documentario ma quello di rompere il silenzio attorno ai rischi che corre il teatro e in generale tutto lo spettacolo dal vivo. Ci auguriamo che i sostenitori de “Il teatro è adesso” non si preoccupino solo di finanziare questo progetto ma che si facciano portavoce delle tematiche che il documentario racconta. Per questo, come la firma sotto una petizione, tutti i sostenitori – anche quelli che parteciperanno con pochi euro- saranno citati uno per uno nei titoli di coda. Questo è il sito dove poter contribuire liberamente alla realizzazione di questo progetto: https://www.produzionidalbasso.com/project/il-teatro-e-adesso/

  • Arroganza, abusi e canagliate di una dittatura

    Le più grandi canagliate della storia non sono state commesse
    dalle più grandi canaglie, ma dai vigliacchi e dagli incapaci.

    Georges Bernanos

    Il 17 maggio scorso, prima dell’alba e dopo un assalto delle forze speciali della polizia di Stato, delle giganti ruspe hanno abbattuto l’edificio del Teatro Nazionale nel pieno centro di Tirana. Hanno colpito, hanno offeso e ingiuriato, hanno trascinato con forza e maltrattato fisicamente delle persone inermi e pacifiche che non avevano posto nessuna resistenza. Il nostro lettore è stato informato l’indomani stesso di quell’oscenità accaduta notte tempo nel pieno centro della capitale albanese (I vigliacchi della notte hanno distrutto il Teatro Nazionale, 18 maggio 2020). Si è trattato proprio di un vigliacco atto banditesco, che ha scosso profondamente l’opinione pubblica. Con quell’atto è stato dimostrato pubblicamente che in Albania non esiste più lo Stato di diritto. E non esiste neanche lo Stato legale. In Albania la dittatura ha mostrato tutta la sua brutalità. Quanto è accaduto il 17 maggio scorso è stata un’eloquente dimostrazione e una inconfutabile testimonianza dell’arroganza di una consolidata e funzionante dittatura. Un atto banditesco quello che, dopo essere stato reso noto, ha suscitato immediate e unanime reazioni di condanna anche da parte dei media e delle istituzioni internazionali. Con l’abbattimento notturno dell’edificio del Teatro Nazionale, i barbari hanno abbattuto e seppellito anche la storia legata a quell’edificio. Hanno cancellato definitivamente e come se niente fosse, a colpi di ruspe, dei preziosi Valori storici, artistici, architettonici, urbanistici ed altri. Bisogna sottolineare che Tirana, dichiarata capitale soltanto nel gennaio del 1920, prima era una città costruita, da qualche secolo, secondo i canoni dei centri abitati balcanici. Gli ideatori di quell’atto barbaro hanno annientato, allo stesso tempo, anche un edificio dove sono stati commessi i primi atti della “giustizia popolare” da parte della dittatura comunista contro i loro reali e/o presunti avversari futuri. Perché è stato proprio in quell’edificio che, nel 1945, si sono svolti i primi processi con i quali il nuovo regime ha eliminato fisicamente tutti coloro che la pensavano diversamente. Dando così inizio ad un lunghissimo e molto sofferto periodo di terrore e di estreme privazioni dei diritti e delle libertà umane per gli albanesi. Quel 17 maggio però, insieme con l’edificio del Teatro Nazionale, hanno abbattuto anche un altro edificio, identico come facciata, un suo “gemello”. Tutti e due erano parti integranti di un solo complesso, progettato da un noto architetto italiano dell’epoca e costruito a fine anni ’30 del secolo passato. Un complesso chiamato il Circolo Scanderbeg, in onore dell’eroe nazionale albanese. L’edificio “gemello”, dall’inaugarazione del Circolo nel maggio del 1939, è stato la sede dell’Istituto degli Studi albanesi. In quell’edificio, durante la dittatura, hanno avuto la loro sede diverse istituzioni di studi albanologici ed altri. Tutti e due sono stati brutalmente abbattuti il 17 maggio scorso!

