Europa

L’Italia subito, la Ue dal 2020 impone di indicare in etichetta il luogo di produzione dell’ingrediente principale dei prodotti alimentari

Le etichette alimentari dovranno contenere il luogo di produzione della materia prima dell’alimento stesso (ad esempio il grano per la pasta). Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso dell’associazione italiana dei pastai (Aidepi) contro il decreto che prevede l’informazione al consumatore e anche la Commissione europea dal l’1 aprile 2020 renderà obbligatorio riportare sull’etichetta degli alimenti commerciati nella Ue l’indicazione del luogo di produzione dell’ingrediente principale (il regolamento europeo soppianterà il decreto ministeriale italiano).

Un nuovo rapporto del Beuc, l’organizzazione europea dei consumatori, ha intanto fotografato i modi in cui le etichette ingannevoli sui produtti alimentari inducono in errore i consumatori, evidenziando – come riferisce Il Fatto Alimentare – tre modalità ricorrenti.

La prima riguarda i prodotti industriali etichettati come “tradizionali”, “artigianali”, “naturali” o che richiamano la “ricetta della nonna”: simili indicazioni possono far pensare a produzioni minori realizzate da imprese artigianali qualificate, mentre spesso si tratta di alimenti industriali ricchi di coloranti, additivi e altri ingredienti, che i consumatori sarebbero sorpresi di trovare in un prodotto “artigianale”.

Alimenti e bevande, in secondo luogo, riportano poi spesso fotografie di frutti che fanno pensare a prodotti salutari mentre in molti vasetti si trovano minime quantità di frutta, abbinata a sapienti aromi, mescolata ad altri ingredienti meno salutari (alcuni produttori sostengono che tali immagini sono usate per caratterizzare il gusto del prodotto e non per evidenziare la presenza della frutta, il Beuc sottolinea come questo atteggiamento sia in contrasto con le aspettative dei consumatori, convinti di una correlazione diretta fra immagini sulle confezioni e ingredienti presenti all’interno del prodotto).

Infine i prodotti qualificati dall’etichetta come “integrali” (che registrano crescente successo) sono in effetti non di rado un po’ meno salutari quando si esamina il contenuto di fibre riportato in caratteri piccoli sul retro della confezione. In Italia, Spagna e Olanda, ad esempio, il pane integrale deve usare il 100% di farina integrale, ma questo non vale in tutta Europa.

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