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Capolavoro a 5 Stelle: il reddito di cittadinanza spinge a divorzi fittizi

L’Ocse torna a puntare il dito contro le criticità del Reddito di cittadinanza osservando che la bandiera politica del Movimento 5 Stelle rappresenta non solo un disincentivo a cercare lavoro ma produce anche seri effetti distorsivi: trattandosi di un provvedimento che non avvantaggia le famiglie numerose, induce addirittura a simulare divorzi.

Carte alla mano, da un working paper di fine novembre, emerge come la misura risulti più generosa con le famiglie monoparentali e meno per i nuclei più numerosi e questo perché limitare la scala di equivalenza a 2.1 significa che i trasferimenti e le soglie di idoneità non aumentano per le famiglie più grandi di, ad esempio, due adulti e tre bambini o tre adulti e due bambini, che invece sono a maggior rischio di povertà rispetto alle piccole famiglie, alimentando il rischio di abusi con finte separazioni per accedere alla misura.

All’origine del provvedimento vi è anche, nella migliore dell’ipotesi, una clamorosa ignoranza (se non un vero e proprio proposito di speculazione elettorale). Nel 2017, quindi prima che il M5s riuscisse a convincere un italiano su 3 ad affidargli il governo del Paese, la Grecia aveva introdotto uno schema simile e aveva riscontrato un aumento delle famiglie monoparentali 10 volte superiore rispetto alla popolazione, proprio in coincidenza con l’avvio della misura assistenziale. «L’esperienza della Grecia suggerisce innanzitutto che le domande di famiglie monoparentali necessitano di un’attenta verifica e, in secondo luogo, i parametri dovrebbero essere a vantaggio delle famiglie più numerose», si legge nel documento dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

Il reddito di cittadinanza ha inoltre il difetto congenito che la quota invitante di sussidio previsto e gli stringenti criteri di ammissibilità, creano «forti disincentivi per i membri delle famiglie a basso reddito ad entrare nel mondo del lavoro o ad accrescere il reddito lavorando più ore». E scoraggia anche la ricerca di lavoro da parte dell’altro coniuge. «Le attuali norme fiscali e previdenziali generano un livello elevato di aliquote fiscali effettive per il secondo lavoratore nel nucleo familiare che guadagna meno. Questo scoraggia ulteriormente i disoccupati e inattivi a cercare lavoro» viene rilevato. Di fatto, così come è il provvedimento favorisce il lavoro in nero nelle famiglie con due coniugi. E c’è anche il rischio che aggravi ulteriormente il gap Nord-Sud dell’Italia. Aumentando il reddito delle famiglie beneficiarie, specialmente nelle regioni meridionali, il reddito di cittadinanza può portare «nell’immediato» ad una «piccola caduta nel tasso di povertà» ma non incide «a lungo termine sugli incentivi e sulle capacità delle famiglie passare al lavoro formale», aumentando il divario tra regioni più vulnerabili e regioni più ricche.

Nonostante i progressi fatti dall’Italia per il contrasto alla povertà, rileva l’Ocse, “queste politiche combinate con elevata tassazione e contributi che pesano sul reddito scoraggiano il lavoro, in particolare del secondo coniuge” e “contribuiscono ad ampie disparità sociali e regionali dell’Italia”.

Da qui la ricetta in tre punti suggerita dall’organizzazione. Primo, migliorare la capacità dei centri per l’impiego. Secondo, ricalibrare la misura integrandola con incentivi per il lavoro a basso salario. Terzo, combinare il Rdc con un sistema di imposta sul reddito semplificato e progressivo che, a fronte di un costo iniziale modesto, nel lungo termine potrà “incoraggiare l’occupazione” e aiutare lo sviluppo delle Regioni povere, conclude l’organizzazione, generando “entrate pubbliche aggiuntive che ne compenseranno il suo costo”.

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