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Quale nord est

Quando negli anni ‘90 una delegazione della associazione degli industriali del Giappone arrivò in visita nella zona che da Spresiano porta a Bassano (per chi non fosse della zona, tra le province di Treviso e Vicenza, là dove si sta realizzando ora la Pedemontana) gli industriali giapponesi, meravigliati dalla densità di imprese per chilometro quadrato (una delle più alte al mondo) chiesero innocentemente dove fosse l’autostrada. Gli imprenditori ed i rappresentanti degli industriali, soprattutto PMI, allargarono le braccia sconfortati.

Da allora molti, forse troppi anni sono passati assieme ad una crisi del 2008 che ha decimato e comunque portato allo stremo la resistenza delle stesse imprese di quel territorio che dovrebbero venire ora servite dalla Pedemontana, che rappresenta probabilmente il nuovo Mose dell’Alto Veneto, se non altro per le incompetenze conclamate che ne hanno contraddistinto l’iter fino ad oggi.

Nonostante il continuo gap infrastrutturale le aziende del nord est, da sempre sotto rappresentate dalle grandi associazioni come Confindustria, ed assolutamente ignorate e persino derise dalla politica nel loro complesso, riescono non solo a gareggiare con successo nello scenario del mercato globale ma si dimostrano, ancora una volta, il traino per l’intera economia italiana. Questi risultati poi vengono ottenuti nonostante la crisi devastante del sistema bancario locale, individuabile nel sostanziale default della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Nonostante questo quadro generale sconfortante, basti ricordare come a fronte di cali della produzione industriale nazionale  ma soprattutto a fronte di una importante flessione dell’ Export del -7,4%, il sistema industriale dell’impresa del nord est segna un +2,3%: una differenza di quasi dieci (10) punti percentuali di trend.

Tuttavia rispetto ad altre zone italiane, ma soprattutto rispetto alle macroaree nazionali maggiormente in competizione individuabili in Germania, Francia e nel mondo intero all’interno di un mercato globalizzato, il Nordest continua a pagare un deficit infrastrutturale ormai divenuto insostenibile in quanto si traduce in un aggravio di costi che influiscono terribilmente nella competitività del sistema economico e soprattutto industriale. Se da una parte il passante ha tolto l’imbuto della tangenziale di Mestre, ora il collo di bottiglia infrastrutturale viene rappresentato dall’autostrada verso Trieste e verso Udine, quindi verso l’Austria e i mercati dell’est, importantissima come direttiva anche in un’ottica di politica di sviluppo del porto di Venezia che vada oltre la semplice vocazione turistica.

Sempre in un’ottica Europea, non può passare inosservata, e soprattutto sottostimata come impatto economico, la volontà da parte dell’Austria di ridurre il traffico di TIR, specialmente di attraversamento. In questo contesto quindi è fondamentale la possibilità di utilizzare un altro vettore quale potrebbe essere l’alta velocità, non solo nella direzione di Trieste, quindi dei paesi dell’area ex Jugoslavia, ma soprattutto in direzione Udine, e quindi dell’Austria, come verso i mercati del Nord Europa.

La folle decisione di annullare l’investimento dell’alta velocità tra Venezia e Trieste, che avrebbe dovuto invece rappresentare il primo tratto verso una rete infrastrutturale ad alta velocità molto più articolata e che comprendesse quindi anche lo sbocco verso il nord e l’Austria, allacciandosi al centro logistico del porto di Venezia, rappresenta l’ultima follia di una classe politica assolutamente disconnessa dal contesto territoriale, soprattutto in ambito economico, quale risulta la compagine governativa attuale. Sembra incredibile come proprio ora che alla guida del Paese siede un partito che si dichiara espressione delle necessità di una specifica zona come il Nordest, e del Veneto nello specifico, non riesca a comprendere l’entità di un errore colossale nel non finanziare tale opera, sempre in un’ottica di sviluppo delle imprese economiche del Nord est. A questa disgraziata strategia si aggiunge anche un effetto paradossale che delinea il livello della cultura locale.

E’ nata infatti una polemica innescata dall’ex presidente della Regione in Friuli Venezia Giulia la quale ha attribuito al governo Renzi la decisione di non finanziare l’alta velocità tra Venezia e Trieste. Quindi la disputa politica tra maggioranza al governo ed opposizione non verte sulla attribuzione del merito di chi abbia realizzato una determinata struttura infrastrutturale ma su chi l’abbia bloccata determinando e mantenendo il gap infrastrutturale preesistente. Questo è un inequivocabile, quanto terribile ed  insensato esempio del declino culturale di questa classe politica che non da oggi ma da oltre vent’anni ammorba il nostro Paese.

Tornando alla l’importanza di infrastrutture che supportino il tessuto economico del nord est certamente un’analisi e soprattutto una gestione più accurata rispetto anche all’ultima questione legata alla Pedemontana dovrebbe risultare fondamentale per assicurare i costi ma soprattutto i benefici di tale opera. Il suo annullamento (al di là di chi debba attribuirsi il merito) invece dimostra ancora una volta come si possa tradire il proprio territorio per delle semplici e volgari convenienze politiche. Peraltro non tenendo in alcuna considerazione gli effetti per l’intero sistema economico del nord Italia con il semplice mantenimento di un gap infrastrutturale nel Nordest.

Le visioni compressive intese come la capacità di delineare scenari strategici e a questi far seguire le opportune scelte di investimento non rientrano nel bagaglio culturale di questo governo come dei precedenti degli ultimi vent’anni.

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