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Non solo l’Amazzonia, vanno a fuoco anche le terre del freddo

Albert De Bonnet

Mentre l’Amazzonia continua a bruciare, da mesi le fiamme divorano la foresta pluviale coinvolgendo un’area di quasi 3.000 kmq, poco prima si era consumato un altro gravissimo disastro ambientale: gli incendi delle foreste siberiane hanno bruciato un’area boschiva la cui superficie è praticamente pari a quella della Grecia. Secondo il climatologo Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, in soli 15 giorni è stata liberata nell’aria una quantità di anidride carbonica pari a quella emessa in un anno da 13 milioni di persone. Questi incendi si aggiungono all’aumento del riscaldamento del pianeta e allo scioglimento di gran parte della calotta glaciale, come in Groenlandia dove ghiaccio e neve sciogliendosi e scoprendo lembi di terra fanno sì che la radiazione solare non venga più riflessa e vi sia un’ulteriore aumento della temperatura. Lo strato di terra gelato, quando si scalda eccessivamente, rilascia nell’atmosfera metano, con evidenti conseguenze. In Italia lo stesso professor Mercalli profetizza che entro il 2050 non ci saranno più ghiacciai sotto il 3.500 metri mentre già oggi, riferisce la professoressa Guglielmina Diolaiuti dell’Università Statale di Milano, nella sola provincia di Sondrio l’erosione dei ghiacciai ha comportato la perdita di 56 milioni di metri cubi di acqua potabile in un anno.

Qualunque inerzia o ritardo, come anche ha ricordato qualche giorno fa il Papa, è devastante per le conseguenze che ci saranno in tutto il mondo. Il problema climatico, il problema degli incendi, il problema della mancanza di controlli e provvedimenti per l’ambiente non riguardano una sola nazione ma tutti noi, è quindi dovere di tutti noi intervenire.

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