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25 aprile con i fratelli Cervi e i fratelli Govoni

Sono passati 78 anni, generazioni sono morte, molte altre sono nate ed ancora non riusciamo a sentirci riappacificati perché i conti con la Storia, personale, di parte, collettiva nessuno vuole farli fino in fondo.
La storia: ciascuno si aggrappa alla sua, a quella dei suoi genitori, a quella narrata da una parte o dall’altra.

Sulle tragedie del ventesimo secolo sono stati scritti innumerevoli libri e le inchieste, gli articoli, le ricerche non bastano mai mentre le polemiche continuano e nascono nuove forme di odio che allontanano, ancora una volta, dalla sperata riappacificazione.
Per tentare una nuova via che porti ad una condivisa unità nazionale pensiamo quanto potrebbe essere di esempio se, insieme, i discendenti dei sette fratelli Cervi  e dei sette fratelli Govoni scrivessero una nuova pagina di storia.
I fratelli Cervi, che diedero, con tutta la loro famiglia, un importante contributo alla Resistenza, furono prima imprigionati e poi fucilati dai fascisti il 28 dicembre del 1943 a Reggio Emilia  e la loro azienda agricola fu data alle fiamme.
I fratelli Govoni, sei uomini ed una ragazza, una madre ventenne, furono uccisi a Pieve di Cento, con sevizie, bastonate, strangolamento, dai partigiani della brigata garibaldina Paolo, era l’11 maggio 1945 e la guerra era ufficialmente finita dal 25 aprile.
Ecco il 25 aprile, senza polemiche, immaginiamo di vedere i discendenti dei fratelli Govoni dire il fascismo commise molte atrocità che dobbiamo ricordare come monito per il presente e per il futuro, ma non tutti i fascisti erano cattivi, crudeli e di sentire dai discendenti dei fratelli Cervi parole simili perché anche nel movimento partigiano si sono visti  orrori, delitti commessi per interesse personale e il comunismo è stato anch’esso un male assoluto.
Immaginiamo che entrambe le parti dicano mai più fascismo mai più comunismo per il bene dell’Italia e del mondo e che poi ciascuno, tornando alla sua casa, alla sua parte politica, ricordi che la democrazia e la libertà hanno un prezzo, anche quello di saper misurare le conseguenze delle parole che si dicono, di saper riconoscere gli errori del passato, dal nazifascimo al comunismo, perché gli orrori restano orrori e non c’è un orrore meno orrore o più orrore di un altro e questo vorremo lo si ammettesse tutti, non solo una parte.

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