Attualità

Le persecuzioni contro i cristiani continuano

Ma nessuno ne parla, nemmeno i cristiani

E’ inspiegabile il silenzio che circonda la persecuzione dei cristiani nel mondo. Ed è inspiegabile pure l’accanimento contro di essi che viene praticato, sia pure in forme diverse, in ogni parte del mondo, Europa compresa. Da noi, per fortuna, l’accanimento non è sanguinario, si limita per ora ad essere culturale, ma di accanimento di tratta, perché riesce addirittura a cambiare la storia e a negare che il cristianesimo abbia influenzato il nostro continente. C’è l’arte – se non si vuole parlare di religione – a testimoniare la sua presenza, per secoli, nella vita dei nostri popoli: pittura, scultura, architettura, musica, letteratura. Eppure i dirigenti della Convenzione europea, istituita nel dicembre del 2001 in occasione della riunione del Consiglio Europeo di Laeken, hanno avuto l’impudenza di negare questa realtà, che ha dato la sua impronta a quella che oggi viene considerata la civiltà europea. Un’impudenza che addirittura ha fatto considerare le Chiese cristiane come un’associazione sindacale o di categoria. Chi ha protestato allora per condannare questa sconsideratezza? I politici cristiani al potere nei vari governi europei? Ma nemmeno per sogno! Furono San Carol Woytila, allora Papa, e dopo di lui il Papa Emerito Benedetto XVI. Furono voci clamanti nel deserto, perché la politica non ebbe reazioni e nessuno propose correzioni alla lettura improvvida e falsa della storia fatta da Giscard d’Estaing allora presidente della Convenzione. Nemmeno il Parlamento europeo, che parla sempre di tutto, ha mai detto una parola per correggere questa impertinente sfrontatezza. Mi si dirà che è una interpretazione eccessiva quella di considerare come persecuzione un atteggiamento culturale. Può darsi che la lettura si presti a questo eccesso, ma è indubbio che negare la storia per darle un’interpretazione ideologica rimane un’operazione d’infimo livello, con conseguenze che contribuiscono a nutrire l’odio e a farlo maturare in atti concreti di persecuzione. Non ci sono cifre che possano pesare questa negatività. Ci sono soltanto segnali, che non diremmo positivi per la vita di una società, che si possono definire come nichilismo, relativismo, sfiducia radicale, mancanza si speranza, depressione, ecc.  Le cifre, invece, sono implacabili per le persecuzioni non culturali, ma materiali: nel mondo, ogni giorno, vengono mediamente uccisi dodici cristiani, dodici, come gli apostoli – dice il sito che dà la notizia. Sono uomini, donne, vecchi, ragazzi, bambini. La mattanza non ha luoghi preferiti. Si ammazzano in chiesa, in pellegrinaggio, nelle loro case, negli asili, nelle scuole. La loro colpa è di avere una fede, di credere in Cristo. Non ci sono altre ragioni. Se le vittime sono donne possono subire anche lo stupro, se bambini e ragazzi la tortura, ma non si deve parlare di queste orrendi cose: potrebbero incitare all’odio. Il non parlarne potrebbe anche dire che queste cose non fanno più notizia per i media che vanno per la maggiore, quelli che dettano ogni giorno come ci si deve correttamente comportare. E’ meglio parlare di Sanremo, di calcio, della povertà che in Italia è scomparsa – come afferma un vicepresidente del Consiglio – oppure del nuovo ambasciatore italiano all’Unesco, uomo di grande cultura. Eppure questi dati sono veri, non sono inventati come le fake news del governo. Il rapporto che ce li fa conoscere è dell’organizzazione internazionale Open Dors. Come ha dichiarato la sua responsabile britannica, Henrietta Blyth: “la nostra ricerca svela un aumento scioccante della persecuzione dei cristiani a livello globale”. E’ passato da 3.066 del 2017, a 4.305 del 2018 il numero dei cristiani uccisi per ragioni legate alla loro fede. La Nigeria capeggia questa drammatica classifica con 3.731 vittime.

I cristiani perseguitati nel mondo sono saliti a oltre 245 milioni in 73 Paesi, contro i 58 precedenti. In questa lista figurano molti paesi islamici e laddove vengono citate nazioni inattese (come la Russia) è perché nel Caucaso ci sono stati attentati islamisti contro cristiani. Attentati di cui non parlano i nostri TG, siano essi di governo o di privati, ma che non per questo gli attentati non sono accaduti. I responsabili hanno sempre una precisa identità: sono islamisti, induisti e comunisti. Si, comunisti, perché questi regimi rimangono dei feroci avversari del cristianesimo e dei suoi martiri. La classifica vede in testa Nord Corea, Afghanistan, Somalia, Libia, Pakistan. Un livello molto alto di persecuzione è stato registrato in India, Siria, Iraq, Arabia Saudita, Uzbekistan e in altri numerosi Paesi islamici. Allo stesso tempo l’India è finita per la prima volta nelle prime dieci posizioni. In Nigeria, che è al 12° posto della classifica, la mattanza di cristiani è quotidiana. La Cina ha guadagnato 16 posizioni in questa tragica classifica, raggiungendo il 27° posto dopo l’entrata in vigore delle nuove leggi sulla religione nel febbraio 2018. La Turchia è al 26° posto e rientra tra i Paesi con un alto livello di persecuzione. Il Pakistan è al 5°.

Il cristianesimo è la religione più diffusa al mondo, sia come numero di fedeli, che come estensione geografica. Perché allora è la più perseguitata? Il direttore di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, Monteduro, risponde: “Perché i cristiani sono pacifici e pacificatori. Sono fondamentali per il dialogo anche fra le altre comunità religiose, fra ebrei e musulmani, fra sciiti e sunniti. Nessuno è come noi, e anche, e forse proprio per questo, siamo i più odiati al mondo”. Per Monteduro “la persecuzione dei cristiani si sta acuendo, perché al fondamentalismo di matrice islamica si accompagnano nuove forme correlate ai nazionalismi religiosi, come il divieto di cambiare religione introdotto nell’India induista, che ricorda il reato di blasfemia delle teocrazie islamiche”. Intanto la strage dei cristiani continua, nel silenzio degli strumenti di comunicazione di massa, Nel silenzio della stessa Chiesa di Roma, che non ricorda nemmeno questi martiri nella preghiera universale prevista nella liturgia della parola durante la Messa.

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La redazione

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