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In attesa di Giustizia: il manifesto elettorale

Torniamo a parlare della prescrizione: l’argomento ha tenuto banco per tutta la settimana perché la sua proposta di modifica ha condotto se non sull’orlo di una crisi di governo (ma quasi) su quella di una crisi di nervi tra componenti della maggioranza governativa (anzi oltre); poi, come politica vuole, si è raggiunto un compromesso. Si farà ma più avanti insieme a una riforma complessiva del processo penale. Quindi, forse.

Così come pensata, sospensione definitiva dopo la sentenza di primo grado, disegnerà un sistema del processo che manterrà una persona, per un tempo assolutamente indefinito, nella qualità di imputato, anche se assolto ma la sentenza appellata dal Pubblico Ministero. Con buona pace della tutela delle parti offese dalla commissione dei reati, che attenderanno giustizia molto a lungo.

La riforma si rivelerà, comunque, tardiva, inefficace ed irrealizzabile.

Sarà tardiva perché applicabile solo anni dopo la sua approvazione: potrà, infatti, riguardare solo i reati commessi dopo la sua entrata in vigore e, quindi, considerando tempi di scoperta, avvio delle indagini, rinvio a giudizio celebrazione e termine del processo di primo grado.

Inefficace perché i dati statistici provenienti dal Ministero della Giustizia segnalano che, in percentuale preponderante il termine di prescrizione matura nella fase delle indagini preliminari e riguarda reati di marginale offensività: difficile pensare che impatti su un reato di corruzione, visto che la norma sembra essere stata suggerita proprio dalla volontà di contrastare fermamente questo fenomeno,  perché già oggi servono diciotto anni. E uno Stato, un sistema, che si teme non riescano a garantire la fine di un processo in un simile lasso di tempo segnalano altro genere di problemi  strutturali cui converrebbe prestare subito maggiore attenzione.

Irrealizzabile perché in contrasto con il parametro Costituzionale del giusto processo e della sua ragionevole durata mentre l’allungamento dei tempi prescrizionali rappresenta il presupposto di una denegata giustizia che consentirà alle Corti d’Appello ed alla Corte di Cassazione di dilatare a discrezionalmente i tempi di celebrazione ricorrendo ad una sorta di eugenetica giudiziaria con priorità offerta a taluni casi piuttosto che ad altri. Il processo, per garantire la parità dei cittadini davanti alla legge deve avere irrinunciabilmente tempi circoscritti che non possono essere lasciati ad una determinazione casuale o alla diversa organizzazione degli Uffici Giudiziari sul territorio.

Il Guardasigilli, peraltro, ha anticipato importanti interventi mirati alla assunzione di personale nel comparto giustizia che consentirà migliorie di funzionamento della macchina della giustizia che se vi fosse – magari! – non richiederebbe alcun intervento sulla prescrizione: in ogni caso si tratta di un mero annuncio perché la generica previsione di spesa non è supportata da una adeguata analisi delle necessità del settore, posto prima di qualsiasi intervento strutturale è necessario studiare i motivi della inefficienza come diversificati per specifici ambiti operativi e territorio. Di qualcosa di simile non vi è traccia.

Lo stesso principio della certezza della pena, così caro alle forze di Governo alla perenne ricerca di consenso, è nella realtà tradito perché paradossalmente la pena non sarà più certa: a prescindere dalle aspettative delle vittime, un imputato non saprà più quando verrà definitivamente assolto o condannato. Se condannato, certamente ci sarà una pena: ma una pena tardiva può considerarsi come giusta e certa e diventare un efficace strumento dissuasivo? Quello della modifica della prescrizione non è un intervento mirato e pensato nell’interesse del Paese e della Giustizia (questa volta con la G maiuscola) ma solo l’ennesimo manifesto di una politica in perenne campagna elettorale.

 

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