Europa

Sempre più complicata la situazione della Brexit

L’accordo della May con l’UE sarà probabilmente bocciato dal Parlamento

L’11 gennaio alla Camera dei Comuni inizierà il dibattito sull’accordo con l’UE approvato dal governo May e il voto dovrebbe aver luogo tra il 14 ed il 15 gennaio. Il nuovo anno non sembra aver portato novità significative. Non si sono fatti passi avanti nel tentativo di scongiurare il voto negativo, che riporterebbe la situazione al punto di partenza, vale a dire al rischio più che certo di un’uscita del Regno Unito dall’Unione europea senza accordo. Sarebbe una situazione paradossale. Il governo ha approvato l’accordo con le dimissioni di tre ministri, i conservatori pro Europa vorrebbero un secondo referendum, ma per ora non esiste nessuna iniziativa in proposito. Anche una parte dei laburisti vorrebbero un secondo referendum, ma Corbyn, il loro leader, non fa una mossa in questa direzione; si barcamena ambiguamente nella speranza di giungere alla caduta del governo e di presentarsi come candidato alla sostituzione della May. Un altro aspetto del paradosso è rappresentato dal fatto che il nodo non sciolto nell’accordo raggiunto fino ad ora è la questione del confine con l’Irlanda del Nord, una frontiera aperta con l’UE, come vogliono gli irlandesi che sono al governo con la May, o una frontiera chiusa che imporrebbe la dogana con la repubblica d’Irlanda? La prima soluzione prevede l’appartenenza dell’Irlanda del Nord all’unione doganale con l’Europa e la seconda è rifiutata dai politici che sono al governo con la May. Che fare, dunque? Prorogare la data dell’uscita, il 29 marzo, come pronostica qualcuno, oppure uscire alla data prevista e senza trattato per il dopo? Già, senza trattato! Ma è proprio questa situazione che impaurisce molti inglesi e che fa temere anche per il futuro del Regno Unito. Non a caso, infatti, si sta registrando un boom di passaporti che offrono una seconda nazionalità agli inglesi. La Germania, l’Irlanda, la Spagna e il Portogallo hanno registrato un significativo aumento  delle richieste di passaporto da parte degli inglesi. Nel 2017 in Germania sono state richieste 7.500 naturalizzazioni contro le 622 del 2015, in Irlanda c’è stato il 22% d’aumento, in Spagna il numero delle richieste è triplicato. Sono dati allarmanti che corrispondono alla paura dei cittadini inglesi di non poter più lavorare e viaggiare liberamente dopo la data fissata per l’uscita dall’Europa. Secondo un sondaggio effettuato su un campione di 25mila intervistati, solo il 22% dei cittadini britannici sostiene l’accordo raggiunto con l’UE dalla May: un dato che testimonia il grave stato d’incertezza che ha caratterizzato questi ultimi mesi e che ha scavato una profonda frattura tra il governo e l’opinione pubblica. Lo stesso governo ha organizzato una simulazione del passaggio di camion al porto di Dover, l’approdo più vicino alla Francia, nel caso di una frontiera chiusa con l’Europa e di un controllo doganale. Ogni giorno, dal porto di Dover passano circa 10.000 furgoni. Un rapporto dell’University College di Londra ritiene che il mancato accordo sulla Brexit avrebbe delle conseguenze incredibili. Un aumento minimo dei controlli alla dogana comporterebbe un’enorme peggioramento del traffico. Anche alcuni secondi farebbero una differenza enorme. Secondo il detto rapporto universitario un aumento di 40 secondi a veicolo non avrebbe alcun impatto sul traffico. Se i ritardi arrivassero invece a 70 secondi per ogni veicolo, ci sarebbero delle code di sei giorni in cui sarebbero coinvolti dai 1200 al 2724 camion. Con un ritardo di 80 secondi – spiega il rapporto – non ci sarebbero rimedi: tutto il paese rimarrebbe sconvolto e incastrato nel traffico. Se il no deal, cioè la mancanza di un trattato per dopo l’uscita, fa intravedere soltanto per il traffico doganale ostacoli e complicazioni come quelli previsti dallo studio universitario citato, non si può certamente affermare che la situazione sia tranquilla a Londra. La crisi è palese e minaccia d’aggravarsi con il voto negativo del parlamento del 15 gennaio prossimo. Una Brexit senza trattato d’uscita sarebbe certamente un disastro. E ancora possibile porvi rimedio? L’estensione dell’art. 50, che richiede l’approvazione dei 27 Stati dell’UE, sembra difficile da raggiungere. A meno che la decisione di un secondo referendum, oppure le elezioni anticipate a causa di una crisi del governo May non rappresentino della buone ragioni per rinegoziare il trattato.

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