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Le elezioni europee: vinte in Italia, perse in Europa

Finalmente le tanto attese e temute elezioni europee hanno avuto luogo. Attese dagli uni, i non sovranisti, nella speranza di spostare consensi dal blocco giallo-verde (Lega e Grillini), attese dagli altri, i sovranisti, nella prospettiva di cambiare le cose in Europa e di far recuperare sovranità agli Stati nazionali. La posta in gioco, a livello europeo, era la prosecuzione del processo di integrazione europea, o la vittoria dei sovranisti, con l’arresto di tale processo. A livello nazionale italiano la posta riguardava tanto l’aspetto europeo, quanto la verifica dei consensi, da confermare, o da re-distribuire,  tra i partiti in lizza, rispetto ai risultati delle elezioni politiche del 4 marzo 2018. Orbene, i risultati in Europa hanno premiato i non sovranisti, poiché questi ultimi sono risultati una minoranza, anche se sono riusciti ad affermarsi in alcuni Paesi, come in Italia, con la Lega, in Francia con Marine Le Pen e nel Regno Unito con il partito Brexit di Farage. Nonostante gli indubbi successi nei loro rispettivi Paesi, in Europa conteranno poco e, per fortuna di tutti noi, le loro idee alternative all’integrazione non avranno successo. I media dell’establishment, all’indomani del voto, hanno sottolineato con enfasi il grande successo dell’Europa attraverso la partecipazione al voto di poco superiore al 50%, cosa che non accadeva da vent’anni. Sarà un successo rispetto a vent’anni fa, non lo neghiamo, ma non è una gran cosa in assoluto, se pensiamo che nel 1979, in occasione delle prime elezioni europee, la percentuale media è stata del 62% e dell’85,6% in Italia. Da allora si sono fatti passi indietro e la colpa non è tutta dell’Europa, che non avrebbe saputo interessare i suoi cittadini, ma delle forze politiche che, obnubilate dal problema del potere, tra divisioni interne, mercanteggiamenti meschini, disinformazione costante, non hanno saputo, o non hanno voluto, fare politica in funzione europea, con un salto di qualità e di interesse che li avrebbe distolti dal persistente provincialismo, ristretto di vedute e limitato nelle prospettive. Questa apertura non è avvenuta ed anche il nuovo che nasceva in Europa era percepito come una costrizione, anziché come un necessario passo in avanti sulla via della costruzione europea e della sua sovranità rispetto alla globalizzazione senza regole, come è malauguratamente accaduto con la decennale crisi iniziata alla fine del 2007. Partecipare alle elezioni è una presa di coscienza necessaria per trasformare gli elettori in cittadini e per renderli consapevoli che il loro voto è un elemento indispensabile nella gestione della cosa pubblica. Più si partecipa, più si è coscienti, e viceversa. L’auspicio è che la prossima legislatura europea sia uno stimolo costante, anche attraverso l’informazione corretta, per elevare i partiti dei nostri Paesi membri, all’altezza dei compiti che li attendono e non per strumentalizzare le ragioni europee ai fini della politica interna. In Italia i risultati hanno premiato in larga misura il capo della Lega Matteo Salvini, che ha superato il 34% dei voti, distanziando i Grillini di 17 punti e che hanno ottenuto soltanto la metà dei voti leghisti (17,7%). Il Partito Democratico, in seconda posizione, ha superato i Grillini di 5 punti, arrivando al 22,69%. Anche Fratelli d’Italia è da annoverare tra i partiti vincitori, avendo superato la temuta soglia del 4% ed ottenuto il 6,45% con 6 seggi. “E’ un risultato storico” proclama il titolo del Secolo d’Italia. Sarà anche vero, ma nelle elezioni del 1994 Alleanza Nazionale, da cui discende in parte Fratelli d’Italia,  ottenne 11 seggi, e in quelle del 1999 e del 2004 si fermò a 9, e con una vice presidenza di gruppo nel 1999 e una copresidenza nel 2004. La vittoria di Salvini è la grande novità che ha scombussolato i consensi espressi alle elezioni politiche del marzo 2018, novità che mette in forse la coalizione giallo-verde e che vede Salvini proiettato verso la presidenza del Consiglio. “Siamo il primo partito italiano in seno al Parlamento europeo”, dicono. Tutto vero. E quanto conterà questo primo posto in Europa? Salvini non andrà a Strasburgo. Quale personalità lo sostituirà? In quale gruppo politico troverà collocazione? Certamente nell’ENF (Europa delle Nazioni e delle Libertà), con Marine Le Pen e l’olandese Geert Wilders, gruppo che dispone di 58 seggi; forse un po’ pochi per far fronte ai gruppi dei democratici cristiani del PPE (180 seggi), dei socialisti del S&D (146 seggi), dei Liberali dell’ALDE&R (109 seggi), dei VERDI/EFA (69 seggi). In questi giorni a Bruxelles si incontrano i capi di governo di vari Paesi per il raggiungimento di accordi relativi alle nomine più importanti dell’UE: Presidente del Consiglio europeo, presidente della Commissione europea, Vice presidente della Commissione e Alto Rappresentante per la Politica Estera, Presidente della BCE. Macron la fa da padrone e tenta di mandare all’aria gli equilibri garantiti fino ora da democristiani e socialisti.  Chi c’è a Bruxelles per difendere gli interessi italiani e negoziare con gli altri partner per assicurare a una personalità italiana una di queste importanti funzioni?  I vincitori italiani dove sono? Non certamente dove si negozia e si regolano accordi. Forse ci potrebbe essere Berlusconi, che non potrà parlare e negoziare per conto dell’Italia, non essendo al governo. Potrà farlo indirettamente in seno al PPE, di cui è un autorevole rappresentante.  L’Italia è tra i sei Paesi fondatori delle Comunità europee e meriterebbe,  a nostro parere, una sorte migliore. La Lega ha vinto in Italia, ma ha perso in Europa se non arriverà ad assicurare una delle funzioni indicate ad una personalità italiana. Sulle prospettive delle politiche europee ne parleremo in un’altra occasione, dopo che le nomine avranno avuto luogo e che i nuovi schieramenti saranno stati decisi.

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