Costume e Società

La cultura diventa impresa in Italia

Dal rapporto 2018 esce un quadro positivo: si stimano 92 miliardi e 1,5 milioni di occupati

Non di solo pane, dice il proverbio. Quando si parla di cultura però bisogna fare i conti anche coi dati economici, come ben sanno tutte le amministrazioni comunali e non solo.

La vera notizia è che in Italia il sistema produttivo culturale e creativo (composto da imprese, Pubblica amministrazione, no profit) genera più di 92 miliardi di euro e muove complessivamente ben 255,5 miliardi, ovvero il 16,6% del valore aggiunto nazionale. La cultura quindi produce grande ricchezza in Italia, crea occupazione ed è davvero produttiva nonostante il pensiero comune sia in molti casi differente.

Questi sono i dati economici registrati dal rapporto 2018 “Io sono cultura: l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere con il sostegno di Regione Marche. Il rapporto, presentato a giugno al ministero per i Beni e le attività culturali, racconta diverse realtà. Il sistema produttivo culturale e creativo assicura 1,5 milioni di posti di lavoro, ovvero il 6,1% del totale degli occupati in Italia. Posti che sono cresciuti nel 2017 dell’1,6%, più della media nazionale (+ 1,1%). Symbola e Unioncamere propongono un concetto volutamente trasversale di sistema produttivo culturale e creativo, includendo diverse categorie a cui molti non penserebbero. Infatti nel rapporto vi sono architettura, comunicazione, design, cinema, editoria, musica e videogiochi, audiovisivo, e naturalmente il patrimonio storico-artistico (musei, siti storici e archeologici). A queste macro categorie si aggiungono le performing art e arti visive, ma anche le imprese creative-driven, affidate a un creativo, come l’artigianato artistico e la manifattura evoluta. L’idea di allargare le categorie nasce dal voler far capire che larga parte del Made in Italy, dalla nautica al mobilio, sarebbe impensabile senza il collegamento con il design e le altre industrie culturali e creative.

L’area metropolitana di Milano è al primo posto nelle graduatorie provinciali per l’incidenza di ricchezza e occupazione prodotte, con il 9,9% e il 10,1%. Potrebbe quindi definirsi la capitale culturale d’Italia. Roma è seconda per valore aggiunto (9,8%) e terza per occupazione (8,6%), Torino si colloca, rispettivamente, terza (8,8%) e quarta (8,4%). Più di un terzo della spesa turistica nazionale, il 38,1%, è attivata dalla cultura e dalla creatività.

Tutto questo è ancora più apprezzato all’estero, dove troppo spesso l’Italia è stimata più di quando lo sia tra gli stessi italiani.

Per Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, “la bellezza è uno dei nostri punti di forza. Secondo un’indagine della rivista Us News e dell’Università della Pennsylvania, siamo il primo Paese al mondo per l’influenza culturale. L’intreccio caratteristico dell’Italia, tra cultura e manifattura, coesione sociale e innovazione, competitività e sostenibilità, rappresenta un’eredità del passato ma anche una chiave per il futuro”.

Forse per questo, scorrendo il rapporto, si scopre che secondo Kpmg, una delle quattro maggiori società internazionali di revisione aziendale, Made in Italy è il terzo marchio più conosciuto al mondo dopo Coca Cola e Visa.

Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere, sottolinea che “l’obiettivo del Rapporto è superare la convinzione che la cultura sia soprattutto qualcosa da conservare piuttosto che una componente dello sviluppo produttivo su cui puntare”.

Per il ministro Bonisoli “il lavoro nel settore culturale c’è e sta crescendo e non è banale che riguardi in particolare giovani in possesso di un titolo universitario. Questo è ancora più importante in prospettiva futura, se si considera che le professioni creative e le capacità umane saranno ancora più valorizzate in un contesto dove robotica e intelligenza artificiale difficilmente potranno sostituirsi all’uomo”. Bonisoli è tornato anche sull’economia: “La ripresa degli ultimi anni è stata trainata dall’export, in gran parte costituito da prodotti dell’industria creativa, e dal turismo in entrata, che nel nostro Paese ha ragioni prevalentemente culturali”.

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