violenza

  • Chiapas violence: Hundreds flee cartel battles in southern Mexico

    Hundreds of people have fled their homes in southern Mexico as rival cartels fight for control of routes used to smuggle drugs and migrants.

    Locals described cowering in their homes while bullets flew through their homes during a seven-hour gun fight.

    More than 700 residents had been displaced from their communities near the Guatemala border, an official said.

    The Jalisco New Generation cartel (CJNG) is trying to wrest the area from the grip of the Sinaloa cartel.

    Criminal organisations like the CJNG and the Sinaloa cartel have been infiltrating the region because of its proximity to the border with Guatemala and important transit routes for migrants, whom they extort.

    The worst-hit communities are Chicomuselo and La Concordia in Chiapas state. Residents of Chicomuselo said 20 people – 18 gang members and two locals – were killed in a cartel battle on 4 January.

    In a statement, the community described “the pain at seeing children and youths trembling in fear and getting sick from having to live through these traumatic experiences”. They also accused the state of failing to protect them.

    However, the Chiapas state prosecutor’s office released a statement five days later saying that it had not received any reports of any killings in the area.

    The military has been deployed to the region but locals say they are now getting caught in the crossfire when the security forces confront the cartels.

    Entire families have left their homes and crossed the nearby Angostura lake by boat to escape the violence over the past days.

    Local journalists said that their villages now resembled ghost towns.

    Chiapas civil protection official Luis Manuel García Moreno told Radio Fórmula that 701 people had fled to the city of Comitán, most of them women and children.

  • L’Oms fissa a 250 dollari l’indennizzo per le donne congolesi vittime di stupro

    L’Organizzazione mondiale della sanità ha offerto un risarcimento di 250 dollari alle 150 donne in Congo che tra il 2018 e il 2020 hanno subito violenze sessuali da parte di membri dell’agenzia inviati nel Paese africano a contrastare un focolaio di Ebola. La notizia è stata fornita, sulla base di documenti riservati, dall’agenzia di stampa americana Associated Press, evidenziando che l’indennizzo è “inferiore a quanto prendono su base giornaliera alcuni funzionari delle Nazioni Unite“. Dagli stessi documenti è emerso anche che degli 1,5 milioni di dollari stanziati dall’Oms per la prevenzione degli abusi sessuali in Congo per l’anno 2022-2023, più della metà è destinata agli stipendi degli operatori, mentre solo il 35% del totale è dedicato al “supporto delle vittime”. Sempre secondo quanto denuncia Ap, alcuni ufficiali di alto livello all’interno dell’agenzia Onu sarebbero stati a conoscenza delle violenze subite dalle donne del Paese, ma non avrebbero fatto nulla per impedirli e anche a scandalo scoperto nessuno di loro è stato licenziato. Nel settembre del 2021 una commissione di inchiesta indipendente, guidata da Gaya Gamhewage, direttrice dell’Oms per la prevenzione e la risposta allo sfruttamento, all’abuso e alle molestie sessuali, aveva concluso che decine erano state abusate sessualmente centinaia di donne locali (tra cui una 13enne), che gli abusi avevano portato a 29 gravidanze e che alcuni degli autori hanno insistito affinché le donne abortissero.

    Per quanto riguarda il risarcimento invece, avendo l’Oms il divieto di elargire somme di denaro direttamente ai cittadini dei Paesi che ospitano i loro programmi, alle donne è stato richiesto di seguire dei “corsi di formazione” tra cui corsi di pasticceria e gestione dei budget prima di ottenere l’indennizzo. Un “pacchetto completo” come descritto dalla stessa Onu, per aiutare le vittime di abuso a diventare autosufficienti. Messa di fronte ai dubbi di Ap relativi all’esiguo ammontare del rimborso, l’Oms ha dichiarato di avere scelto il compenso per le vittime sulla base delle line guida globali dell’organizzazione e sulle stime del potere di acquisto in Congo, aggiungendo che in futuro chiederà alle vittime cosa fare per essere ulteriormente confortate. In un caso specifico, l’Oms avrebbe pagato per le spese mediche di una donna rimasta incinta dopo un abuso, che avrebbe ricevuto anche un lotto di terra come compensazione per il danno subito.

