Costume e Società

Quattro imprese italiane su cinque pronte all’industria 4.0

Il 78% delle imprese italiane ha iniziato la trasformazione, ma servono nuove competenze

Il dato è confortante: ben il 78% delle aziende italiane ha avviato processi di trasformazione digitale, improntati verso l’Industria 4.0.

In realtà la ricerca realizzata da Bcg e Ipsos tra le imprese fornisce un quadro caratterizzato da luci e ombre, presentando più di una criticità nel viaggio verso Industria 4.0. Tra le 170 aziende coinvolte (oltre 20 settori di appartenenza, con una prevalenza di realtà del Nord Italia) in termini di conoscenza il problema non esiste più: il 100% delle imprese conosce l’argomento.

A distanza di oltre due anni dal varo dei maxi-incentivi fiscali disponibili per i beni “connessi”, il 22% del campione non ha avviato alcun progetto digitale e al momento non pianifica nulla sul tema. Il 78% delle aziende ha invece progetti in corso o comunque già pianificati, anche se le applicazioni in corso sono circoscritte ai primi step: ad esempio l’avvio di un primo progetto pilota in produzione o la connessione delle le prime macchine. Solo un quarto delle imprese (24%) si è invece già spinto oltre, avviando o completando la connessione con clienti e fornitori o addirittura arrivando a connettere l’intera catena del valore. In media i dati dicono quindi che solo il 19% delle imprese (il 24% del 78%) ha messo in pista progetti profondi e radicati, in grado di modificare in modo evidente i risultati ottenuti.

Così, non sorprende più di tanto osservare che nel 54% dei casi le imprese non si sentano in grado di poter fare un bilancio sull’effetto incrementale di questi cambiamenti in termini di maggiori ricavi, mentre solo il 25% del campione segnala un saldo positivo. In generale solo il 14% delle aziende con progetti a bassa complessità dichiara di aver sperimentato un aumento di ricavi, percentuale che balza invece al 60% tra le imprese che hanno progetti di elevata maturità.

Altro nodo chiave è quello delle competenze, con il 98% delle imprese a segnalare la necessità di un miglioramento in questo ambito. Nuove professionalità che in generale non avranno un riflesso significativo sui numeri della forza lavoro interna: ci si aspetta infatti un saldo negativo del 2% per impiegati dei livelli più bassi e operai, -1% tra gli impiegati di livello superiore, un aumento dell’1% tra i manager. Tra chi ha già avviato un progetto Industria 4.0, solo il 26% ha previsto team dedicati, nonostante nel 67% dei casi le aziende ammettono di attendersi un’elevata complessità nell’implementazione di questi progetti.

La maggior parte delle aziende quindi considerano quello di Industria 4.0 un passaggio da gestire, almeno in un primo momento, soprattutto con risorse informatiche specializzate, dunque non sistemiche.

“Nella fabbrica intelligente – spiega Jacopo Brunelli, partner e managing director di BCG, responsabile operations per Italia, Grecia, Turchia e Israele – saranno più fluide le competenze ricercate e verrà richiesta la capacità di andare oltre le tradizionali abilità tecniche del proprio ruolo. Inoltre, se lo scenario di una sostituzione completa della forza lavoro da parte dei robot sembra scongiurato perché gli automi saranno impiegati sempre più spesso per interagire con gli umani, prevediamo la ricerca di nuove figure professionali con specifiche competenze che coprano aree differenti”.

Per Andrea Alemanno, senior client officer di Ipsos, “bisogna pensare alle possibilità che offre Industria 4.0; è una ‘rivoluzione copernicana’ che va ben oltre l’ottimizzazione dell’attuale, e consente di affrontare nuove sfide, e di guardare alla supply chain, alla gestione dei clienti e della produzione in modo diverso e costantemente evolutivo”.

“A due anni e mezzo dalla partenza del piano industria 4.0 – commenta il vice presidente di Confindustria per la politica industriale Giulio Pedrollo – possiamo dire che ha funzionato e che le imprese hanno colto l’opportunità di innovare e di crescere. Una sfida importante e imprescindibile adesso è quella dell’adeguata formazione delle risorse umane già impiegate e soprattutto della creazione di nuovi profili che siano in grado di dispiegare al meglio le potenzialità di Industria 4.0”.

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