AttualitàIn Evidenza

1998/1999 il disastro annunciato

Dal 14 agosto in poi si sono lette ricostruzioni relative all’acquisizione da parte del gruppo Benetton della società autostrade abbastanza grossolane e soprattutto che non tengono conto della sequenza temporale che da sempre rappresenta un fattore fondamentale per comprendere il valore come le ragioni e gli effetti di determinate azioni politiche.
Negli anni 90, dopo Mani Pulite, prese piede la teoria economica che vedeva nelle privatizzazioni, intese e vendute come “liberalizzazioni” ma che in realtà erano cessioni di Monopoli dal pubblico al privato, la possibilità di ridare slancio all’economia italiana. Una teoria che sarebbe potuta risultare valida per quei settori nei quali fossero evidenti le lacune manageriali della pubblica amministrazione non certo per un monopolio che macinava utili come autostrade.
Tralasciamo la considerazione personale relativa al mondo accademico e a tutti gli economisti, i quali, probabilmente sperando di ottenere un Telepass gratis, appoggiarono tale sciacallaggio dello Stato non tanto perché le privatizzazioni non possono rappresentare una via percorribile ma perché le stesse privatizzazioni quando non vengono seguite da una diminuzione della spesa pubblica (si pensi solo al passaggio dei dipendenti da pubblici a privati) rappresentano solo una soluzione per coprire buchi della spesa pubblica (dato dal valore della vendita). In più, a parità di bilancio nell’anno successivo, significa la ulteriore possibilità di aumentare la spesa pubblica per i propri bacini elettorali.
Nel 1998 cadde il governo Prodi che venne sostituito al governo D’Alema, quest’ultimo si rese protagonista di una serie di iniziative economiche degne di una classe politica priva di ogni competenza e strategia o ancora peggio complice di questa strategia finalizzata ad appropriarsi di volani positivi economici dello Stato.
Il governo D’Alema, nella sua immensa competenza, partì con l’introduzione delle sale bingo (una priorità nella vita degli italiani), successivamente diede il proprio appoggio a Ricucci ed alla sua gang nella scalata al Corriere della Sera. Inoltre, non ancora sazio aprì alla scalata di Gnutti, Colaninno & Company a Telecom che distrusse una delle migliori aziende di telecomunicazioni del mondo ed in più vendette le autostrade al gruppo Benetton. Nello specifico, a fronte di una certa ritrosia nel gruppo di Ponzano, che veniva da 10 anni disastrosi di gestione di Sport System, che costava un centinaio di miliardi all’anno (siamo ancora con la lira), per ripianare le perdite dalla Benetton sport system l’allora ministro dell’economia Enrico Letta (altra competenza di primissimo piano) suggerì di inserire nel contratto la possibilità di aumentare i pedaggi non solo in rapporto agli interventi cantierari ma anche a quelli che si pensava sarebbero stati realizzati negli anni successivi. Questo rappresenta un caso unico al mondo nel quale un investimento infrastrutturale rientrò del capitale come degli interessi in soli cinque anni, il che dimostra le assolute condizioni di vantaggio a favore del concessionario offerte dallo Stato, cioè dal governo D’Alema e dal ministro Enrico Letta.
Ecco quindi a chi vanno imputate le responsabilità della cessione di un monopolio che venne venduto come se rappresentasse il primo passaggio di una strategia di liberalizzazioni ma che altro non era che la vendita o meglio la concessione monopolistica legata allo sfruttamento di un asset, una volta dello Stato, diventato monopolio privato.
Questa è la storia che ha portato il nostro paese ad un continuo aumento della spesa pubblica nonostante abbia venduto i propri asset fondamentali, produttori di reddito e di occupazione, da parte di una classe politica appoggiata dal mondo accademico e degli economisti a favore degli speculatori privati. Ovviamente con un sistema bancario che in questo ha visto la possibilità di trarre utili notevoli.
La malefica triangolazione tra una classe politica priva di ogni scrupolo e di ogni competenza, il cui unico obiettivo risultava quello di realizzare profitti per sé stessi e per il proprio partito e creare nuove disponibilità per la spesa pubblica improduttiva e quindi clientelare; un gruppo imprenditoriale in crisi finanziaria che attraverso questa posizione poteva finalmente riequilibrare il proprio asset; ed ovviamente un sistema bancario che ha visto in questo modo la possibilità di trarre utili.
Naturalmente gli effetti di tali operazioni, come per la Telecom, si sarebbero manifestati nei propri evidenti disastri dopo quindici/vent’anni.
Nel frattempo i responsabili di tali disastri sono diventate figure quasi divinatorie, vere icone per i loro elettori da porre come esempio virtuoso all’attuale compagine politica, quando invece sono esponenti di quella classe politica per la quale lo Stato rappresentava ieri come oggi il mezzo per arricchire se stessi e la propria congrega invece di rappresentare il fine per applicare le proprie idee politiche di sviluppo.

Mostra altro

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio