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I maestri di sci…Iliad e i sindacati

Due o tre stagioni fa si aprì una forte polemica che vide protagonisti i maestri di sci dell’Alto Adige i quali si lamentavano (a ragione) della concorrenza sleale dei loro colleghi con licenze intra ed extra comunitarie in relazione ovviamente alle tariffe che praticavano inferiori dal 50 all’80% .

L’ultimo dato relativo alla stagione 2017-2018 ha rilevato come i maestri con licenza non italiana che abbiano operato sulle piste italiane siano risultati 2314. Emerge evidente che le rimostranze di allora dei maestri di sci avevano un fondamento economico in quanto anche il solo costo per ottenere il brevetto italiano risulta superiore, e quindi professionalmente molto più qualificante, rispetto a quelli extra europei. I brevetti di maestro di sci extracomunitari di conseguenza sono espressione di dumping normativo sociale e professionale.

Quando mi venne chiesta una opinione in merito alla concorrenza scorretta quale effetto appunto di questo dumping normativo ed economico innanzitutto ribadii la mia vicinanza al corpo ai maestri di sci. Tuttavia rispetto alle giuste rivendicazioni dei maestri dell’Alto Adige sottolineai come negli ultimi 10 anni questi non si fossero mai preoccupati quando allacciavano le loro giacche a vento e gli scarponi per calzare  gli sci se tali prodotti complessi, che erano la sintesi di una filiera produttiva e quindi di know how, fossero prodotti in Italia oppure nell’etichetta venisse indicato un paese di produzione a basso costo di manodopera.

In questo modo avrebbero avuto la possibilità di percepire quanti posti di lavoro fossero stati cancellati attraverso le delocalizzazioni produttive.

Ricordai allora, come riaffermo adesso, che le delocalizzazioni come la concorrenza non si sarebbero fermati al solo settore manifatturiero ma che avrebbero trovato la massima applicazione proprio nel settore dei servizi. L’esplosione di maestri con licenza estera (2314 appunto) conferma questa mia opinione espressa  con meritorio anticipo.

Ora i sindacati italiani lanciano l’allarme sulla possibilità di ripercussioni occupazionali relativa all’ingresso del mondo della telefonia mobile di Iliad, nuovo esercente telefonico che ha ottenuto un grandissimo successo in

Francia grazie all’abbattimento delle cifre praticate alla clientela finale. Sembra incredibile come di fronte alle disastrose gestioni della Telecom, per esempio, da parte dei vari gruppi di controllo che l’hanno privata del proprio patrimonio tecnologico ed immobiliare i sindacati tutto sommato abbiamo avuto una posizione di sostanziale attesa. Un tatticismo politico, quello dei sindacati, confermato sostanzialmente con una  posizione ancora una volta attendista in quanto non hanno espresso nessuna opinione quando a delocalizzare risultavano le aziende produttive di estrazione industriale. Una posizione tanto attendista tale da non aver mai fatto prendere nemmeno una iniziativa a livello di sostegno politico alla creazione di una normativa a tutela della filiera del made in Italy .

A questa miopia si è aggiunta poi la convinzione che mai il principio della concorrenza potesse venire applicato anche al settore dei servizi.

A puro titolo di cronaca si ricorda che l’intero mondo accademico italiano e politico ha sempre individuato fino al 2011 come la nostra economia fosse basata o dovesse trovare la propria via per lo sviluppo, sui servizi sostanzialmente post-industriali.

I maestri di sci dell’Alto Adige allora, come sindacati ora, forse riusciranno a comprendere come la concorrenza porti come logica conseguenza ad un maggiore carico lavorativo abbinato ad una redditività inferiore. Soprattutto verrà compreso come il mercato globale e la tecnologia  che lo rende fruibile a tutti i livelli  non presenti limitazione di applicazione al solo mondo produttivo, come molti, in modo assolutamente errato, avevano previsto se non  addirittura sperato.

Per sua stessa natura la sintesi tra l’applicazione del principio di concorrenza e dello sviluppo tecnologico trova la massima espressione quando, applicata al mercato dei servizi, che risulti professionale o telefonico, non determina alcuna differenza.

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