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In attesa di Giustizia: niente di nuovo dal fronte occidentale

La rubrica non si è trasformata: non è diventata uno spazio dedicato alla recensione letteraria ma come il protagonista del romanzo di Remarque e i suoi camerati si accorgono di quanto la guerra sia inutile senza ottenere risposte precise alla domanda su chi vi avesse dato inizio e per quale motivo, anche noi ci poniamo e – in questo caso – ci poniamo nuovamente la domanda sul perché certe disfunzioni del sistema si ripetano inesorabilmente e del perché non vi sia un criterio per porvi rimedio.

Parliamo, oggi, di una argomento già affrontato tempo addietro: l’abuso della carcerazione preventiva e, in particolare, dei casi nei quali ad una privazione della libertà non di rado prolungata segue l’assoluzione dell’imputato: sono moltissimi e con un trend che non conosce miglioramenti.

I numeri sono impressionanti, soprattutto se proposti utilizzando una media: ogni  otto ore un innocente viene arrestato, lo Stato dal 1991 ad oggi ha speso 56 euro al minuto per indennizzi seguenti ad ingiuste detenzioni, complessivamente circa 800 milioni; sul podio, se così si può definire, delle Sedi Giudiziarie ove si è verificato il maggior numero di questi casi nel 2018 si collocano Catanzaro, Napoli e Roma.

Tra l’altro i dati impiegati in questo articolo, diffusi dal Ministero della Giustizia, sono parziali perché non tutte le sedi hanno trasmesso i loro e ne mancano un buon 20% e purtuttavia il totale ascende a circa mille istanze di riparazione per ingiusta detenzione presentate appunto nel 2018 delle quali 630 sono state accolte e si tenga conto che buona parte dei dinieghi si fonda sul presupposto che l’indagato, al momento dell’arresto, si sia avvalso della facoltà di non rispondere: cioè a dire, l’esercizio del diritto al silenzio, costituzionalmente assistito, determina un pregiudizio proprio a chi sia stato giudicato non colpevole.

Paradossi della nostra Giustizia o una forma di sostegno indiretto alle esangui casse dello Stato cui, sempre avendo a misura l’anno precedente, queste forme di indennizzo sono costate 23 milioni?

O, forse, può pensarsi che essendo la decisione affidata alle Corti di Appello del luogo ove si è celebrato il processo ad un innocente queste ultime abbiano la tendenza a non smentire più di tanto l’operato di taluni colleghi sostenendo che la detenzione sì vi è stata, ma anche se seguita da sentenza assolutoria non era ingiusta?

Epigoni del Davigo pensiero, quello secondo il quale in realtà non vi sono innocenti ma solo colpevoli che l’hanno fatta franca?

Chi può dirlo: certamente il fenomeno, imbarazzante nella sua dimensione e tendenziale uniformità nell’arco di decenni, merita che se ne parli e che vi si ponga rimedio; e qui viene il difficile perché una malcelata tendenza manettara si è largamente diffusa tra Pubblici Ministeri e Giudici da Mani Pulite in poi, il cittadino medio è forcaiolo, il Governo e il Parlamento sono a trazione giacobina.

I cittadini, che sono coloro che poi votano però possono essere sensibilizzati, devono poter conoscere una realtà che dati i numeri non può considerarsi fisiologica e a questo fine l’Unione delle Camere Penali ha istituito un osservatorio sull’errore giudiziario con il progetto di creare una banca dati e di fare informazione con convegni itineranti aperti al pubblico.

Servirà? Noi ricominciamo da qui raccontandovi di una Giustizia che a volte, proprio per gli innocenti non arriva fino in fondo riconoscendo il loro diritto ad una riparazione, ricordandovi che su quel fronte continua a non esservi nulla di nuovo.

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