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Stabilocrazia e democratura

Anche l’ipocrita ha tre segni di riconoscimento: quando parla, mente;
quando promette, manca alla promessa data; quando ci si fida di lui, tradisce.

Maometto

Stabilocrazia e democratura sono due neologismi coniati ultimamente e usati, quasi sempre, in una connotazione non positiva. Sono due parole che spesso, o quasi sempre, vengono usate per descrivere realtà socio-politiche in paesi con una democrazia fragile. Come nei Balcani. La prima è un incrocio tra le parole stabilità e democrazia. Mentre la seconda tra le parole democrazia e dittatura. Non esiste necessariamente una “regola fissa” di interdipendenza, sempre riferendosi alle realtà che rappresentano. Fatti alla mano però, quasi sempre la scelta della stabilità, giustificata da “ragioni geopolitiche”, per un paese/una regione ha compromesso i principi basilari della democrazia. Almeno analizzando quanto è realmente accaduto in diversi paesi e in diverse parti del mondo. Quando un paese si trova in uno stato di democratura, l’instaurazione anche di una stabilocrazia, per motivi di mutuale convenienza diventa più facile. Sempre dalle esperienze vissute nei Balcani, una democratura si presta, per degli interessi dei poteri politici locali, e dietro “suggerimenti e/o insistenze internazionali” a diventare, allo stesso tempo, anche una stabilocrazia. Ma certamente in una stabilocrazia, generata e/o derivata da determinati “accordi internazionali per motivi geopolitici”, si instaura, se non ci fosse già, una democratura. Questo è proprio il caso dell’Albania.

In questo contesto, e tenendo presente quanto sta accadendo soltanto in questi ultimi giorni, il ruolo dei rappresentanti internazionali in Albania si potrebbe considerare negativo e dannoso. Ad ogni modo non equidistante dalle parti politiche e costruttivo. Sia il ruolo di alcuni rappresentanti diplomatici che di quelli dell’Unione europea e dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa). Così è stato anche durante e/o dopo le due proteste massiccie chiamate dall’opposizione, il 16 e 21 febbraio a Tirana. Ma soprattutto dopo la rassegnazione in blocco dei mandati parlamentari da tutti i deputati dell’opposizione, ufficializzato il 21 febbraio scorso, con soltanto due eccezioni. Rassegnazione dei mandati, come atto ultimo di fronte ad una arroganza, irresponsabilità e sordità governativa. Ma anche come un estremo atto politico in un periodo veramente allarmante per le sorti dell’Albania e degli albanesi.

Con le loro reazioni e/o dichiarazioni di questi ultimi giorni, alcuni rappresentanti internazionali hanno condannato l’opposizione, schierandosi apertamente con il primo ministro. Anzi, sembrerebbe come se le loro dichiarazioni fossero state redatte proprio negli uffici del primo ministro. Purtroppo questo atteggiamento si è verificato spesso durante gli ultimi anni in Albania. Alcuni rappresentanti internazionali, per ragioni, motivi, e determinati orientamenti, alcune volte anche occulti, sono stati schierati e continuano a schierarsi al fianco del potere politico. E mentre in Albania i gravi scandali governativi si susseguono e si sovrappongono a ritmo preoccupante e pauroso, gli stessi rappresentanti diplomatici non hanno né occhi per vedere e né cervello per capire. E siccome sono “ignari”, rimangono muti come un pesce. Loro sanno anche il perché.

Nel frattempo però i danni che procurano con il loro silenzio, di fronte a chiare evidenze, sono enormi. Così è stato durante questi ultimi anni in Albania, quando il paese è stato invaso dalla massiccia coltivazione della cannabis. Anche quando il traffico illecito della cannabis e di altre droghe pesanti preoccupava non solo i singoli paesi confinanti e le loro strutture specializzate. Con tanto di rapporti ufficiali, che alcuni rappresentanti internazionali in Albania avevano l’obbligo di conoscere. Così è stato anche quando, fatti alla mano, era evidente la connivenza tra il potere politico e la criminalità organizzata. Fino al punto da non capire bene dove finisce il potere di quelli che governano e dove inizia quello della criminalità. E neanche chi condiziona chi e come. E questa è ancora una vissuta realtà. Anzi, adesso più di prima. Così è stato anche quando, con i milioni provenienti dal traffico illecito delle droghe, sono stati condizionati e/o manipolati significativamente i risultati elettorali dal 2013 in poi. Ma così è stato ed è anche quando gli scandali governativi milionari scoppiavano, e scoppiano, l’uno dietro l’altro. Così è stato anche quando dietro questi scandali c’erano alti funzionari dello Stato e/o ministri di questa maggioranza governativa. E così è stato anche quando il primo responsabile, almeno istituzionalmente, era ed è l’attuale primo ministro.

Purtroppo il “silenzio” dei rappresentanti internazionali ha creato e continua a creare danni enormi. Così è stato anche quando sono state chiare e diverse le evidenze che testimoniavano il fallimento e/o l’impotenza della riforma del sistema di giustizia. Proprio di quella riforma, che alcuni rappresentanti internazionali, in coro con il primo ministro, da alcuni anni hanno sbandierato come un successo. Nonostante quella riforma ha causato, tra l’altro, anche la totale incapacità di funzionamento, da alcuni mesi, sia della Corte Costituzionale che della Corte Suprema. E nonostante quella riforma abbia permesso al primo ministro di fare le sue nomine preferenziali, ai vertici di tutte le istituzioni, sia quelle già esistenti, che quelle derivate dalla riforma stessa. Permettendo così al primo ministro in persona di controllare realmente tutto il sistema della giustizia. Ma nonostante queste paurose e pericolose realtà con il sistema della giustizia, nonostante tutti i danni ormai procurati, quelli in atto e altri che si effettueranno in futuro, se non cambia al più presto questa allarmante realtà, alcuni rappresentanti internazionali, non “vedono”, non “sentono” e non “capiscono” nulla. Come se niente fosse accaduto.

Sono proprio quei rappresentanti internazionali che fanno finta di niente anche per quanto riguarda il percorso europeo dell’Albania. Mettendo così a repentaglio la sensibilità e la fiducia degli albanesi nei confronti dell’Unione europea. Nel frattempo i rappresentanti internazionali, compresi soprattutto quelli della Commissione europea, continuano a fare orecchie da mercante. Loro sanno le vere ragioni di simili comportamenti. Così è stato anche quando, dal 2014 in poi, all’Albania è stata sempre negata l’apertura dei negoziati come paese candidato all’adesione all’Unione europea. E sempre per mancato compimento dei criteri posti, che riguardavano e continuano a riguardare la lotta contro la criminalità organizzata, il sistema della giustizia, l’amministrazione pubblica ecc… Le opinioni del Consiglio dell’Unione europea e del Consiglio europeo sono state sempre negative. Così accade regolarmente dal 2014 in poi, mentre regolarmente l’opinione ufficiale e le raccomandazioni, sia della Commissione europea, che dei suoi più alti rappresentanti sono state sempre positive e entusiastiche! Chissà perché!

Chi scrive queste righe è convinto che ormai, grazie anche ai rappresentanti internazionali, l’Albania è diventata una stabilocrazia e una democratura. Perciò agli albanesi non rimane altra scelta: ribellarsi per ottenere i loro sacrosanti diritti. Egli condivide quando ribadiva Benjamin Franklin. E cioè che ribellarsi ai tiranni significa obbedire a Dio.

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