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Made in Italy: il valore ancora oggi sconosciuto

Sembra incredibile come i medesimi errori strategici ed operativi commessi dalle compagini governative precedenti vengano riproposti in forme e contenuti analoghi dagli attuali responsabili governativi dello sviluppo economico. In altri termini, al di là delle convinzioni e degli schieramenti politici, la storia dei precedenti fallimenti risulta passata inutilmente invece di offrire un termine di paragone per le elaborazioni delle strategie future.

Una delle più ridicole iniziative dei passati  governi trovò la propria massima espressione nella ideazione e proposta del terribile logo “Italian Taste”, attribuibile interamente alla “cooperazione intellettuale” degli allora ministri Calenda e Martina (https://www.ilpattosociale.it/2018/05/10/made-in-italy-lennesima-sconfitta/). Una iniziativa frutto della incompetenza dei ministri pari solo alla proposta di legge dell’ex ministro Fedeli definita “Italian Quality”.

In altre parole, ignorando bellamente ogni riferimento reale al mercato, e quindi con esso ignorate le aspettative dei consumatori globali, venne creato un marchio che secondo le univoche opinioni dei responsabili dei Brand mondiali al fine di ottenere un minimo di visibilità avrebbe richiesto un ulteriore investimento di circa quattro miliardi. Per fortuna queste sciagurate iniziative (come la legge proposta dal ministro Fedeli e dal parlamentare del PD Mucchetti) finirono nell’oblio risparmiando ai loro ideatori la responsabilità di spiegarne il ridicolo fallimento.

Viceversa, ora il governo in carica, sempre nell’illusione di favorire le esportazioni dei prodotti italiani, abbraccia l’idea di creare un nuovo “logo” da affiancare al già noto “Made in Italy” con l’illusione di creare valore e fornire impulso alle nostre esportazioni. Francamente sorge il dubbio se questi illuminati esponenti governativi attuali, come quelli dei precedenti governi, abbiano mai avuto occasione di relazionarsi con i compratori esteri (i buyer per intenderci) e se magari con loro  abbiano mai scambiato delle opinioni relative ai plus che il consumatore estero riconosce ai nostri prodotti ed assolutamente identificabile con uno dei più riconosciuti Brand del mondo: Made in Italy.

Nel caso alla compagine governativa risultasse ignoto, innanzitutto i compratori esteri delle eccellenze italiane definite per comodità ‘delle 4 A’ (1.Tessile-abbigliamento-calzaturiero-pelletteria, 2. Agro alimentare 3. Arredamento 4. Automazione-meccanica-gomma-plastica) richiedono, ma al tempo stesso pretendono, che i nostri prodotti risultino nella loro evoluzione produttiva (la fiera produttiva da monte a valle per intenderci) l’espressione delle diverse professionalità e know-how industriali che contribuiscono alla realizzazione del prodotto finale. In altre parole i prodotti diventano espressione della cultura contemporanea italiana ed espressione del tanto apprezzato Italian way of life.        

Inoltre gli stessi operatori internazionali stigmatizzano fortemente qualsiasi nuova iniziativa che vada a sovrapporsi o peggio a sporcare quello che loro ritengono il principale Brand di comunicazione complessa sul mercato: Made in Italy. 

Per cui, tornando alle ridicole iniziative di governi precedenti e che ora vengono riproposte dalle medesime professionalità al governo possiamo solo constatare che la storia non insegna niente e soprattutto non esiste nessuna capacità di apprendere dalla stessa.

L’Italia è l’unico paese che rappresenta e soprattutto viene rappresentato nelle sue eccellenze attraverso un unico Brand come il Made in Italy. Rappresenterebbe una scelta suicida e frutto di una pericolosa superficialità affiancare a questo Brand di livello mondiale, alla cui forza hanno contribuito le innumerevoli imprese e professionalità che partecipano alle diverse filiere produttive,  altre iniziative espressioni di mediocri competenze ma soprattutto di una mancanza assoluta di conoscenza del mercato attuale e della sue prossime evoluzioni. Un mercato globale nel quale la comunicazione compulsiva alla quale contribuiscono anche i social media determina non poco a disorientare il consumatore e nello specifico l’introduzione di un nuovo logo in affiancamento al Made in Italy risulterebbe un ulteriore elemento di incertezza e confusione.

La storicità di un brand come il Made in Italy rappresenta invece un valore economico e commerciale per gli operatori economici come conseguenza del valore di sicurezza che esercita per i consumatori. Emerge evidente a chiunque abbia contribuito alla elaborazione delle diverse strategie per la certificazione normativa (di competenza europea) e consolidamento della filiera a monte del made in Italy come le attuali soluzioni alternative proposte dal governo in carica, come dai precedenti, risultino espressione di una incompetenza imbarazzante. Ennesima conferma di un mix pericoloso tra mancanza di riferimenti con il mercato e supponenza dal quale scaturiscono  iniziative legislative che danneggiano la reputazione e la credibilità di un dei principali brand quale è il Made in Italy, il cui valore rimane a tutt’oggi per lo più sconosciuto nelle proprie potenzialità in un mercato globale.

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