    La resistenza e la protesta quotidiana dei semplici e consapevoli cittadini e degli attivisti dell’Alleanza per la Difesa del Teatro per circa 27 mesi andava oltre la difesa dell’edificio stesso. Una protesta quella, unica nel suo genere non solo in Albania, è stata prima di tutto, una protesta contro la Dittatura. Perché, dopo i tanti inquietanti ed allarmanti segnali e dopo tutto quanto è realmente accaduto durante questi ultimi anni, cresceva anche la consapevolezza dei cittadini a reagire determinati contro, per impedire il peggio. Perché, con il passare del tempo, diventava sempre più evidente che in Albania si stava consolidando una nuova dittatura sui generis. Una dittatura gestita dal primo ministro, il quale, dati e fatti realmente accaduti, documentati e denunciati, risulterebbe essere il “rappresentate ufficiale” di un’Alleanza occulta che raggruppa il potere politico, la criminalità organizzata e certi famigerati clan internazionali. Si tratta di una dittatura insidiosa e pericolosa perché viene camuffata da un “pluralismo e pluripartitismo” di facciata che il primo ministro e la sua ben organizzata e radicata propaganda l’hanno fatto promuovere, in Albania e all’estero, soprattutto presso alcune istituzioni e/o alti rappresentanti dell’Unione europea, come una “democrazia in continuo sviluppo” e una “storia di successo del funzionamento dello Stato”. Proprio contro quella insidiosa e pericolosa dittatura che si stava paurosamente consolidando in Albania, i cittadini e gli attivisti consapevoli hanno quotidianamente resistito e protestato dal febbraio 2018 e fino al 17 maggio 2020, in quella piazzetta a fianco dell’edificio del Teatro Nazionale a Tirana. Invece il barbaro assalto e l’abbattimento di quell’edificio, notte tempo, miravano, oltre al raggiungimento di altri futuri obiettivi abusivi, corruttivi e criminali, anche di attutire e di annientare quella resistenza e quella protesta che stava smascherando la falsità della propaganda governativa e stava gridando delle scomodissime verità. Adesso, dopo le oscenità del 17 maggio scorso, per tutti i cittadini che ripudiano la dittatura è tempo di dire, di gridare proprio le vere verità. Le verità su tutto ciò che è accaduto e che sta accadendo. Ma è anche il tempo in cui ognuno deve prendere le proprie responsabilità e agire di conseguenza! Prima di ogni altra cosa, adesso in Albania si dovrà trovare una soluzione fattibile per uscire da questa allarmante realtà. Ormai è diventato indispensabile e vitale, è diventato obiettivo unico, affrontare e sconfiggere la dittatura!

    Dal 17 maggio e durante tutta la settimana scorsa, dopo aver abbattuto l’edificio del Teatro Nazionale, il primo ministro e la propaganda governativa, trovatisi in grandi difficoltà, stanno cercando in tutti i modi, di “ammortizzare l’effetto” di quel barbaro assalto e dell’abbattimento dell’edificio. Stanno cercando di ingannare di nuovo, e come al solito, l’opinione pubblica. Stanno cercando di inventare, di sana pianta, e di diffondere un’altra verità, una “verità sostitutiva” a quella reale. Il primo ministro, seguito dal sindaco della capitale, dal ministro degli Interni e da altri succubi e vigliacchi funzionari delle istituzioni governative e statali, polizia di Stato compresa, stanno mentendo per coprire e negare tutte quelle oscenità che hanno fatto. In loro supporto si sono schierati anche i soliti analisti e opinionisti a pagamento e a servizio diretto del primo ministro. Loro tutti, primo ministro in testa, stanno facendo l’impossibile, in modo che le loro bugie, la loro “verità sostitutiva” fabbricata in fretta e furia possano annientare e cancellare dalla memoria collettiva quanto è accaduto nelle prime ore del 17 maggio in pienissimo centro di Tirana. Purtroppo in tutta questa gigantesca operazione ingannatrice sono stati coinvolti anche i soliti “rappresentanti internazionali”. Proprio quelli che adesso stanno parlando di nuovo delle “riforme”, diffondendo anche delle insinuazioni speculative e cospirative per “sconvolgere e disorientare” l’opinione pubblica. Proprio loro che non hanno detto una sola parola sulle oscenità accadute, notte tempo, il 17 maggio scorso. Anzi, una di loro, l’ambasciatrice statunitense, quel giorno ha “postato” dei fiori tramite le reti social! Proprio quei “rappresentanti internazionali”, che intervengono per delle futili cose e che non hanno fatto della discrezione e della riservatezza istituzionale il loro modo di svolgere il mandato, hanno taciuto di fronte all’arroganza, agli abusi e alle canagliate di una dittatura dal 17 maggio ad oggi!