  • 25 novembre, quando Giulia diviene il simbolo di tutte le donne che hanno subito violenza

    Silenzio per Giulia

    Rumore per Giulia

    Azioni per Giulia

    Azioni, non più soltanto parole, più o meno pie intenzioni, strumentalizzazioni e confusioni tra posizioni ideologiche e partitiche, tra violenze diverse.

    Azioni per riportarci tutti ad una presa di coscienza, ad un impegno che deve essere personale per poter diventare collettivo.

    Nelle nostre famiglie,nei percorsi educativi e formativi, nella comunicazione mediale,nell’attività lavorativa, nell’azione politica, nello sport e nelle varie forme artistiche, nella costruzione di rapporti con gli altri bandire la violenza contro le donne, e contro i bambini, diventi, per ciascuno, l’impegno quotidiano, solo così la società cambierà.

    La strada è lunga ma ora, forse, in molti hanno cominciato il cammino

  • Una donna che, nella notte, urla aiuto, tu che fai?

    La morte di Giulia è una tragedia, prima di tutto per Giulia, per la violenza, la paura, la percezione del più atroce tradimento con il quale la sua vita è stata spezzata, poi per la sua famiglia e per tutti coloro che continuano a credere nei rapporti normali tra le persone e nella capacità delle istituzioni di isolare il male.

    Non torneremo sulle importanti manifestazioni di solidarietà, sulle nuove leggi che il governo sta varando, sulle tante considerazioni, proposte, che abbiamo sentito e ancora sentiremo: tutto utile se si raggiungerà l’obiettivo di una presa di coscienza collettiva libera da colorazioni partitiche.

    Vogliamo però cercare, con i nostri lettori, di trovare risposte ad alcune domande.

    Per quale motivo il testimone della prima aggressione che, a quanto risulta, ha visto dalla finestra Giulia presa a calci e l’ha sentita urlare disperatamente se, giustamente, ha avvertito i carabinieri, non ha ritenuto anche di intervenire direttamente, almeno urlando? Cosa gli ha impedito di effettuare un minimo tentativo di dissuasione a Filippo?

    In quanto tempo è arrivata la macchina di pattuglia? E specialmente sono state perlustrate subito le altre strade?

    La seconda e fatale aggressione a Giulia è avvenuta poco distante dalla prima, una manciata di minuti, poche centinaia di metri, una donna che urla disperatamente aiuto, tracce di sangue per terra, qualunque donna fosse stata ad urlare, a tentare di scappare, a lasciare il suo sangue sulla strada avrebbe dovuto essere cercata perlustrando immediatamente, con mezzi adeguati, tutte le strade. E’ stato così?

    In quei momenti certo non si sarebbe cercata Giulia, che ancora non risultava scomparsa col suo ex fidanzato, ma qualunque altra donna che era in pericolo e che perciò andava cercata con ogni mezzo, specie quando ormai tutti sappiamo che femminicidi e violenze sono all’ordine del giorno.

    Dei tanti buoni propositi che abbiamo sentito ci sembra che ancora manchino alcune basilari iniziative:

    1) una norma europea per mettere al bando su internet i giochi violenti, la diffusione di messaggi che portano, non solo i giovani, a trovare normale la violenza, non sarà semplice ma è necessario

    2) far comprendere ai genitori che, oltre al parental control, è non solo diseducativo ma pericoloso, per il futuro dei loro figli, mettere loro in mano, già ad un anno di età, smartphone, tablet e quanto d’altro li colleghi ad un mondo virtuale allontanandoli, non avendo ancora gli strumenti culturali necessari a decodificare notizie ed immagini, dalla realtà

    3) fare capire a tutti che bisogna crescere, far crescere i bambini ed i ragazzi, sapendo che i no fanno parte della vita, altrimenti ogni rifiuto sarà visto come una diminuzione dei propri diritti, una frustrazione delle proprie aspirazioni scatenando, di conseguenza, o rabbia e violenza o rinuncia ed isolamento.

  • La “cultura contemporanea” incapace di tutelare Giulia

    “L’’obiettivo del Salone è di osservare il mondo, individuare i temi per descriverlo attraverso la letteratura, offrire un racconto del presente”. La mission del Salone del Libro, quindi, è quella di proporre e successivamente di valutare le diverse tematiche contemporanee attraverso letture dalle quali possano scaturire confronti dialettici approfonditi. Di conseguenza ogni suo rappresentante dovrebbe esprimere, in ogni occasione, il medesimo approccio culturale come sintesi di conoscenza e competenza delle diverse tematiche che affliggono la nostra società.

