
Entro il 2050 gli over 65 costituiranno il 34% della popolazione
Entro il 2050 gli over 65 costituiranno il 34% della popolazione, con una crescita significativa anche tra gli ultraottantacinquenni. Lo rende noto l’Istat, secondo cui entro il 2050 gli over 65 costituiranno il 34% della popolazione, con una crescita significativa anche tra gli ultraottantacinquenni. L’Italia si rivela, così, uno dei paesi più longevi al mondo e questa transizione demografica pone sfide rilevanti in ambito sanitario, sociale ed economico, legate all’aumento della fragilità, della cronicità e della domanda di assistenza. È dunque necessario ripensare seriamente i modelli di welfare, al fine di garantire un invecchiamento sano e attivo della popolazione.
Di questo e altro si è discusso a Roma durante il primo incontro del ciclo ‘Apco Health Talks: esplorando il sistema salute’, dedicato al ruolo della prevenzione per la protezione degli anziani. L’iniziativa è stata l’occasione per fare il punto su una delle sfide più complesse e strategiche per il nostro Paese, con un focus sul valore socioeconomico della vaccinazione nella popolazione anziana, le politiche sanitarie attualmente in atto in questo ambito e la centralità dell’accesso tempestivo alla prevenzione.
In questo contesto la prevenzione sanitaria gioca un ruolo cruciale. In particolare, la vaccinazione degli anziani è una leva strategica per ridurre l’incidenza di malattie infettive gravi quali pneumococco, herpes zoster, Rsv, oltre che influenza e Covid-19 e contenere i costi del Sistema sanitario. Ma non solo: rafforzare l’adesione vaccinale negli over 65 significa anche contribuire alla riduzione dell’uso inappropriato di antibiotici e contrastare la crescente minaccia della resistenza antimicrobica, come riconosciuto a livello internazionale.
Tuttavia, in Italia si osserva un significativo calo della spesa destinata alla prevenzione (-18,6% tra il 2024 e il 2023, secondo la Fondazione Gimbe) e un trend allarmante rispetto alle coperture vaccinali tra gli over 65, ben lontane dagli obiettivi raccomandati. Secondo i dati dal ministero della Salute, la copertura antinfluenzale, ad esempio, nella stagione influenzale 2023-24 ha attestato un calo di 3,4 punti percentuali rispetto alla stagione precedente (raggiungendo solo il 53,3%, a fronte di un target minimo dell’85%).
Ancora più preoccupanti i dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19, che ha raggiunto solo il 4,47% della popolazione over 60 nella campagna 2024-25. Anche per pneumococco e l’herpes zoster si stima una tendenza in calo nelle adesioni anche se, tuttavia, non è attualmente previsto un sistema strutturato di monitoraggio. Infine, pregnante il caso del Virus respiratorio sinciziale (Rsv), raccomandato a livello europeo ma non in Italia.
Le ragioni di questo trend negativo sono molteplici: dalla scarsa percezione del rischio da parte della popolazione adulta alla mancanza di aggiornamento tempestivo del Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale sulla base delle più recenti innovazioni vaccinali, passando per forti disomogeneità tra le regioni, costi talvolta a carico dei cittadini e modelli di governance non sempre coordinati ed efficienti. Per invertire questa tendenza, è necessario un impegno congiunto e strutturale da parte delle istituzioni nazionali e regionali, delle società scientifiche e di tutti gli attori del Sistema Salute.
Occorre promuovere una cultura della prevenzione come investimento, rafforzare l’accesso all’innovazione vaccinale e valorizzare i modelli virtuosi già in atto: il Lazio con la sua rete digitale di hub vaccinali, la Lombardia con il coinvolgimento dei medici di medicina generale e farmacie, e la Toscana con l’approccio integrato e istituzionale.