    Chi scrive queste righe considera il primo ministro e i suoi leccapiedi, nonostante le apparenze, dei miseri vigliacchi e incapaci. Lo hanno dimostrato in diverse occasioni, pubblicamente note. Ma sembrano forti perché si servono degli strumenti della dittatura, sistema di giustizia e polizia di Stato compresi. Egli non smetterà mai di ripetere quanto ha detto Bejnamin Franklin. E cioè che ribellarsi ai tiranni significa obbedire a Dio! Anche contro i tiranni in Albania!

  • Teste Inedite – edizione 2020

    Teste Inedite – 2020 è la quarta edizione della rassegna di spettacoli originali realizzati da Autori, Registi, Attori ed Organizzatori della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi con la direzione artistica di Tatiana Olear.

    L’edizione 2020 di Teste Inedite andrà in scena il prossimo luglio negli spazi della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi.

    Teste inedite trae origine dal laboratorio di scrittura di Tatiana Olear condotto con e per il 3° anno del Corso Autore Teatrale che ha come obiettivo principale, per ciascun allievo, l’ideazione e la stesura completa di un testo originale pronto per la messa in scena. Durante il laboratorio di scrittura, ogni allievo è libero di esplorare il proprio territorio tematico e semantico, mettere a fuoco i propri interessi e tradurli in un testo teatrale che sarà libero di restituire nella forma più consona al proprio cammino artistico.

    Alla fine del percorso i testi, preventivamente vagliati ed approvati da una commissione interna, verranno messi in scena – in ottemperanza al criterio di interdisciplinarietà che è caposaldo della didattica della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi – con la partecipazione del 3° anno corso Regia e Recitazione (AFAM) e con la collaborazione del 1° anno corso Organizzatore dello Spettacolo, grazie allo sforzo produttivo della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi che si avvale della collaborazione di altre importanti istituzioni formative milanesi.

    Per la realizzazione della rassegna Teste Inedite – edizione 2020, la Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi valuta la candidatura di registi under 35 per sopperire alla disparità numerica tra autori e registi diplomandi, al fine di assicurare la messa in scena di tutti i testi prodotti dagli allievi autori.

    Periodo di svolgimento della collaborazione

    Dal 31 marzo al 31 ottobre 2020 con il seguente impegno:

    31 MARZO 2020 // Presentazione dei progetti ai diplomandi autori e ai docenti tutor della rassegna
    APRILE 2020 (tra 01 e 08 e tra il 20 e il 30) // Elaborazione di un piano di regia da perfezionare assieme al diplomando autore e in collaborazione con il personale tecnico della scuola attraverso incontri da concordare
    MAGGIO 2020 (tra il 12 e il 30) // organizzazione di provini su parte per i diplomandi attori (1 giornata) e eventuale proseguimento del lavoro preparatorio attraverso incontri da concordare
    26 MAGGIO // prima riunione tecnica per il singolo progetto
    GIUGNO 2020 // 03 giugno: seconda riunione tecnica per tutta la rassegna
    22 GIUGNO – 24 LUGLIO 2020 // prove e allestimento dello spettacolo incluse 2 repliche interne alla scuola
    OTTOBRE 2020 (date ancora da definirsi)
    Ripresa dello spettacolo nell’ambito della Rassegna MORSI 2020, nella sala Teatro della Scuola.

