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Urge una risposta all’inquinamento dell’aria, già prima del 4 marzo

In questi giorni molti giornali hanno riportato la pericolosa situazione dell’Italia per l’eccessivo inquinamento dell’aria. L’Unione europea ha invitato il nostro Paese a presentare, entro 10 giorni, un piano per evitare la procedura di infrazione, 10 giorni di tempo per prendere quei provvedimenti che da troppi anni sono annunciati mentre la situazione peggiora di ora in ora. Molte sono le città italiane che superano i limiti consentiti, da Torino che da 2 anni supera i 50 microgrammi di soglia a Piacenza che per 157 giorni, nel 2017, ha sforato la soglia. Il 30 gennaio i ministri di 9 Stati della Ue (Italia, Francia, Spagna, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania e Regno Unito) sono stati convocati a Bruxelles dal commissario per l’Ambiente Karmenu Vella per individuare finalmente le soluzioni idonee prima che scatti la procedura di infrazione.

La procedura di infrazione è sicuramente un fatto significativo, anche se la realtà è che anche pagando l’eventuale prossima infrazione la situazione dei cittadini non cambierà, se non vi saranno misure drastiche ed immediate. Giustamente il commissario Vella, a nome dell’intera Commissione, ha dichiarato che il problema non investe soltanto i ministri dell’Ambiente ma contestualmente i ministri dei Trasporti, dell’Energia, dell’Industria, dell’Agricoltura e anche della Finanza. Infatti soltanto un sistema industriale ed energetico con le accortezze necessarie per i sistemi di mobilità, con le conseguenti ricadute economiche, può risolvere il dramma sempre più evidente di milioni di persone che, per inquinamento atmosferico, hanno gravi patologie invalidanti e/o letali (il commissario Vella ricorda che ogni anno a causa dell’inquinamento muoiono prematuramente 400mila persone, in questa cifra non sono conteggiati quanti decedono per patologie provocate in modo indiretto o aggravate dall’inquinamento).

Mentre le leggi nazionali si sono da tempo premurate di intervenire sui cittadini privati per imporre sistemi di riscaldamento meno inquinanti, mentre si sono chiusi i centri delle città ai veicoli privi degli ultimi sistemi di filtraggio, la verità è che la maggioranza degli edifici pubblici – statali, comunali e regionali – hanno sistemi di riscaldamento obsoleti ed inquinanti e che gli stessi mezzi pubblici non sono elettrici o a metano ma usano ancora carburanti nocivi. Il piano che l’Italia dovrebbe presentare alla Commissione dovrebbe partire dalla messa a norma immediata degli impianti di riscaldamento di tutti gli edifici pubblici e dall’ammodernamento di tutti i mezzi pubblici. Contestualmente, dovrebbe esserci una mappatura del territorio, perché non possano più essere collocate in prossimità di aree abitate nuove strutture industriali inquinanti. Per le strutture industriali esistenti e per quelle di nuova costruzione dovrebbe, come da anni sosteniamo, essere obbligatoria l’installazione sui tetti di impianti per l’energia rinnovabile o, in alternativa, l’uso di altri sistemi quali quello geotermico. Tutto questo vale anche per i fabbricati agricoli che necessitano di riscaldamento.

Mentre la Commissione dà quest’ultimatum dobbiamo purtroppo registrare ancora una volta che tra le tante promesse che i vari partiti lanciano agli elettori non vi è traccia concreta di un programma di governo per dare soluzione al problema.

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