    In questo contesto, invece, la direttrice del medesimo Salone, pochi giorni fa, ha affermato come considerasse umiliante per il proprio figlio avere preso tre in un compito in classe.

    Un brutto voto è giustificato da una valutazione in relazione alla esecuzione del compito, ma non dovrebbe mai rappresentare un’umiliazione perché riguarda un elaborato e non è di certo una valutazione della persona. In più rappresenta anche un avvertimento fornito allo studente per invitarlo a modificare il proprio approccio allo studio e ottenere così un rendimento migliore.

    L’affermazione del direttore del Salone del Libro, Annalena Benini, risulta invece di una gravità inaudita in quanto dimostra come il mondo che si considera culturale nella sua massima espressione consideri avvilente un semplice voto negativo.

    In altre parole, si richiede implicitamente un sostanziale appiattimento valutativo, come già in passato con il 18 garantito, generando contemporaneamente una incapacità gestionale della avversità rappresentata anche solo da un voto negativo e questo si ripercuote inevitabilmente nella formazione educativa e valoriale successiva del ragazzo.

    Non ci si rende conto che se il mondo culturale intende abituare i ragazzi, gli studenti e successivamente gli uomini ad una vita senza avversità, gli stessi di fronte al primo rifiuto di una povera ragazza che intenda chiudere un rapporto reagiranno senza alcuna esperienza in quanto saranno di fronte ad una situazione mai gestita precedentemente.

    E si pongono quindi le basi perché questi possano avere reazioni assolutamente smisurate fino arrivare al tragico epilogo della povera Giulia.

    In questo contesto, poi, in seguito al drammatico epilogo della vicenda di questa povera ragazza si sente ripetere in ogni trasmissione ed intervista affermazioni relative ad una presunta responsabilità della società patriarcale e di altre stupidaggini del genere.

    Quando è proprio il mondo della cultura nella sua massima espressione che allestisce un substrato culturale tossico tale da creare falsi supporti educativi a ragazzi i quali poi si rivelano incapaci di gestire qualsiasi minima avversità come quella di un semplice rifiuto. Questo approccio educativo rappresenta la vera ragione di reazioni assolutamente immotivate e smisurate da parte di troppi giovani.

    Tornando quindi al contesto sociale nel quale si cercano di trovare le ragioni di questo dramma, il problema è di natura culturale, laddove la cultura non rappresenta più la felice sintesi di conoscenza ed apertura al nuovo unita ad una reale competenza.

    In questi ambiti, invece, ormai domina ampiamente una espressione ideologica culturale la quale tende, in ragione di un falso egualitarismo, a negare lo stesso sistema piramidale amministrativo e annullare i ruoli formativi che nel crescere di un ragazzo vengono riconosciuti ai diversi livelli di istruzione.

    Il senso di inadeguatezza di questa cultura di matrice ideologica rappresenta il vero problema allestendo un substrato sociale all’interno del quale, poi, possono prendere forma queste aberrazioni giovanili i quali si dimostrano incapaci di gestire qualsiasi tipo di avversità.

  • La trappola del sesso online

    Si chiama gaslighting uno dei fenomeni perversi che possono avere luogo sulla rete e in particolare sui social. Si tratta della manipolazione psicologica che un individuo esercita su un altro, mettendo in discussione la sua vita, il suo vissuto, facendo dubitare la persona della sua stessa memoria, intelligenza. La continua esposizione di sé, la biografia costante che molti postano sui social, può infatti dar luogo a reazioni critiche, se non  di aperta derisione, che possono minacciare i soggetti più deboli, che cercano conferma e approvazione sui social e ricevono invece reazioni di segno avverso.

    Accanto a questo, c’è il problema, ormai classico, della pornografia vera e propria. Psicologi e psichiatri  mettono in allarme rispetto al fatto che la possibilità dell’adolescente, o addirittura del bambino, di attingere a immagini e video pornografici senza difficoltà alcuna stia modificando il rapporto delle nuove generazioni con il sesso.  Avere come paradigma la pornografia – avvisano gli esperti – ha portato i giovani a due forme di relazione antitetiche col sesso. Una percentuale importante dei ragazzi lo vive il sesso in modo inattivo, perché temono di non riuscire a competere con quello che vedono sullo schermo. Altri, all’estero opposto, trovano nella pornografia un modello aspirazionale e non esitano quindi ad assumere sostanze come il Viagra per sentirsi più performanti. La pornografia peraltro ha fatto perdere il senso di gravità di uno strupro, anche di gruppo, posto che immagini di sesso di gruppo sono ricorrenti nei film hard core (dove però tali pratiche sono svolte di norma da adulti tutti consenzienti).