    Competenze richieste

    Esperienza nella direzione degli attori, capacità di gestire in autonomia gli aspetti artistici e tecnici dell’allestimento, capacità di elaborare piano di produzione, piano prove e ordini del giorno, coordinandosi con i responsabili della scuola e dei suoi partner.

    Modalità di partecipazione

    Invio del proprio curriculum vitae entro e non oltre le ore 12:00 di venerdì 20 marzo 2020 all’indirizzo info_teatro@scmmi.it

    Selezione

    La selezione si svolgerà sulla base del materiale ricevuto (il cv).
    I candidati selezionati riceveranno la conferma entro martedì 24 marzo. Assieme alla conferma saranno inviati loro due testi dei diplomandi autori. I testi sono per due / tre attori. Su ciascun testo ogni candidato dovrà formulare un’idea di progetto low cost e prepararsi a presentarla.
    La Scuola si riserva la possibilità di un eventuale colloquio con i candidati selezionati.

    Compenso

    La retribuzione prevista è un forfait di 1.500 euro lordo lavoratore non trattabili.

  • Palcoscenico salvato

    Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte.

    William Shakespeare; “Il mercante di Venezia”

    Per la prima volta dopo più di un anno, da quando cioè, in seguito ad un abusivo ordine governativo, il Teatro Nazionale è stato chiuso, sabato scorso è ripresa l’attività artistica. Sul palcoscenico di una sala pulita e messa in ordine poco prima che iniziasse lo spettacolo dai cittadini che ogni sera si radunano sulla piazzetta del Teatro è salito un attore che ha recitato un monodramma. La scelta non è stata casuale, visto il suo contenuto molto attuale e significativo. È stata una sfida diretta al primo ministro. Una sfida alla sua arroganza, istituzionale e personale, nonché al suo operato peccaminoso. Una sfida diretta a lui che, da tanti anni, ha fatto di tutto per demolire quell’edificio con la scusa di essere impraticabile perché pericolante e non adatto a spettacoli teatrali, perché non soddisfaceva i parametri tecnici richiesti. Sabato scorso si è dimostrato, tra l’altro, che quella sala rimane tuttora una delle migliori in Albania, anche per la sua acustica, nonostante le continue bugie denigratorie del primo ministro, dei suoi sottomessi e della frenetica propaganda governativa. E nonostante lo avessero volutamente trascurato come edificio, in modo che degradasse con il tempo per poi giustificare la demolizione. Quanto è accaduto sabato scorso, 27 luglio, in quella sala, ha dimostrato il contrario. La sala riempita di spettatori, molti dei quali anche in piedi, è stata la migliore risposta all’occulto e abusivo progetto personale di lunga data del primo ministro per distruggere quell’edificio e poi costruire delle torri in cemento armato nel pieno centro di Tirana. I cittadini hanno finalmente capito tutto e sono veramente indignati. Ragion per cui prima che iniziasse la recitazione di sabato scorso sul palcoscenico del Teatro Nazionale tutti gli spettatori in coro hanno cominciato a gridare “Teatro, Teatro” e “Abbasso la dittatura!”.Tutto ciò dopo che per tutto mercoledì scorso, fino a sera tardi, i cittadini e gli artisti non hanno permesso il compimento di un atto vergognoso e pericoloso, cominciato lo stesso giorno, di prima mattina. Atto che dovevano portare a compimento le ingenti forze speciali della polizia di Stato che avevano circondato l’area intorno al Teatro Nazionale. Come se si trattasse di un allarme di elevato pericolo derivante da attacchi terroristici. Invece no. Hanno circondato l’area, ben intenzionati ad agevolare lo svuotamento dell’edificio del Teatro Nazionale. Per poi portare finalmente al compimento il diabolico, corruttivo e scandalistico progetto del primo ministro. Proprio quel progetto ideato vent’anni fa, quando lui era ministro della cultura. Da allora quel progetto è diventato una sua idea fissa ma mai realizzata, grazie soprattutto alle diverse proteste e le contestazioni degli artisti e dei cittadini agli inizi degli anni 2000. Ma da allora le ragioni che hanno sempre spinto il primo ministro a voler realizzare quell’osceno delitto urbanistico sono aumentate. Ed è aumentato enormemente anche il suo potere decisionale. Perché ormai lui controlla quasi tutto, diventando così un autocrate che sta portando l’Albania verso un nuovo regime. Una nuova dittatura gestita da lui, in stretta alleanza con la criminalità organizzata e con certi poteri occulti. Ormai ci sono molto fondate e convincenti ragioni per credere che il progetto di demolire il Teatro Nazionale e poi costruire, al suo posto, dei grattacieli in pienissimo centro della capitale, non è prima di tutto una scelta architettonica. È bensì una scelta che permetterebbe il riciclaggio del denaro sporco. Si tratterebbe di miliardi di euro, provenienti dai traffici illeciti delle droghe e altre attività criminali e di corruzione.

