Europa

Conte e “gli assenti hanno sempre torto”

Ieri in tanti, soprattutto nei banchi della sinistra, hanno deciso di disertare il discorso e il dibattito con il Presidente del Consiglio Conte a Strasburgo. Non lo hanno ascoltato, non gli hanno parlato, lo hanno ignorato, scegliendo la strada dell’assenza e dunque del non-dialogo istituzionale.
Sulla base della mia cultura politica lo trovo sbagliato, da molti punti di vista.
Perché nell’Unione Europea ci si confronta con tutti i governi degli Stati Membri, altrimenti salta tutto; perché non presentandosi si finisce per mancare di rispetto non solo al governo, ma anche al popolo del paese che questo governo ha eletto democraticamente, scegliendolo anche a causa dei tanti errori commessi da altri; e perché la pratica del non-confronto altezzoso rischia di incrementare i consensi di una maggioranza che si fa interprete di un senso di stanchezza, non solo italiana, verso una buona parte del cosiddetto etsablishment.
Conte non sarebbe nemmeno il bersaglio giusto: il Presidente del Consiglio ha tenuto una posizione corretta con le istituzioni europee, è riuscito a evitare la procedura d’infrazione per eccesso di deficit, ed è in definitiva l’interprete di quella parte che nell’esecutivo tiene botta alle improvvisazioni e alle intemperanze di altri. Una parte che l’Europa ha tutto l’interesse a sostenere, tanto più in certi frangenti, e a non sospingere nel radicalismo di chi si frega le mani all’accendere della rissa.
Per le stesse ragioni, mentre è stato sacrosanto criticare di petto il capo del governo per il crescente ritardo economico dell’Italia, è stato sbagliato definirlo un “burattino”. Sono definizioni utilissime a fare i titoli dei giornali, ma che non costruiscono niente.
Da parte di esponenti di questo governo abbiamo sentito, e ne sentiremo ancora, termini ben peggiori. E certi fili che tengono i burattini li vedono tutti. Ma è un errore scendere sullo stesso terreno, peraltro nell’occasione meno adatta. In questo modo non solo si ridicolizza un legittimo governo, che pasticcia parecchio ma si muove anche tra le contraddizioni altrui, ma si finisce per non entrare nel merito di un disagio sociale che c’è (tanto per dirne una: oggi Bruxelles, capitale dell’Europa, ha gli aeroporti chiusi…), di errori commessi da tutti, di un’Europa che non deve essere inter-governativa ma federale – come per la questione del seggio al Consiglio di sicurezza giustamente evocata proprio da Conte.
Il centro-sinistra italiano, e l’europeismo italiano, non possono permettersi di fare i fighetti sottraendosi al confronto o dileggiando. Perché dietro il presidente Conte (o, ed è certo tutt’altra questione, la parte non violenta dei gilet gialli), c’è nel bene e nel male un pezzo considerevole della nostra società.
In un certo senso ieri in molti al Parlamento europeo, se avessero potuto, avrebbero ritirato il loro ambasciatore a Roma. Col risultato di fare una bella mossa eclatante che taglia i ponti ma è poi complicato gestire, che non indebolisce l’avversario, e che purtroppo non sono sicuro di chi alla fine isoli di più.

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