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Paolo Gentiloni Commissario europeo all’Economia nella nuova Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen

La nuova Commissione europea non è ancora entrata in funzione e c’è già chi si diverte a mostrare i lati negativi ed i limiti della nomina di Gentiloni all’Economia o a enfatizzarla oltre misura, come se l’aver occupato il posto che era del francese Moscovici, il commissario in prima linea negli ultimi tempi per monitorare il deficit italiano, fosse una vittoria postuma contro i fautori dell’austerità europea e della rigidità di bilancio. Alla polemica politica non c’è limite, ma un minimo di serietà dovrebbe evitare interpretazioni forzate di avvenimenti – come la designazione di una nuova Commissione europea – che hanno una loro logica intrinseca e che non si dovrebbero prestare a manipolazioni. La scelta di Gentiloni, nel bailamme di nomi e di improvvisazioni causato dalla nascita di un governo a maggioranza PD/M5s, è stata una decisione propizia ed opportuna. La sua esperienza governativa, ministro degli Esteri e presidente del Consiglio, hanno fatto di lui una personalità equilibrata e rispettosa dei dettami costituzionali. La sua presidenza al Partito democratico, di cui è stato uno dei 45 fondatori, gli hanno permesso di muoversi con una certa abilità fra correnti varie e personalismi smaccati, senza venir meno ad una concezione della politica scevra di radicalismi ed estremismi. La sua candidatura a Commissario è stata dunque il coronamento di questa carriera dai tratti abbastanza positivi. La Von der Leyen ha accolto con accenti favorevoli il nuovo arrivato italiano, che sostituisce la vicepresidente uscente e Alto Rappresentante per la politica estera Federica Mogherini. Viene subito spontanea la domanda se l’Italia trae vantaggi da questa sostituzione. Verrebbe da dire subito di sì. L’incarico della politica estera era prestigioso, ma in assenza di una politica estera europea, il peso politico di chi avrebbe dovuto  gestirla era pressoché nullo. L’economia invece è una realtà quotidiana dalla quale non si può prescindere. Il coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri è una delle principali funzioni della Commissione europea, che risponde all’“Ecofin”, il Consiglio competente per l’economia e la finanza. Nessuna decisione può essere presa dal Commissario o dalla Commissione in questo settore. Chi decide è il Consiglio “Ecofin”. Il Commissario esegue e propone. Nessuna eccessiva euforia quindi sull’importanza dell’incarico, che rimane “la collaborazione  in una combinazione intelligente di punti di vista diversi con il vicepresidente Valdis Dombrovskis”, lettone, vicepresidente esecutivo, quindi superiore di grado. Allora Gentiloni dipende da lui. No, Gentiloni collabora in una combinazione intelligente di punti di vista diversi. Dombrovskis infatti è un rigorista del nord Europa ed è facile immaginare che Gentiloni abbia un’opinione diversa sul Patto di stabilità. Era un rapporto di collaborazione anche con Moscovici e nulla è cambiato da questo punto di vista. Ma una valutazione della nomina può essere fatta anche, e soprattutto, tenendo conto delle cinque deleghe attribuite a Gentiloni:

  • Preparazione del semestre europeo sulle tematiche di crescita sostenibile.
  • Messa a fuoco di ulteriori approfondimenti dell’unione economica e monetaria e applicazione del Patto di stabilità e crescita usando l’intera flessibilità prevista dalle regole.
  • Assicurare all’Europa la resistenza a choc derivanti da nuove crisi economiche, tenendo conto che gli alti debiti nel settore pubblico e privato costituiscono un fattore di rischio e che è necessario persuadere i governi a ridurli.
  • Stesura di un progetto per uno schema di assicurazione europea contro la disoccupazione.
  • Coordinamento del lancio del futuro programma europeo di investimenti.

Sono deleghe importanti, soprattutto le ultime due, che rappresentano innovazione e apertura della nuova Commissione. Sarà un compito difficile per il nuovo Commissario, lo svolgimento del quale rappresenterà il peso politico che l’incarico avrà. Difficile, perché la Commissione affronta i temi dei due ultimi punti per la prima volta; difficile perché Gentiloni, essendo italiano, non potrà agevolmente muoversi tra gli auspici del suo governo in fatto di stabilità e di fiscal compact, sottolineati anche dal presidente della Repubblica, e gli orientamenti del nord Europa, più rigidi e più rigorosi. Certo, conterà molto la politica, la capacità di confronto dialettico e l’abilità nella ricerca del compromesso, tutti talenti che non mancano a Gentiloni, ma potrebbero pesare anche le cognizioni di una preparazione tecnica, che egli non ha, essendo in scienze politiche la sua preparazione accademica. Possiamo affermare in conclusione che tanto il personaggio, quanto le sue attribuzioni rappresentano degnamente il peso che l’Italia, uno dei Paesi fondatori delle Comunità europee, deve avere nel contesto istituzionale europeo.

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