    All’inizio di giugno dell’anno scorso, per portare a compimento il progetto, in Parlamento è stata approvata una legge speciale, solo con i voti della maggioranza governativa. Proprio quella legge che doveva permettere l’attuazione del sopracitato progetto abusivo, clientelistico e corruttivo del primo ministro. Una legge in palese violazione della Costituzione e delle leggi in vigore, ma che non poteva essere contestata più presso la Corte Costituzionale, semplicemente perché quella Corte non funzionava più. E non per caso, come è stato dimostrato chiaramente da circa due anni ormai, in tante altre occasioni. Una legge che non è stata mai decretata dal presidente della Repubblica e che viola anche le normative europee, essendo l’Albania un paese che ha firmato l’Accordo di Stabilizzazione e Associazione con l’Unione europea. Ma per garantire la riuscita di quella diabolica impresa e scavalcare i tanti palesi e insormontabili ostacoli legali, hanno trovato la soluzione tramite la legge speciale. Proprio di quel tipo di leggi che, come prevede la Costituzione, si adoperano soltanto in casi eccezionali, come conflitti armati, invasioni e altre determinate e previste emergenze. Mentre fare una legge speciale per la demolizione del Teatro Nazionale e passare tutta l’area ad un privato prescelto dal primo ministro, per poi costruire dei grattacieli, era tutt’altro che un caso eccezionale e/o un’emergenza! Era però chiaramente una legge che permetteva di prendere due piccioni con una fava. Prima si garantiva il riciclaggio di enormi quantità di denaro sporco da investire in edilizia e poi si garantivano, a lungo andare, “puliti” guadagni, altrettanto enormi, dai ricavati delle attività svolte in quegli edifici. Intanto la misera scusa del primo ministro e dei suoi ubbidienti sostenitori pubblici riguardo la mancanza dei fondi pubblici per finanziare la ricostruzione dell’edificio del Teatro Nazionale fa ridere anche i polli in Albania. Di tutto ciò il lettore è stato informato a tempo debito e a più riprese, dal giugno 2018 in poi (Patto Sociale n. 316, 361 ecc,). Durante questi ultimi giorni anche i media internazionali stanno rapportando con professionalità su quanto sta accadendo. Nel frattempo però, nessuno dei soliti “rappresentanti internazionali” in Albania si è reso conto di tutto ciò. Sono gli stessi che, in simili casi gravi, non vedono, non sentono e non capiscono niente. Chissà perché?! Intanto, il 24 luglio scorso, i rappresentanti dell’Alleanza per la difesa del Teatro hanno scritto una lettera al Parlamento europeo, informando su quanto stava accadendo quel mercoledì. Con quella lettera si chiedeva urgentemente, a chi di dovere, “l’appoggio politico, istituzionale, morale ed umano” affinché “questo progetto culturicida del governo albanese venisse fermato prima che fosse tardi’.

