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In attesa di Giustizia: Ciao Procuratore

Non mi è usuale trattare argomenti che in qualche misura mi hanno avuto come protagonista ma la scomparsa di Francesco Saverio Borrelli comporta un’eccezione.

Il ricordo del Magistrato appare doveroso: di lui si cita solo la direzione del cosiddetto Pool Mani Pulite di cui è stato il coordinatore nella sua qualità di Procuratore Capo a Milano; sembra che la vita di un uomo sia segnata solo da quell’esperienza, come se fosse stata l’unica, mentre – vale la pena ricordarlo – ha impegnato solo l’ultimo segmento della sua esperienza professionale prima della pensione, sostanzialmente il decennio finale concluso come Procuratore Generale di Milano.

Francesco Saverio Borrelli, tuttavia, non è stato solo questo, essendo passato anche da funzioni giudicanti sebbene sia vero che ha svolto principalmente quelle di Pubblico Ministero: come Sostituto, Procuratore e poi sino ai vertici degli Uffici requirenti.

L’uomo per me ha rappresentato molto: e qui abbrivia la parte dell’articolo con una prospettiva personale;  conosciuto che era già Procuratore Aggiunto, ne tratteggio la figura di persona amabile e sorridente, sempre disponibile anche con un giovane professionista, e di notevole spessore tecnico.

Un gentiluomo, quindi, e un giurista ma anche un manager abilissimo (e la dote non è scontata) nella gestione delle risorse umane e degli Uffici che è stato chiamato a dirigere.

Ricordare Francesco Saverio Borrelli significa rendere il dovuto omaggio a chi  è sempre stato aperto  al confronto senza mai alzarne i toni anche quando – e capitava spesso – le posizioni erano in aperta contraddizione.

Questo ed altro si potrebbe dire di Francesco Saverio Borrelli ma le parole sono, in fin dei conti, solo la rappresentazione soggettiva di chi lo ha conosciuto in una veste particolare: potrebbero non essere condivise e le opinioni altrui, comunque, meritano rispetto qualora non siano proprio manifestamente fuorvianti.

Ci tenevo, tuttavia, a parlare di lui, di un galantuomo di altri tempi, questa settimana dopo più d’una occupate dai malesseri della Magistratura, ci tenevo a raccontare un’emozione: quella di essere stato chiamato a formare un picchetto d’onore in Toga alla chiusura della camera ardente. Ho ritrovato vicino a me volti noti e meno noti  al grande pubblico di Giudici e Pubblici Ministeri che hanno accompagnato la mia professione dagli esordi, ho rivisto in loro le tappe di una professione, riportato alla mente fatti, persone, drammi personali, successi e sconfitte: come se quasi quarant’anni di vita riscorressero tumultuosamente davanti agli occhi in un baleno.

Occhi inumiditi di lacrime, guardando quel feretro retto sulle spalle da Alberto Nobili e Maurizio Romanelli, preceduto dalla Toga di ermellino portata da Franecsco Greco, scorgendo in ognuno dei partecipanti alla cerimonia un senso doloroso di mancanza anche se non di assenza: perché uomini come Francesco Saverio Borrelli continuano a segnare l’esistenza di chi ha avuto l’opportunità di vivere loro accanto e restano vicini con l’esempio.

E a lui, che talvolta ho criticato – e lo farei ancora – per talune affermazioni e prese di posizione impossibili da condividere per un difensore, insieme agli altri ho tributato un lunghissimo applauso mentre la cassa bionda e ricoperta di fiori veniva caricata sull’auto che lo avrebbe accompagnato all’ultima funzione…un’auto che ha indugiato a lungo prima di partire sul piazzale del Tribunale come se Francesco Saverio Borrelli avesse espresso il desiderio di soffermarsi ancora in quel palazzo che è stato un po’ la sua seconda casa. Poi l’auto è partita, lentamente, accompagnata da quell’applauso che non si fermava. Tranne il mio, che ho smesso di battere le mani per salutare, quasi fosse un arrivederci e non un addio.

Ciao Procuratore, spesso siamo stati avversari, le rispettive visioni  della Giustizia non coincidenti, ma mai nemici e ciò nulla toglie alla stima, alla cordialità del passato ed alla tristezza di questo momento in cui ti ho visto allontanare per sempre, frammento di vita che non si può dimenticare.

 

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