    Ci sono poi il revenge porn e la pornografia a scopo estorsivo. La normalità con cui si è ormai sommersi da immagini di sesso e nudità spinge molti a filmare i propri momenti di intimità. Un diletto privato pienamente lecito finché resta tale ed è svolto col consenso di tutti i partecipanti (due o più che siano), ma che non è più lecito quando quelle immagini vengono diffuse fuori dalla cerchia dei diritti interessati. Accade, di norma, quando in una coppia o in gruppo qualcuno vuole vendicarsi di qualcun altro, tipicamente dopo la rottura di una coppia. Da tempo, peraltro, la diffusione di simili immagini può essere anche solo minacciata, con la richiesta (estorsiva) di pagare del denaro per evitare la messa in rete di tali immagini. Non è una novità, eppure accade ancora, che sui social vi siano tentativi di adescamento, inviti a spogliarsi, toccarsi e masturbarsi. Le immagini registrate di chi cade in questi adescamenti, che accadono ancora nonostante il fenomeno sia ormai notorio, vengono poi utilizzate per estorcere denaro a chi è caduto nell’adescamento (in realtà si può fare denuncia alla polizia postale, il pudore che impedisce a molti di fare denuncia consente solo a chi opera il ricatto di continuare a chiedere denaro sotto minaccia di diffondere le immagini).

    La rete offre infine nuove opportunità alla prostituzione. Il sesso mercenario online è più difficile da stroncare di quello per strada, perché non consente di multare chi accosta lungo la strada, e rende sicuramente più difficile scoprire se si sia in presenza di sfruttamento di persone obbligate a offrire il proprio corpo a pagamento. Ma l’aspetto più drammatico è che la facilità di accesso alla rete da ogni luogo consente anche a minorenni di offrirsi a sconosciuti. E’ successo, è finito sui giornali, ma ad oggi non è stata individuata soluzione per scongiurare tale eventualità.

  • Un pensiero per Giulia impone nuove scelte in famiglia e nella scuola

    Purtroppo le guerre occupano da molto tempo i nostri pensieri oltre che le pagine dei giornali e le tv.

    L’ingiustizia e la crudeltà di quel che abbiamo visto e vediamo dovrebbe indurci a riflettere meglio anche sui nostri modi di comportarci. Invece continuiamo, in troppi, ad essere distratti dalle risse politiche e quanto ci accade intorno lo viviamo spesso in modo superficiale.

    La recente tragedia di Giulia, uccisa dall’ex fidanzato, due ragazzi dalle facce pulite ma con due storie che oggi sappiamo ben diverse, ripropone la tragedia delle tante donne uccise dai propri compagni o ex compagni ma anche la necessità, per i genitori e per gli insegnanti, di essere più attenti a quanto, in apparenza, può sembrare un problema da poco e che invece si rivela poi, negli anni, una distorsione caratteriale che porta a tragiche conseguenze.

    Molte volte, negli ultimi anni, peccato non ne abbiano parlato prima, analisti, medici e scienziati stigmatizzano come il virtuale sia stato e sia per i giovani un fenomeno molto pericoloso, che spesso porta all’incapacità di vivere normalmente la realtà è che induce, in troppi casi, all’autoisolamento, all’incapacità di vedere il futuro, a credere che il presente sia quello della rete, o alla la rabbia e alla violenza che portano a gesti estremi.

    Nello stesso tempo un uso ed abuso, in giovane età, di sostanze chimiche, o di droghe pseudonaturali, e di alcol ha seri influssi sulle capacità di ragionamento e di percezione della gravità di azioni che, sotto la spinta dell’ira o del senso di abbandono, portano a conseguenze irreparabili.

    Lo psichiatra e saggista Paolo Crepet, in una intervista, si rifà anche ad eventi e problemi degli anni 70-’80: i figli di ex contestatori, diventati a loro volta genitori, non hanno spesso gli strumenti per educare i loro figli perché all’interno della famiglia di origine non è stato affrontato come risolvere le angosce, le insicurezze o le rivalse che nascono da quell’inquietudine che appartiene naturalmente all’adolescenza.