    Il 17 giugno scorso, trattando quanto stava succedendo da un anno con la protesta in difesa del Teatro Nazionale, l’autore di queste righe scriveva che in tutto ciò si doveva tanto alle anime nobili dei semplici cittadini e di alcuni artisti e registi. Dopo mercoledì della scorsa settimana ancora di più. Egli continua ad essere convinto anche che quanto accade ogni sera sulla piazzetta del Teatro è la metafora di quello che accade realmente e quotidianamente in Albania.

    Chi scrive queste righe esprime la sua profonda soddisfazione perché, per l’ennesima volta e grazie alla resistenza consapevole dei cittadini e di quegli artisti che non hanno venduto l’anima e la dignità umana e professionale, il palcoscenico del Teatro Nazionale è stato di nuovo salvato. Ed è convinto che, come scriveva Shakespeare, il mondo continuerà ad essere considerato come un palcoscenico, dove ognuno deve recitare la sua parte. Ognuno, senza eccezione alcuna.

  • Continua da più un anno la protesta in difesa del Teatro nazionale di Tirana

    Peccare di silenzio, quando bisognerebbe protestare, fa di un uomo un codardo.

    Ella Wheeler Wilcox

    È passato ormai un anno dall’inizio della più lunga protesta quotidiana, tuttora in corso, svolta in Albania. E forse rappresenta un caso più unico che raro anche in altre parti del mondo. Una protesta pacifica che ogni sera si svolge nel pieno centro di Tirana. È la protesta alla difesa del Teatro Nazionale.

    Nei primi giorni del febbraio 2018 il primo ministro albanese ha fatto sapere la sua intenzione di demolire il Teatro Nazionale per costruire alcune torri in cemento armato. Il che ha suscitato subito la reazione degli artisti e dei cittadini che cominciarono a protestare. Si tratta di un vero e proprio affare corruttivo, clientelistico, di abuso del potere, di speculazione edilizia e ormai, dati e fatti alla mano, sembrerebbe che si tratti anche di riciclaggio di denaro sporco. In tutto ciò il primo ministro, recidivo, non ha fatto altro che ritentare con arroganza e aggressività, da una posizione di forte potere [abusivo] istituzionale, quello che non era riuscito a fare anni fa. Aveva sempre fallito in una simile impresa, grazie alla resistenza e alle proteste degli artisti e dei cittadini, prima come ministro della cultura e poi come sindaco di Tirana agli inizi degli anni 2000. Da un anno ormai lui sta riprovando con tutti i modi di averla vinta. Ragion per cui dal 15 giugno 2018 ad oggi, nella piazzetta del Teatro Nazionale, in pieno centro di Tirana, ogni sera si protesta pacificamente contro questo diabolico, corruttivo, criminale e personale progetto del primo ministro.

    L’edificio del Teatro Nazionale, progettato da un noto architetto italiano in stile razionalista e costruito nel 1938, ha un indiscusso valore storico e culturale. Bisogna sottolinea che l’Albania, fino al 1912, era un territorio lasciato al controllo dei feudatari locali, alle periferie dell’impero ottomano. Tirana invece veniva proclamata capitale nel 1920. Fino ad allora era una città di alcune migliaia di abitanti. Dalle testimonianze storiche risultava una città con delle abitazioni basse, costruite soprattutto con mattoni di terra battuta e circondate da alberi. L’urbanizzazione della capitale e le prime costruzioni degli edifici amministrativi e pubblici sono cominciate negli anni ’30 del secolo passato, per opera di noti urbanisti e architetti italiani,tra cui anche l’edificio che diventò, nel 1947, il Teatro Popolare, per poi divenire il Teatro Nazionale dopo il crollo della dittatura comunista.

