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Giù la maschera dal covid alla repressione ad Hong Kong

Sempre più alta la tensione ad Hong Kong, dopo le manifestazioni dei giorni scorsi per protestare contro la nuova legge che il governo di Pechino vuole applicare anche in totale spregio dei trattati internazionali. La popolazione, nonostante il corona virus, ha ripreso a scendere per le strade. La legge, che il governo di Pechino vuole sia ugualmente applicata sia per la Cina che per Hong Kong, può portare a tre anni di carcere anche solo per aver partecipato ad una manifestazione. La polizia è da subito intervenuta in modo molto duro e già dopo alcune ore vi erano stati 150 arresti. Anche se da tutte le nazioni libere si sono alzate voci di netta protesta il governo cinese continua implacabile a procedere per la sua strada ed i manifestanti sono colpiti non solo con i consueti cannoni ad acqua e lacrimogeni ma anche con pallottole di gomma e gas gravemente urticanti.

L’Unione Europea ha chiesto alla Cina di rispettare gli accordi internazionali che stabiliscono per Hong Kong statuti, libertà e leggi diverse rispetto a quelle applicate in Cina e ovviamente il presidente americano ha nuovamente minacciato pesanti ritorsioni. La Cina in questo momento si trova a dover decidere quale percorso intraprendere dopo che la sua credibilità internazionale è sicuramente mutata non solo a causa del covid che ha contagiato praticamente tutto il mondo. Il ritardo con il quale ha dato l’allarme all’Organizzazione Mondiale della Sanità, ritardo che ha portato drammatiche conseguenze in tutti i paesi sia per numero di contagi che di morti, il ritardo nel fare conoscere il genoma del virus, il rifiuto ad una inchiesta internazionale per studiare le cause della malattia, la fornitura a paesi europei di mascherine non conformi e di ventilatori difettosi e pericolosi non possono essere facilmente dimenticati. La cosiddetta via della seta si è per ora rivelata la via del virus e se ora si aggiungono misure repressive e violente ad Hong Kong il vero volto dell’imperialismo cinese, connubio tra un comunismo feroce ed un capitalismo senza regole, non potrà nascondersi dietro una mascherina. E’noto a tutti cosa è accaduto al medico che aveva individuato il virus, prima la chiusura del suo laboratorio e la sua sparizione per qualche giorno poi, di fronte all’evidenza del dilagare del covid a Wuhan, la riabilitazione quando ormai era tardi anche per il povero scienziato morto dopo qualche giorno.

Troppi misteri dietro il dragone che, nella crisi globale, resta comunque il più grande produttore di tutti quei presidi sanitari che servono a curare e contrastare il covid tanto che non riesce tempestivamente a fare fronte alle richieste che arrivano da tutto il mondo. E’ l’unico Stato che riesce a fare affari anche in questa debacle ma, nonostante questo, non riuscirà a garantire a tutti i suoi abitanti quel minimo di benessere che aveva promesso e probabilmente si accentueranno le disparità e le insofferenze. Aprire perciò un nuovo capitolo di repressione ad Hong Kong potrebbe rivelarsi molto pericoloso, sempre che gli altolà che arrivano dall’Unione Europea non siano un fuoco di paglia e che il consesso internazionale una volta tanto agisca senza minacce alla Trump ma in modo compatto e determinato. Certo è che l’Europa e l’Italia in particolare dovrebbero dire che la via della seta resterà chiusa almeno fino a quando non sarà garantito il rispetto dell’accordo internazionale a Hong Kong e chiariti, con un inchiesta scientifica, tutti i molti punti interrogativi che riguardano il  covid e la pandemia.

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