Attualità

I prodigi della medicina, il problema degli espianti e il valore dell’attenzione umana

Alberto De Bonnet

Il ritorno alla vita nell’ospedale di Borgo Trento del giovane diciottenne Lorenzo, rimasto in coma per 5 mesi dopo essere stato investito mentre viaggiava in motorino (con danni cerebrali molto forti e crisi neovegetative tali da indurre la stessa famiglia a prendere in considerazione chi parlava di espianti), rende sempre più evidente la necessità di quelle ricerche scientifiche e di quegli aggiornamenti che portano interventi sanitari ad essere all’avanguardia nel riconsegnare la vita a chi stava per perderla. Nello stesso tempo, i medici oltre a essere capaci devono poter disporre di equipe altrettanto preparate e ai medici, come agli infermieri e a tutto il personale sanitario, deve essere ben presente la valenza del rapporto umano. Nel nostro Paese vi è, come in molti altri, necessità di organi per trapianti, ugualmente però deve essere chiaro che per salvare una vita non se ne può spegnere prematuramente un’altra. Un argomento delicato del quale si dibatte da anni e che ancora vede tante incertezze e polemiche: in una società che ha grandi slanci di attenzione verso gli altri ma anche spaventose mancanze di attenzione alla vita e alle esigenze dei nostri simili. Non per nulla è da tempo denunciata l’esistenza di una rete criminale che espianta organi per rivenderli. Da qui la necessità di una maggior attenzione della politica, sia per sgominare le reti criminali sia per vigilare sull’applicazione corretta della legge sugli espianti. Ma al lavoro della politica deve comunque affiancarsi quello che deve essere fatto nelle università: preparare scientificamente al massimo livello i nostri medici e il personale paramedico deve contestualmente significare prepararli anche al rapporto umano col paziente e alla continua consapevolezza che salvare vite è la missione di chi si occupa di sanità.

Lorenzo è tornato alla vita normale. Oltre alle attente cure dei sanitari e alla presenza costante della famiglia, nei 5 mesi di coma è stato assistito anche dai suoi compagni di scuola, il suo fisico ha risposto alle cure ma anche alle attenzioni affettuose e questo ripropone appunto il problema della necessità di continuare a tentare di comunicare anche con chi sembra in coma irreversibile.

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