    L’autore di queste righe scriveva un anno fa che “…Il Teatro Nazionale non è semplicemente un edificio e basta. Il Teatro Nazionale rappresenta la storia della nascita e dell’evoluzione di tutte le arti sceniche in Albania. Quell’edificio, progettato da noti architetti italiani a fine anni ’30 del secolo passato, dal 1945 in poi è stata la culla di tutte le scuole artistiche albanesi. Lì hanno debuttato l’orchestra filarmonica, il circo e il teatrino delle marionette. Il Teatro rappresenta, però, anche un importante aspetto umano, spirituale ed emozionale, non solo per gli attori e altri che hanno lavorato lì, ma per tante altre persone di diverse generazioni. Il Teatro è parte integrante della storia della capitale, dichiarata come tale soltanto nel 1920. Perciò abbattendo quell’edificio, si abbattono, si distruggono e si perdono per sempre tutti questi valori. Semplicemente per far guadagnare miliardi ad alcuni farabutti…. ” (Patto Sociale n.316).

    Nonostante tutto, un anno fa il primo ministro, per riuscire nel suo progetto, è andato oltre ogni limite. Ha portato in parlamento una legge speciale per approvare la demolizione del Teatro Nazionale. Una legge assurda da ogni punto di vista, in palese violazione con quanto prevede la Costituzione e le leggi in vigore. Una legge che urtava anche con quanto prevedono le normative europee, essendo l’Albania un paese che mira all’adesione nell’Unione europea. Una legge che, essendo “speciale” però, cercava di “scavalcare” le procedure normali e farsi approvare in fretta. E così è stato. In piena estate dell’anno scorso, con soltanto i voti della maggioranza governativa, è stata approvata la legge “speciale”, fortemente voluta dal primo ministro. Il presidente della Repubblica però, a fine luglio 2018, non decretò la legge “speciale” per la demolizione del Teatro Nazionale. In più il presidente, con un lungo documento e in un modo del tutto esauriente, ha reso note tutte le spiegazioni e le argomentazioni legali che lo hanno portato ad una simile decisione.

    Le pressioni sul primo ministro per desistere da un simile progetto aumentavano. Pressioni che arrivavano anche dalle strutture dell’Unione europea, da noti media internazionali, nonché da gruppi e/o singoli artisti e specialisti europei. Ha reagito anche la nota organizzazione Europa Nostra, collaboratrice ufficiale dell’UNESCO e di altre istituzioni europee, che rappresenta una ben strutturata e folta rete di altre organizzazioni che si occupano del patrimonio culturale in Europa. La sua reazione si riferiva alle assurde, ridicole e del tutto infondate pretese del primo ministro, dei suoi ubbidienti luogotenenti e della propaganda governativa. Pretese che negavano del tutto il valore storico, culturale, architettonico e spirituale dell’edificio del Teatro Nazionale. In una sua lettera, il 19 giugno 2018, indirizzata al primo ministro, il presidente esecutivo di Europa Nostra considerava “allarmante la decisione di demolire il Teatro Nazionale”. Egli evidenziava anche che quell’edificio ha un “importante valore culturale e architettonico in Europa”. Gli unici che non hanno detto niente contro questo abusivo e osceno progetto del primo ministro albanese sono stati, come sempre, i soliti “rappresentanti internazionali”. Come sempre, loro non vedono, non sentono e non capiscono niente in casi simili, in cui si coinvolgono il primo ministro, le istituzioni governative e/o chi per lui. Chissà perché?!

    In seguito, durante l’autunno 2018, con dei palesi trucchi e inganni legali, i deputati della maggioranza approvarono in modo definitivo la legge “speciale” per la demolizione del Teatro Nazionale. Nel frattempo, la protesta quotidiana cominciata il 15 giugno 2018 è continuata ad oltranza e pacificamente e così sarà finché non ci sarà garantita definitivamente la sua incolumità. E mentre continua, questa protesta è stata ed è una sfida e una prova anche per i diretti interessati. E cioè per gli artisti e altri del mondo del teatro. Durante quest’anno di protesta molti di loro hanno venduto l’anima per dei piccoli e meschini interessi del giorno. Perché il primo ministro e i suoi, per annientare la protesta, hanno messo in gioco molti mezzi, milioni compresi. Questa protesta ha mostrato anche degli interessi perfidi, di non pochi rappresentanti e attivisti della castrata “società civile”. Quei mercenari, avidi del microfono e della pubblicità, hanno seguito soltanto i loro interessi personali e non della società!

    Chi scrive queste righe è convinto che la protesta per la difesa del Teatro Nazionale deve tanto alle anime nobili dei semplici cittadini e di alcuni artisti e registi. Egli pensa che quanto accade ogni sera sulla piazzetta del Teatro è la metafora di quello che accade quotidianamente in Albania. Egli è inoltre speranzoso perché, invece di peccare in silenzio, da più di un anno semplici cittadini responsabili, non essendo codardi come altri, protestano per una causa giusta. Potrebbe essere un buon inizio di un lungo e indispensabile cammino democratico contro la restaurazione della dittatura.

  • Futuristi per caso – il nonsense da Marinetti a Jannacci

    Rilettura ironica e poco convenzionale del futurismo italiano, Futuristi per caso, in scena il 16 e 17 gennaio allo ‘Spazio Teatro No’hma Teresa Pomodoro’ di Milano, è uno sgangherato e serissimo varietà che unisce prosa e musica per divertirsi e pensare a un passato in cui tutto sembrava ancora possibile. Attraverso le musiche di Rodolfo De Angelis, Renato Rascel, Franco Nebbia, Enzo Jannacci, Gino Negri e Franco Battiato, vengono riscoperti i testi dei celebri autori futuristi come Marinetti, Folgore, Palazzeschi, Petrolini, Nebbia, D’Annunzio, Guerrini, Lear e Majakovskij. Lo spettacolo porta in scena il rifiuto della logica, il gusto per le “parole in libertà” e la possibilità di essere colti sghignazzando. Futuristi per caso è appunto, un nonsense che parte dal manifesto di Marinetti per giungere agli splendidi testi di Jannacci. Di Roberto Recchia, arrangiamenti musicali Alessandro Nidi. Con Roberto Recchia, Alessandro Nidi al pianoforte, Pastachutte Ensemble. Musiche di Rodolfo De Angelis, Renato Rascel, Franco Nebbia, Enzo Jannacci, Gino Negri, Franco Battiato. Testi di Tommaso Marinetti, Luciano Folgore, Aldo Palazzeschi, Ettore Petrolini, Ugo Nebbia, Gabriele D’Annunzio, Giovanni Guerrini, Jonathan Lear, Vladimir Vladimirovič Majakovskij.

  • Con ‘L’arte della fuga’ riparte la programmazione del No’hma di Milano

    L’anno nuovo al No’hma inizia con L’arte della fuga, uno spettacolo poetico e ironico della compagnia svizzera Il Funambolo, secondo appuntamento del Premio Internazionale il “Teatro Nudo” di Teresa Pomodoro.
    La poliedrica
    Ava Loiacono, accompagnata dalla papera Lilo e da altri complici di scena, attraversa personaggi e personalità in un viaggio alla scoperta di se stessa. A scandire la narrazione le musiche immortali di Bach, Bellini, Bizet e Čajkovskij. Un percorso alla ricerca infinita di uno spazio, fisico ed esistenziale, per non lasciarsi intrappolare dalla quotidianità.

  • Opera Nazionale Combattenti in scena allo Spazio Teatro No’hma di Milano

    Il 28 e 29 novembre alle ore 21 Principio Attivo Teatro è di scena allo Spazio Teatro No’hma con Opera Nazionale Combattenti: uno spettacolo dentro lo spettacolo, ispirato all’ultimo atto incompiuto dei I Giganti della Montagna di Pirandello. Una sgangherata e surreale compagnia di attori, fuori dal tempo ed estranea alla modernità, riflette sul rapporto tra attore e spettatore e sul ruolo di quest’ultimo.
    Una performance ironica e tagliente, che pone domande necessarie per il teatro: qual è il rapporto tra attore e spettatore? In che misura realtà e finzione si mescolano? Cosa il pubblico vuole davvero vedere in scena?

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