    Quando i giovani non riescono a dialogare tra di loro, se non attraverso un sistema informatico, e si perde sempre più la capacità di relazionarsi con gli altri, di accettare i propri difetti e di comprendere le ragioni altrui, diventa quasi impossibile integrarsi con il resto della società.

    Troppe volte i genitori vogliono essere amici dei figli, vogliono continuare a sentirsi giovani, non sanno trovare gli strumenti per dire ai figli quei no necessari a far crescere prima un bambino e poi un ragazzo.

    Non saper affrontare i no, che la vita comunque ti propone e proporrà sempre, non avere gli strumenti per affrontare la frustrazione di un divieto o di una sconfitta porta troppi giovani a pensare  di essere stati privati di un diritto e a vedere la società come un luogo ostile a ritenere un nemico chiunque opporrà un rifiuto a loro desideri, amorosi o di qualunque genere.

    Se la capacità educativa manca in troppe famiglie, manca anche nella scuola, dove troppi insegnanti hanno gli stessi difetti dei genitori dei loro studenti o le stesse incapacità di comprendere quei segnali che, captati per tempo, potrebbero impedire quelle tragedie che si sono verificate e che purtroppo si verificheranno ancora.

    L’incapacità della scuola di affrontare questi temi va di pari passo con il timore, la paura in alcuni casi, che alcuni insegnanti ormai hanno dei loro allievi, quando addirittura non delle famiglie degli stessi allievi.

    Sarebbe il momento di immaginare una presenza fissa, all’interno delle strutture educative, di figure in grado di affrontare le difficoltà psicologiche che hanno molti studenti, analizzando nel contesto anche la realtà familiare nella quale vivono.

  • In aumento la violenza minorile

    Negli ultimi 12 anni, secondo la direzione generale  della polizia criminale, i reati perpetrati da minori  sono aumentati  del 12% e nello stesso periodo, secondo il rapporto criminalità minorile in Italia, vi è stato  un aumento del 31% di giovani denunciati  o arrestati nel nord ovest.

    Continua ad abbassarsi l’età di chi commette crimini o violenze come dimostrano le sempre più frequenti aggressioni perpetrate da bande di ragazzini, sia a danno di loro coetanei che di adulti.

    L’arrivo di molti migranti minorenni non accompagnati, o figli di famiglie disagiate, ha aumentato il fenomeno che, dopo il covid ed i problemi causati dalla forzata mancanza di socialità e di frequentazioni scolastiche,si è ulteriormente aggravato e  ha reso ancora più evidente l’insicurezza, e la sensazione di pericolo per le persone più fragili, non solo nelle aree metropolitane.

    La violenza che porta a risse, furti, soprusi, pestaggi non è un fenomeno legato solo alle periferie e alle grandi metropoli ma si è spostato anche in città di provincia, addirittura in paesi dove si poteva presupporre che vi fosse maggior capacità di controllo ed educazione da parte  delle famiglie e della scuola.

    Vi è una sempre maggior diffusione, in età adolescenziale, del consumo di stupefacenti e di alcool e la presenza, sui social, di video che mostrano la violenza, il compimento di reati come fatti da imitare perché creano maggiore considerazione nel gruppo, ha acuito il fenomeno.

    Le bande di strada aumentano così come la diffusione di reati sessuali e di stalkeraggio e nei più piccoli cresce l’imitazione dei gesti negativi, come dimostra quanto avvenuto recentemente a Piacenza, in una terza elementare, dove un ragazzino di 8 anni, già noto per le sue eccessive turbolenze fisiche e verbali, ha reagito ad una reprimenda dell’insegnante minacciandola con un coltello.

    Da tempo gli insegnanti subiscono atti intimidatori o vere e proprie aggressioni, purtroppo a volte anche da parte dei genitori, e da tempo si parla, inutilmente, di come certi strumenti tecnologici dovrebbero non essere usati dai bambini così come non dovrebbe essere permessa, ai minori, la visione di molto di quanto trasmesso dai social.

    Troppe famiglie sembrano non in grado di occuparsi seriamente della crescita corretta dei loro figli, di non essere più in grado di vietare alcunché, troppi minorenni, anche giovanissimi, non hanno nessun controllo, figure di riferimento, remore che facciano comprendere come non può esistere una libertà totale nel disprezzo delle libertà e dei diritti altrui.

