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Il lavoro dipendente è una risorsa soprattutto per il fisco

Altro che tutela dei lavoratori, il lavoro dipendente torna utile allo Stato per mettere le mani in tasca a chi è, appunto, lavoratore dipendente. L’Italia è il settimo Paese d’Europa per la pressione fiscale più alta (il fisco si prende il 42,9% del Pil, meno di Francia, Belgio e delle nazioni scandinave, ma più della Germania, che si ferma al 40,4%) e i lavoratori dipendenti, proprio perché dipendenti e dunque con scarsa mobilità, sono uno dei target più facili da raggiungere. La controprova che sia così la forniscono i dati relativi alle imprese: le grandi imprese, quelle con oltre 500 imprese che possono facilmente trasferirsi e sottrarsi così all’esosità fiscale, hanno visto ridursi la quota di prelievo fiscale a proprio carico dal 28,6% del periodo 2009-14 al 22,6% del 2016; le imprese di taglia media sono passate nello stesso periodo da un prelievo pari al 38,4% ad uno del 31,7%. In sostanza, come ha calcolato L’Espresso (da cui attingiamo i dati) nel 2008, tra Ires e Irap le imprese avevano pagato imposte sui profitti per 79,9 miliardi; nel 2016 il gettito di quelle due stesse imposte è sceso invece a 51,1 miliardi, ovvero 28 miliardi in meno di 8 anni prima.

La riduzione del peso fiscale a carico delle imprese ha una logica: più alto è il prelievo, maggiore è l’incentivo alle imprese, che possono permetterselo, di trasferirsi e dunque per non perdere l’intero gettito fiscale l’amministrazione pubblica deve mitigare le proprie pretese. Per un lavoratore, invece, trasferirsi è molto più difficile ed ecco allora che l’amministrazione fiscale non ha mitigato le sue pretese del tutto, ma le ha semplicemente trasferite su un altro obiettivo: dal 2008 al 2016, riferisce L’Espresso, il gettito dell’Irpef, che grava sugli individui, è aumentato (includendo le addizionali versate a Regioni e Comuni) di 11,7 miliardi, per un totale di 183,3 miliardi. In Italia,  prosegue il settimanale riportando i calcoli dell’Ocse, tasse e contributi si mangiano il 47,8% del costo aziendale di un lavoratore (in Germania il 49,4%, in Francia il 48,1%), e questo pone l’Italia sopra la media (36%)  dei 35 Paesi dell’Ocse. Molto meglio dell’Italia fanno la Spagna (39,5), il Giappone, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, tutti poco sopra il 30%.

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