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Ottanta euro e reddito di cittadinanza: la lezione non compresa

Sembra incredibile come in Italia la storia possa passare inutilmente senza lasciare nessun segno e tanto meno nessuna indicazione a chiunque la volesse leggere e dalla cui comprensione elaborare le strategie future, specialmente in ambito economico. Molti, anzi troppi, ancora oggi sono convinti della totale differenza tra il PD ed il MoVimento 5 Stelle per quanto riguarda i propri programmi economici.

Tuttavia,  paradossalmente, le differenze nelle “complesse visioni strategiche” risultano assolutamente minime in quanto entrambe si basano su di un impianto ideologico ed antieconomico molto simile, in relazione al passato prossimo, con l’introduzione degli 80 euro e più recentemente con l’avvento del reddito di cittadinanza.

Destinare ottanta euro oppure un reddito di cittadinanza automaticamente non comporta in nessun modo come conseguenza l’aumento dei consumi che rappresenta l’obiettivo dichiarato tanto dal governo Renzi quanto della compagine governativa attuale. Si può considerare veramente imbarazzante la semplice constatazione di come ancora non si riesca a comprendere che i consumi rappresentino soprattutto una manifestazione di fiducia non tanto in relazione alla disponibilità economica attuale quanto in rapporto alle aspettative positive per quanto riguarda il futuro a medio/lungo termine.

In altre parole l’aumento dei consumi dimostra una fiducia da parte dei consumatori riguardo le  prospettive di crescita economica nel breve e nel medio ma soprattutto nel lungo termine. Infatti in questo contesto positivo aumenta automaticamente anche l’accesso al credito al consumo il quale dimostra ulteriormente la quasi sicurezza di poter far fronte al nuovo impegno finanziario da parte delle famiglie.

La recente esperienza dell’introduzione degli ottanta euro voluta dal governo Renzi che non ha mosso di un decimale il livello di consumi dimostra esattamente come una elargizione o, se si preferisce, una nuova disponibilità economica non sia in grado di modificare minimamente il sentiment del consumatore, il quale paradossalmente accresce il proprio deposito in banca (+3,4%) togliendo ulteriore liquidità al consumo.

In tal senso si ricorda come l’indice dei consumi risulti inferiore dello 0,5% rispetto al tasso di inflazione (1/1,1 % il primo 1,6 il secondo) che di fatto stabilisce una regressione dei consumi stessi.

In più il reddito di cittadinanza attuale, come gli ottanta euro in precedenza, rafforzano la posizione centrale dello Stato come erogatore di reddito oltre che di servizi declinando verso una forma istituzionale sempre più lontana da quella dello stato federale e quindi da uno stato nel quale ogni singola regione risponda con la propria responsabilità dell’utilizzo delle risorse finanziarie e del loro impiego, in una centralità ed un ruolo dello Stato che si allontana sempre più da una forma di Stato liberale capace di porre le proprie aziende (le uniche vere che creano reddito di occupazione) nelle migliori condizioni per competere in un mercato globale e concorrenziale.

Questa conferma legata alle politiche sia del PD che dell’attuale governo in carica relativamente al posizionamento dello Stato non tiene poi in alcuna considerazione la conclamata inefficienza nelle erogazioni delle servizi dello Stato come della buona parte delle Regioni. Risulta infatti una contraddizione in termini fornire nuove risorse finanziarie a chi già non risulti in grado di gestire quelle attuali. La similitudine quindi tra l’impostazione politica economica dell’attuale governo come dei precedenti governi Gentiloni e Renzi dimostra che in buona sostanza non sia cambiato nulla nella visione ideologica della centralità dello Stato nell’erogazione di servizi, in questo caso anche di redditi aggiuntivi. Dimostrando ancora una volta come la politica economica e la crisi che attanaglia il nostro Paese non sia che l’aspetto di una peggiore e ben più profonda crisi culturale.

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