    La recente intervista, sul Corriere della Sera, al magistrato e procuratore di Napoli Nicola Gratteri dovrebbe richiamare tanta parte della politica ad occuparsi con più attenzione e a tutto campo  dell’educazione dei giovani partendo dalla scuola, dalla famiglia, dall’informazione e all’uso della rete.

    Bisogna occuparsi dei giovani, degli adolescenti, dei bambini  prima che il baratro, davanti al quale si trova la società dell’apparire, che ha spodestato la società dell’essere, diventi per tutti la tomba del futuro.

  • La convenzione di Istanbul entra in vigore per l’UE

    La convenzione di Istanbul entrerà in vigore il 1º ottobre per l’UE. La convenzione è un quadro giuridico completo volto a proteggere le donne da ogni forma di violenza, al fine di prevenire, perseguire ed eliminare la violenza sulle donne e la violenza domestica, e di attuare politiche globali e coordinate.

    Essendo l’UE nel suo complesso vincolata dalla convenzione, gli Stati membri dovranno adottare le misure necessarie. “La violenza sulle donne è una censura delle società democratiche. Una donna su tre al di sopra dei 15 anni ha subito violenze fisiche o sessuali”, ha dichiarato Vera Jourová, Vicepresidente per i Valori e la trasparenza.”Molte non lo denunciano. Molti aggressori rimangono impuniti. Dobbiamo agire e la Convenzione di Istanbul è la nostra risposta giuridica per rafforzare i diritti delle donne. Continueremo a incoraggiare gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per prevenire la violenza sulle donne e per garantire protezione e sostegno efficaci a tutte le vittime”.

  • Milano: la cronaca ci parla ancora di violenza sessuale e abuso di alcol

    La mattina di domenica 10 settembre si è consumata a Milano l’ennesima violenza sessuale, questa volta a danno di una ragazza diciottenne la quale, secondo quanto riportano i media, ha raccontato alle Forze dell’Ordine che, dopo aver passato una serata, fino all’alba, con il fratello e degli amici, a seguito di un litigio, era rimasta sola ed ubriaca in mezzo alla strada.

    Un giovane, anch’egli diciottenne, l’avrebbe avvicinata offrendosi di aiutarla e poi invece l’avrebbe costretta a rapporti sessuali in un giardinetto.

    Inutile sottolineare come Milano abbia, come altre località più degradate, il problema di avere maggiore sicurezza nelle strade, a qualunque ora.
    Sappiamo bene che l’indifferenza con la quale tanti uomini commettono abusi e violenze sulle donne è in continuo aumento, quello che impensierisce ulteriormente è che siano anche i più giovani ad agire in modo tanto brutale, senza paura e con estrema sicurezza di impunità.

    Preoccupa anche la mancanza di solidarietà tra congiunti od amici e la spaventosa ingenuità di troppe ragazze che non comprendono i pericoli, specie di notte, ed i rischi che comporta il non avere più capacità di difesa e di attenzione per colpa dell’abuso di alcol o di stupefacenti.

    Forse se la giovane, che ha subito questa terribile violenza, non fosse stata obnubilata dall’alcool, come ha dichiarato, avrebbe potuto salvarsi, certamente se il fratello ed i suoi amici non l’avessero lasciata sola non sarebbe accaduto nulla.

    Sappiamo bene che, come dicevano i nostri vecchi, “dei se e dei ma sono piene le fosse” ciò non toglie che molti dovrebbero, senza le inutili polemiche degli amanti del politicamente corretto, dire che mentre, senza giustificazioni e sconti, si devono severamente punire tutti i violentatori si deve anche insegnare alle donne, specie più giovani, che i pericoli esistono e poi insegnare loro come cercare di evitarli.

    Il male esiste, non è ignorandolo che non ci colpisce.

    La libertà è un bene prezioso ed irrinunciabile ma, come tutte le cose, diventa a rischio se non sappiamo difenderla.

    Non siamo tutti uguali, purtroppo, gli assassini, gli stupratori, gli indifferenti sono tra noi, per difenderci dobbiamo saper vigilare e non perdere la nostra capacità di ragionamento e difesa, il male è anche l’abuso di alcol e di droga, male in se e male perché ci mette in pericolo, senza difese, alla mercé dei violenti.

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